Competizione

Competizione è una maschera che viene indossata ora da odio ora da guerra. Non tutte le competizioni hanno senso o portano a un confronto sano. Molte sono solo inutili tentativi di dimostrare la propria superiorità, nel grande e nel piccolo.

Oltre alle grandi competizioni che riscrivono le pagine della storia, ci sono quei piccoli conflitti che costellano la vita di tutti i giorni. Talvolta sono scontri voluti e cercati, ma in qualche caso ci si trova sfidati per inutili sciocchezze che sembravano innocui avvenimenti.

La stupidità è causa di molte scaramucce. Una stupidità celata dietro grandi menti che ritengono di troneggiare su tutto e tutti. E la stupidità si veste con stoffe di intelligenza e broccati di perfezione che potrebbero respingere i più affilati dardi della ragione.

Per evitare inutili competizioni basterebbe iniziare a non guardare nelle stanze altrui.

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I Vecchi Compari – Pt. 10 Ognuno per la sua strada

Non fu un giorno felice per i Vecchi Compari. Sia chiaro, si trattava di un bisticcio passeggero, nulla di eccessivamente grave. La tensione per l’approcciarsi del Torneo aveva solo esacerbato qualche spigolo un po’ troppo pronunciato di qualche componente. Tutti sapevano, però, che all’allenamento successivo sarebbero stati presenti i quattro componenti, allegri e agguerriti come sempre. Ma quel giorno no, quel giorno Silvano non si allenò e non tronò da Rachele. Quel giorno Luca si allenò senza schemi e sbagliò tutte le mosse. Quel giorno Pietro non si impegnò e non fece sentire la sua risata ferrosa. Quel giorno Antonio seguitava a lamentarsi.

Quel giorno i Vecchi Compari presero strade differenti.

Iniziamo da Silvano. Silvano non si diresse a casa sua, ma a quella di Luca, scelta ovvia. Oltre a essere offeso per quello che aveva vissuto come un tentato omicidio da parte di Luca, Silvano aveva visto l’opportunità di sostituire effettivamente Luigino: il legittimo marito si sarebbe trattenuto con gli altri due per tutto il tempo dell’allenamento, nel tentativo di far sentire Antonio, se possibile, ancora più colpevole. Silvano aveva, dunque, libero accesso ad Anna che, quando lo vide sulla soglia di casa, lo fece entrare curiosa e preoccupata. Non si scambiarono molte parole, come potete ben immaginare. Anna ritrovò una consolazione e quella passione che i freddi numeri non erano mai riusciti ad accontentare. Silvano ritrovò un corpo caldo e vibrante, che non aveva paura delle fiamme dell’inferno. In quegli abbracci Silvano trovò una donna che chiedeva amore, e Anna trovò un uomo che sapeva amare.

Quando Luca tronò a casa, trovò una moglie sorridente, che non serbava più alcuna traccia di tristezza. Non ci fece molto caso, anche perché non era mai stato molto bravo a capire i sentimenti umani, molto meno chiari dei numeri. Si lanciò invece in un infervorato racconto della giornata, omettendo la boccia che era volata verso Silvano e il pianto disperato di Antonio all’ennesimo rimprovero. Si soffermò sulle sue capacità, sul molleggiamento delle sue ginocchia mai stanche, e sulla goffaggine di Antonio, che per poco non si slogava anche l’altra caviglia. Infine condivise con la moglie il dubbio che qualcuno della squadra nascondesse qualcosa. Era convinto che i segreti fossero come delle talpe: scavavano sotto terra, non viste e non sentite, togliendo terra e stabilità alle fondamenta più solide. Anna lo guardò un po’ accigliata: il marito non aveva mai sospettato di Luigino, o non lo aveva mai dato a vedere. “Non può essere che Pietro” concluse Luca “è lui il nuovo arrivato”.

Che Pietro avesse un segreto era chiaro anche a Antonio. Peccato che il suo negozio fosse fallito: quasi tutti nel paese erano suoi clienti, anche se nessuno voleva che gli altri lo sapessero. E tutti i clienti si lasciavano andare a confidenze o chiedevano consiglio. Luigino era stato il primo, e infatti non era molto contento di trovarsi Antonio in squadra. Ma la fornitura che lui e Alvise garantivano era di prima qualità e Antonio non si era mai fatto sfuggire nulla. Ora, scoprire il segreto di Pietro era diventato il secondo problema fondamentale per Antonio. Il primo rimanevano i debiti e la fuga di Alvise. Sperava con tutto se stesso che il segreto andasse a vantaggio della cotta che Antonio nutriva nei confronti del nuovo compagno di squadra, il che avrebbe spiegato anche l’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie. Grazie a questa vaga speranza, Antonio riuscì a riprendersi dal trauma causato da Luca, e iniziò a ideare la sua strategia per capire che cosa nascondesse il bel Pietro.

Antonio era nei pensieri di Pietro, ma non nel senso che Antonio avrebbe sperato. Pietro sapeva che la storia di Clara aveva acceso le malelingue del paese, tra le quali figurava anche Rachele. Ma non era la frigida Rachele e neppure l’innamorato Silvano a preoccuparlo. Antonio sapeva i segreti di tutti, e avrebbe tentato di carpire anche il suo. Guardò verso la fucina spenta e nera, ma rossa e viva nei suoi occhi. Ancora la vedeva, vedeva Clara là davanti, che gli gettava contro una sfilza di ingiurie, come carboni ardenti, la vedeva mentre lo derideva, mentre gli ricordava che mai avrebbe potuto dirsi veramente uomo. E sentiva ancora la soddisfazione quando le sue grida, coperte dal maglio e dal martello, erano state infine inghiottite dal ruggito del fuoco.

I Vecchi Compari – Pt. 2 Silvano, il collezionista

Foto dal web

 L’arrivo di Pietro non venne accolto calorosamente dall’altra metà della squadra. La faccia contrariata di Silvano la diceva lunga su quanto poco gli stesse simpatico Pietro. Innanzitutto, gli sembrava un oltraggio a Luigino trovare già un sostituto: era stato amico del compianto, suo compare fin dall’infanzia, e aveva condiviso con lui numerose passioni. In secondo luogo, era stanco della fissazione per i numeri di Luca. Una squadra di bocce a tre era del tutto onorevole, e un quarto giocatore poteva essere considerato superfluo. Quando venne a sapere che Pietro non aveva la minima idea delle regole delle bocce, la sua perplessità si trasformò in rabbia. E non vi dico cosa successe quando Luca gli annunciò che sarebbe stato lui, Silvano, a spiegare al nuovo arrivato le basi del gioco. Luca doveva portare la moglie Anna dallo psicoanalista poiché sembrava essere caduta in uno stato di depressione catatonico. I nervi, spiegava Luca. Luigino, pensava Silvano. Ed era sicuro che neppure Luca credeva alla storia dei nervi. Silvano aveva la soluzione, ma ancora una volta temeva che la morte dell’amico fosse troppo recente. Magari in qualche mese avrebbe risolto il problema di Anna, e pure il suo, visto l’atteggiamento di ostilità della sua adorata consorte Rachele, dolce come un’arpia e silenziosa come una bertuccia.

“La palla più piccola si chiama pallino. Noi dobbiamo far avvicinare le nostre bocce al pallino o allontanare le bocce degli avversari dallo stesso. Chi va più vicino vince un punto. Se anche la seconda boccia più vicina al pallino è della stessa squadra, viene assegnato un altro punto. Vince chi arriva prima a 12. Chiaro? Ora proviamo”

Ovviamente Silvano immaginava già il fallimento di Pietro. Ci vuole tecnica, non è solo un semplice lancio di una pallina. Richiede concentrazione, coordinazione, molleggiamento di gambe e una forza ben calibrata. Silvano era il più bravo, non c’era storia. I suoi tiri erano impeccabili, riusciva a scalzare le bocce avversarie e contemporaneamente avvicinarsi all’agognata meta. Era un talento, la sua mira era così infallibile da essere diventata una leggenda al Bocciodromo del Paese. E con Luigino era la coppia perfetta.

In realtà Silvano era conosciuto più che per la sua mira, per la sua passione: il collezionismo. Da amante del mondo antico, che cosa poteva mai collezionare? Forse libri antichi, qualche cinquecentina, delle aldine magari, certamente non papiri, troppo rari. E invece, nulla di tutto questo. Silvano collezionava reliquie, pezzi di venerabili appartenuti a santi corpi. Macabro, pensava Luca. Curioso, sostenne Pietro facendo un passo indietro. Folle, vociferavano gli avversari. Di certo, però, questa collezione ben si addiceva al fervente spirito religioso della moglie Rachele, che poteva vantare, con le sue compagne di bancone in Chiesa, di potersi appellare alle più preziose reliquie dei più santi fra i santi direttamente a casa. Una possibilità che era molto invidiata dalle altre comari.

Ma torniamo allo spiazzo dietro il bar dove Silvano sta cercando di ammaestrare il nuovo arrivato Pietro. Quest’ultimo aveva più di sessant’anni e non aveva mai toccato una boccia. Eppure non era così male. Anche Silvano dovette ammetterlo. La vista era ottima, al contrario dell’udito, ma quello non era fondamentale ai fini del gioco.

“Cerca di sbalzare il mio, Pietro. Non solo devi avvicinarti, ma devi anche mettere fuori gioco le bocce degli altri”.

Niente male, proprio niente male.

Forse Luca era riuscito a scovare un talento degno di sostituire Luigino. Silvano sperò che Pietro non sostituisse il suo compianto amico anche in altri ambiti.