Tarpea

Il mio nome è macchiato da un’onta che è difficile da negare. Le mie vesti sono intrise di sangue, il mio e quello di quanti, come me, sono stati gettati da questa parete di roccia. Il mio corpo era sacro. Guardatelo oggi, scomposto su un mare di scudi. Il mio nome era veberabile. Ora è sinonimo di tradimento.

Traditrice! A morte la traditrice!

Che fosse per amore di uomo o per amore di oro, ho barattato le mia città. Questi veli sacri erano catene per me. Questo fumo del focolare aveva sentore di morte. La mia morte. Vidi l’occasione. Vidi l’egoismo che mi era stato negato.

Non fu difficile, sia chiaro. Bastò indicare quell’umile viottolo, che solo delle oche pattugliavano. Ma non trovai bracciali al mi ritorno. Non trovai l’amato. Trovai la mia fine.

E sul mio corpo ne piombano altri. Il mio sangue viene rinnovato da sangue ancora caldo. Sentite quelle voci? Non hanno cambiato, sono sempre le stesse, anno dopo anno, secolo dopo secolo. Sono i giusti.

Traditore! A morte il traditore!

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