Riparo

Il cielo si stava sfogando, anche se senza ira, senza violenza. Si era limitato a nascondere il sole, ad avvolgere il mondo con un manto grigio e a lasciar cadere con calma una pioggia che non rallentava la corsa. Le strade luccicavano e il rumore delle fontane faceva a gara con quella delle gocce.

Non era un giorno triste, era un giorno come ogni altro, solo con qualche rumore in meno. Nella pioggia si perdono le voci delle chiacchere, le persone si rifugiano all’interno di case e locali, e se qualcuno si avventura fuori, accelera per arrivare a destinazione il prima possibile. Il mondo cambia e si ritira in un pigro letargo, almeno per un giorno.

Ma in un angolo della città, tra i tavolini gocciolanti di un bar, piccoli passeri saltellavano esagitati. Il giorno di pioggia era per loro un giorno di diversità, di gioco. Arruffavano le penne e cercavano qualche briciola. Nessun piede li scacciava, nessun bambino li rincorreva.

In un giorno di pioggia, in un giorno di tristezza, frammenti di allegria zampettavano sul selciato.

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Una vecchia

Vista da fuori la casa non prometteva nulla di buona. Una volta entrati, l’opinione non poteva che peggiorare, e l’inquilina era in sintonia con quell’atmosfera, come se fosse un complemento d’arredo di quelle tetre stanze. Quella vecchia aveva tutto l’aspetto di una strega, e forse lo era: di quei tempi stranezza e stregoneria venivano spesso confuse. La casa si trovava nel cuore della città, ma di urbano non aveva nulla, a partire dalle coinquiline che dimoravano nella cucina: sei galline ben pasciute, che svolazzavano con la fierezza delle padrone di casa, posandosi ora sul tavolo, ora sul ripiano della cucina, e raramente sui propri giacigli che si trovavano vicino alla credenza. Dall’odore, però, sembrava che in quelle stanze dimorasse anche qualche altro animale, magari passato a miglior vita da qualche giorno. Tra piume e paglia si potevano intravvedere dei quadernini minuscoli, in cui la vecchia annotava con mano incerta guadagni e spese, un lapis consunto, una lanterna a olio incrostata e spenta.

Le altre stanze non se la passavano meglio. Davanti alla cucina si apriva un salotto di infime dimensioni, con una sola finestra perennemente chiuse che lasciava filtrare una luce offuscata dallo strato di sporcizia dei vetri. Gli unici mobili rintracciabili erano una sedia, un tavolinetto su cui poggiava il telefono non funzionante, dal momento che in quella casa non c’era elettricità, una poltrona sfondata decorata con quello che sembrava un motivo floreale, e una sedia a dondolo che aveva visto giorni migliori.

Era proprio su questa sedia che avreste trovato lei, la padrona di casa. A vederla, sembrava essere la settima gallina in quelle stanze, magra e rugosa, con le palpebre cascanti e il collo scarnificato. Sarebbe sembrata una mummia, se non fosse stato per gli occhi che rilucevano neri, ma scintillanti come dei tizzoni ardenti nella penombra della sala. Le labbra sottili si perdevano nella voragine senza denti della bocca, tirandosi in un ghigno sinistro. Al di sotto del groviglio scomposto e sudicio dei capelli, si intravvedeva un solo orecchino di perla, a destra, invece, il lobo pendeva diviso in due lembi.

Un mondo sospeso

Sembra di trovarsi in una vecchia fotografia color seppia. Il mondo attorno sembrava essere stato privato di qualsiasi colore. Tutto era immobile, sospeso, in attesa, come uno schizzo in bianco e nero che attende la mano del pittore per prendere finalmente vita.

Il cielo appesantito da una grigia coltre, si era abbassato e si aveva l’impressione di poterlo quasi sfiorare con la mano. L’aria metallica prometteva neve.

Anche gli alberi spogli e spossati non osavano scuotere i loro rami, sentinelle silenziose e intirizzite che aspettavano il primo raggio di sole per riempirsi di gemme, per richiamare a loro la vita.

Anche le automobili si erano fermate per un attimo, enormi scarabei metallici che borbottavano sommessamente in attesa di riprendere la corsa.

Tutto era in pausa, tutto tratteneva il respiro, il tempo si era arrestato.

Anche il battito del cuore non voleva profanare quella sospensione e rallentò, mentre una sottile ragnatela di oppressione e inspiegabile timore si tesseva in tutto il corpo.

Improvvisamente, come un sogno cristallo, l’incantesimo si ruppe. Il disco opaco del cielo trovò uno spiraglio e tra le nubi si fece strada un raggio. Ecco finalmente il pennello che rapidamente e con maestria ridiede vita al mondo. Con veloci tocchi donò il verde all’erba, il fiume tornò a scintillare.

Il tepore ridiede impulso al tempo, voce alle gole. E con pazienza cominciò a disfare la ragnatela di sgomento.