Campi Elisi – Pt. 6

È idea condivisa che i Campi Elisi siano luoghi tranquilli e felici, in cui le anime trascorrano le eternità traendo piacere da un giardino generoso, perfetto, che non conosce l’alternanza delle stagioni. Così lo avrei cantato, e così lo canterei ancora , perché di speranza di pace si nutre l’animo degli uomini. I poeti alla fine hanno questo compito: parlare al cuore, farlo riflettere e curarlo con un balsamo di parole. Ed è per questo che non è saggio credere alle parole di questi folli medici dell’anima.

“Come siamo riflessivi oggi”.

“La tua voce mi è conosciuta e mi è anche molto cara: Penelope. Noto che non ti sei riconciliata con Odisseo: è ancora laggiù che sospira come se fosse ancora sulle rive dell’isola di Circe”.

“Circe, quella fattucchiera. Ma abbiamo un’eternità per riavvicinarsi, se non erro. E sbaglio poche volte. L’ho amato, Odisseo, l’ho atteso con dedizione e pazienza, ma vedo il sangue che ha bagnato i saloni, e le urla di disperazioni dei nobili che hanno visto il corpo dei propri rampolli trafitti dalle frecce dell’ira di mio marito e di mio figlio. In altri tempi sarebbero stati chiamati assassini, non certo re e principe”.

“L’ira fa fare grandi sciocchezze”.

“La prima parola di uno dei tuoi poemi, il più sanguinoso, è ira, non penso sia un caso”.

“No, non lo è. Nulla è un caso in un poema in esametri dattilici, la metrica non lo permetterebbe”.

“Comunque erano proprio delle belle oche, e quell’aquila le ha uccise, una dopo l’altra, per poi tornarsene da dove era venuta. Un gran peccato, ho pianto a lungo. Dicono che qui, negli inferi, Caronte stesso sia rimasto colpito dalla folla di giovani che si assiepavano sulla riva dell’Acheronte”.

“La violenza è sempre un peccato. Eppure anche i miei versi ne sono intrisi”.

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Nell’antro del poeta

Elena era così eccitata. Fin troppo, pensò Marco, che continuava a guardare con sospetto il luccichio negli occhi della sua fidanzata. Peccato che quell’emozione non fosse stata causata da Marco, ma da un altro uomo. Il che rendeva ancora più uggioso l’umore già contrariato di Marco. Partecipare alla presentazione di un libro era già una dura prova per Marco, che non considerava la lettura un’attività in cui perdere troppo tempo. A quanto pareva, però, quel bell’imbusto di poeta sortiva un effetto del tutto diverso sulla sua ragazza, che sembrava aver raggiunto l’Eden. Se ne stava lì a contemplare…come si chiamava quel tipo?

Arturo Verboni presenta la sua ultima fatica letteraria “L’antro del poeta”

Giusto, Verboni: Marco non poteva certo far finta di non conoscere il nome del protagonista, dal momento che grandi striscioni ricordavano continuamento all’uditorio il tema della serata. L’ego dell’autore doveva essere spropositato, pensò il ragazzo mentre sfogliava distratto il libro oggetto della presentazione. Per lo più le pagine erano bianche, con poche righe che risplendevano sulla carta di prima qualità. Perché spendere soldi per così poco? Era la domanda che tormentava Marco da quando aveva regalo quella raccolta di poesie a Elena.

“La mia poetica è tipicamente e puramente leopardiana, più che pascoliana. Metricamente parlando, prediligo il verso illimitato, che trascende la metrica stessa…”

Invidiò Elena: sembrava immersa nella parlantina di Verboni, mentre lui, Marco, non poteva fare a meno di pensare che quelle parole fossero senza senso. Non ci stava capendo nulla.

“L’Io si immerge, sprofonda nelle acque di Lete, per assurgere immanentemente alle alte vette dell’Es…”

No, decisamente quel poeta non faceva per lui. Eppure Elena non l’aveva mai guardato con gli stessi occhi con cui scrutava Arturo Verboni. Provò una fitta di gelosia.

“E per chi, fra di voi, lo desiderasse, sarei onorato a passare una leggiadra serata a sorseggiare dalla coppa di Calliope. E anche da quella di Dioniso, perché no”.

Elena si alzò senza degnare di uno sguardo Marco, e si riservò un posto per l’aperitivo poetico. Come se si fosse ricordata improvvisamente di qualcosa, trasalì e aggiunse in fretta anche il nome del fidanzato.

“Ho preso un posto per entrambi, così possiamo approfondire la conoscenza di Arturo, che dici?”

E da quando chiamava quel poeta mezzo matto per nome?

“Perfetto Elena, non vedo l’ora. Quanto pensi durerà?”

“Oh, il più possibile. Ho conosciuto Arturo a lezione di metrica: è una persona stupenda”.

Ecco perché lo conosceva per nome, lo aveva già conosciuto. Un crampo torse le viscere di Marco. E dal saluto che Verboni riservò a Elena, Marco ipotizzò che anche il bel poeta si ricordasse della sua ragazza.

“Miss Elena, che piacere vederti anche qui. Ci delizi con la tua presenza nel nostro antro del poeta? Vieni, ti ho designato un posto d’onore, mia musa”.

Musa? Musa di chi? Marco fece per seguirli, ma Verboni lo gelò con uno sguardo.

“L’antro del poeta è al completo, mi spiace”.

Verboni misi un braccio sulle spalle di Elena, e assieme entrarono nella stanza del locale riservata alle muse e ai fauni del poeta.

Marco maledisse tutta la stirpe di poeti e insegnanti di metrica.