Stare al mondo

È difficile mantenere il passo e la tentazione di rintanarsi nel proprio angolo escludendo tutto il resto è forte, ma è penso sia importante sforzarsi, per quanto sia possibile, imparare a stare al mondo. Più di una volta mi sono chiesto se alcune persone fossero davvero in grado di cavarsela. Di una, in particolare, ho la certezza che si lascerebbe morire di fame, visto che pretende di essere servito e riverito e, in assenza di un pasto pronto, semplicemente non mangia. Ammetto che non l’ho mai considerato una stella nel firmamento dell’intelligenza.

Ma ci sono altri soggetti che forse fanno ancora più paura. C’è chi non accetta tutto ciò che non rientra nei propri canoni e, quindi, si rifiuta di fare nuove esperienze. Capisco avere delle idee, non riesco a comprendere, però, come si possa criticare ogni aspetto del mondo basandosi su dei semplici preconcetti. Sarò ingenua, ma mi è stato insegnato che i pregiudizi esistono, sono meccanismi di difesa, ma che è bene cercare di abbatterli.

E poi ci sono i lamentosi, quelli che ce la vogliono fare. Riescono a costruire interi castelli di lamentele e di autocommiserazione per giustificare ogni loro mancanza, per evitare di fare anche il più minimo sforzo. E quando vengono spinti fuori dal guscio, di ogni imprevisto fanno un dramma.

Stare al mondo è difficile, ma con un po’ di furbizia e pazienza nulla è impossibile.

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Bilancio

Abbiamo detto che il cuore di giugno avrebbe racchiuso degli eventi non molto piacevoli. O per meglio dire, piacevoli per gli altri, ma non per la sottoscritta. Alla fine, giugno si appresta a chiudersi, e ancora la mia testa non sta facendo bella mostra di sé sulla mensola di un cammino. Lo so, a volte mi lascio andare con delle immagini troppo drammatiche.

Il bilancio è, quindi, positivo per il solo fatto di essere sopravvissuta, anche se con qualche ammaccatura. Sembra che a qualche soggetto piaccia trovare minimo un mio difetto al giorno ed esprimerlo a gran voce. Come direbbe una mia conoscenza: “un bagno di umiltà non fa mai male”. Come direi io, omettendo parole censurabili: “prendi in tuo bagno di umiltà e svuotalo in una latrina”. Prima o poi capirò perché nella mia strada non sia mai inciampata in qualcuno capace di mettere in luce un pregio all’anno, ma questa è un’altra storia.

Sopravvissuta, quindi, anche al grande evento che da qualche mese funestava nei miei pensieri, soprattutto grazie a una certa abilità nel risparmiarmi le parti più noiose e imbarazzanti.

Ora non resta che superare un periodo di ignavia, ignorare l’avvicinarsi di agosto e settembre, e continuare a lavorare duro per altri due mesi prima che arrivi la mia grande prova. Ma anche questa è un’altra storia, conosciuta, oltretutto, solo dalla scrivente.

Radici

C’era una stanza abbandonata in un enorme edificio in cui erano stati nascosti oggetti di ogni sorta dimenticati da anni di disattenzioni e di piccole vendette. Foto di persone che vivano solo sulla carta, telefoni che non ricevevano più chiamate, ombrelli, piccoli gioielli. E persino un’armonica, qualche libro, giochi di bambini e lettere che parlavano di amori, di debiti e di ricatti.

L’uomo dimentica tutto, non sempre volontariamente, ma spesso con la consapevolezza che dimenticare permette di respirare. La stanza era semplicemente un deposito di cianfrusaglie che un tempo erano state nelle mani calde di vita. Ora giacevano in un cimitero di ricordi.

In questa desolazione, però, c’era della vita. Nel sostrato di morte e corruzione affondavano delle radici fragili, sottili, nelle quali scorreva prepotente una vita flebile che con grazia e tenacia si inerpicava su cumuli scuri per raggiungere un raggio ramingo di sole.