Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era un evento straordinario: avete presente le Olimpiadi? Ecco, qualche cosa di simile, ma ancora più importante. Richiedeva anni di strenuo allenamento, passione sconfinata e abilità impareggiabile. I Vecchi Compari non avevano mai avuto il coraggio di parteciparvi, poiché incontrarsi tre volte alla settimana era del tutto insufficiente per poter anche solo sperare di essere presi in considerazione. Ma ora era tutta un’altra storia: da pensionati avevano tutto il tempo che volevano. L’unico a creare un po’ di problemi era Antonio, ma nessuno lo aveva mai preso in considerazione, se non le banche quando gli avevano pignorato ogni suo avere. Era arrivato il tempo della vittoria, e la dipartita di Luigino, per quanto dolorosa, non avrebbe interrotto questa gloriosa ascesa all’empireo della bocciofila.
Che l’allenamento avesse inizio, dunque!
Luca portò gli incontri settimanali da tre, numero che evidentemente era del tutto insufficiente, nonché iettatore, a sei, una più promettente cifra pari. Nessuno si lamentò: Pietro aveva già ridotto al minimo la sua attività di fabbro e si sentiva solo senza sua moglie, Silvano non tollerava più Rachele con le sue litanie riservate a pezzi di cadaveri, e Luca riteneva che ad Anna facesse bene avere i suoi spazi. Nessuno si chiese che cosa pensasse Antonio, ma quest’ultimo, in ogni caso, non proferì lamentela. Ogni sessione durava quattro ore, con una corroborante pausa di mezz’ora dopo le due ore iniziali.
Innanzitutto si procedeva al molleggiamento delle ginocchia, il che causò un bel po’ di scricchiolii e proteste da parte delle giunture provate dagli anni.
“Ragazzi, se volete ho un po’ di olio in officina” tuonò Pietro. C’è da dire che Pietro non emetteva un singolo cigolio, ma il suo trucco non era certo l’olio: alcuni anni prima era stato operato e ora poteva vantare due fantastiche ginocchia bioniche, indistruttibili. Luca valutò se non fosse il caso di sottoporre tutta la squadra alla medesima operazioni.
“Tre mesi di riposo, e sentite che silenzio proviene dalle mie ginocchia” gongolò Pietro. Tre mesi erano troppi. Niente operazione, concluse Luca a malincuore: magari le ginocchia nuove lo avrebbero reso più gradito ad Anna.
“Luca, smettiamola con questa buffonata, passiamo all’azione”.
Quel vecchio scarpone di Silvano voleva sempre passare all’azione: probabilmente le letture classiche su eroi e battaglie gli avevano offuscato un po’ la mente. Il dubbio che Silvano fosse un po’ strano era sorto anche a Luca, il giorno prima, quando l’amico si era auto-invitato per un caffè perché non aveva voglia di tornare nel reliquiario che era diventata la sua casa. Cosa strana, visto che, essendo un antiquario, avrebbe dovuto essere avvezzo agli oggetti antichi.
“S-s-scusate il r-r-ritardo, ora r-r-recupero. U-u-una follia il t-t-traffico!”.
Nessuno in realtà si era accorto della mancanza di Antonio, forse perché se ne stava sempre zitto, con lo sguardo fisso sulle poderose spalle di Pietro.
Ci pesò Silvano e rassicurarlo: “Non ti sei perso niente Anto, ora comincia l’azione”.
Si sfidarono due contro due: Pietro e Silvano, contro Luca e Antonio. Pietro si rivelò essere un giocatore leggermente migliore di Antonio, che sembrava un po’ distratto e incapace di allontanare le bocce avversarie dal pallino. Luca era un abile calcolatore, e valutando angoli e forza era un temibile avversario per Silvano e Pietro che, invece, si affidavano più all’intuito.
“Girano strane voci su tua moglie, eh Pierre!” Silvano era molto incuriosito dalla vita sentimentale del compare, soprattutto quando questa sembrava più miserabile della sua: era da mesi che la moglie Rachele non gli permetteva neppure di condividere lo stesso letto, per una qualche promessa fatta a un qualche santo. Ma in confronto all’abbandono del tetto coniugale, l’atteggiamento di sua moglie gli sembrava più che dignitoso.
“Andata”. Si limitò a dire Pietro, che odiava essere chiamato in francese, e, ancora di più, odiava ricordare la moglie.