Un altro giorno senza bestie parlanti. Nessun pesce che mi fa discussioni filosofiche o che elargisce pillole di vita. Non mi riferisco solo a Clara e a nonna, ma anche di semplici conoscenti che, non ho mai capito con quale coraggio, si ergono a giudici dell’umanità intera. A volte li invidio: non riuscirei a impormi a quel modo o considerarmi superiore a tutti. Ma questo non è più un mio problema.
In effetti qui non ci sono molti problemi, se non quello di procacciarsi il cibo. Ma con un po’ di ingegno immagino di riuscire a sopravvivere. I miei gusti in questo campo sono cambiati, senza nemmeno rendermene conto. Secondo Clara facevo un uso spropositato di caffè e della grande famiglia degli zuccheri. Clara faceva parte, invece, della frangia salutista, il che rendeva arduo ogni invito a cena: bisognava evitare pizzerie, ristoranti di catene, bar, osterie, asporto. Gli unici locali erano fin troppo costosi e pretenziosi per Andrea. Ora mangio per lo più frutta e quello che rimane di queste scatolette. Clara sarebbe fiera di me, ma ora non me ne importa granché.
Il fiume segue una linea tortuosa, anche se il terreno è piuttosto piano. Lo capisco: anch’io sono capace di rendere complesso anche il compito più semplice. Il mio cervello si perdeva in un labirinto di dubbi e di pericoli da cui difficilmente riuscivo a uscirne.
Mi sono dimenticato di dirvi una cosa: mentre camminavo, mi è balenato in mente l’edificio in cui mi sono fermato. Nulla di particolare: una struttura cubica e grigia, di media dimensione, ma con una scritta cubitale azzurra. Non riesco, però, a mettere a fuoco cosa riportasse quella scritta.