Sotterfugi e raggiri non sembravano trovare pace nel regno dell’Ordine, erano definiti dei veri e propri crimini, da combattere e da sradicare. Per impedire che i cittadini si lasciassero trasportare dai desideri più torbidi, da quei pensieri di fango e di piombo, che appesantiscono e rendono torbide le acque più pure, l’Ordine aveva creato una fitta rete di città in cui tutti fossero occupati in un determinato compito vietando qualsiasi tipo di spostamento che potesse mettere in contatto angoli diversi del regno. La conoscenza genera invidia, l’invidia porta al rancore, e il rancore è padre delle nefandezze più terribili volte a raggiungere ciò che invidia indica con dito ossuto.
Eppure, la menzogna fa parte di questi cuori terreni e corrotti. Perciò l’Ordine decise di racchiuderla tra solide mura, in cui potesse sfogarsi senza disperdersi come un subdolo morbo per tutta la terra. La città che ne nacque prese il nome di Pseudia.
La cinta che racchiudeva un paese che nessuno avrebbe mai voluto scoprire, non era molto alta, poiché, come si sa, la menzogna striscia come una serpe, ma era solida, fatta da solidi blocchi di granito, senza nessuna feritoia o porta. Non si trattava, infatti, di un sistema di difesa, ma di contenimento, una sorta di prigione che si era rinchiusa su quanti avevano fatto ricorso a qualche turpe sotterfugio.
Di aspetto, quel villaggio non era molto diverso da una normale città, molto meno affascinante di Helios e molto meno curiosa di Glosbe. Gli abitanti avevano eretto delle semplici casupole, ognuna dotate di orto e di stalla, perché non era consentito nessun commercio con l’esterno. Anche i cittadini erano ordinari, anche se sembravano prediligere vesti ampie e scure e avevano una certa preferenza per svolgere le proprie attività con il favore della notte.
Niente, però, era come appariva: i rapporti erano sempre incrinati da una parola non detta, da bugie e screzi, da mezze parole sussurrate e altre grdate. Il governatore si era imposto facendo credere a tutti di essere stato scelto dal capo dell’Ordine stesso, e il suo segretario aveva giurato che lo avrebbe servito fedelmente, mentre sottraeva fondi dalle casse cittadine, per corrompere funzionari e per pagare amori mercenari e falsi come il sorriso che rivolgeva ogni sera alla moglie.
Anche i più piccoli imparavano ben presto a giocare a chi riusciva a costruire una menzogna più complessa, e più erano abili in questo passatempo, più i genitori ne erano felici. Perché per sopravvivere in quelle mura bisognava mentire, e non fidarsi mai di nessuno.
Per un curioso caso, o per volontà di quello strano governo, Pseudia si trovava esattamente al centro del regno, poco lontano dal quartiere generale dell’Ordine.