Sopravvissuti

Non è semplice uscire dalla tana, guardare di nuovo il cielo azzurro, e riconoscere, infine, che si è sopravvissuti. Non è facile voltare le spalle al passato, a quello che sembrava essere l’unico mondo degno di essere vissuto. Nonostante la deflagrazione, nonostante il tornado, sei sopravvissuto, hai lasciato a terra compagni, hai visto quel limite avvicinarsi, talvolta hai pensato che forse avresti potuto valicare quel limite.

Strane creature, i sopravvissuti: sembrano vergognarsi di essere ancora là, di avere polmoni capaci di respirare, di sentire il calore del sangue fluire nelle vene, di toccare il mondo con mani tremanti e timide. Non accettano il fatto di esistere, mentre tanti altri sono stati avvolti dalla bruma del nulla. I sopravvissuti non si sentono degni di stare ritti in piedi, di camminare, di parlare. La loro voce è un sussurro che non vuole essere ascoltato, il loro passo non osa tramutarsi in danza, l’animo non vuole conoscere amore.

Eppure dovrebbero essere proprio i sopravvissuti ad avere una riserva senza fine di coraggio. Chi altri potrebbe gridare al mondo la gioia della vita? Hanno visto la morte, ne hanno percepito l’alito dolce, ma sono riusciti ad allontanarsene incolumi, magari spaventati, ma incolumi. L’aria è loro, la primavera, le melodie proibite, i piaceri sono tutti loro.

A volte i sopravvissuti non capiscono di potersi alzare e correre, di poter sorridere ancora una volta.

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