Campi Elisi – Pt. 17

Le tre Moire regnano nel mondo della luce, anche se la loro dimora risiede in questo intrico di cunicoli, un labirinto che non lascerà sfuggire nessuno dei suoi occupanti. Di me sopravvive solo l’eco sfuocata di una voce lontana, perché le tre megere, le tre moire lo hanno deciso. Le sento mentre una fila e l’altra borbotta assegnando il destino a ciascuna anima. E poi c’è questo stridio, un suono metallo di lama che recide un filo: è la terza, che, sorda a ogni preghiera, recide il flebile filo che tiene unita l’anima alla carne.

Sento la loro cantilena, perché ovunque si sparge, solo che il rumore del mondo la cela e la mimetizza. Sento calare la mano precisa sul fato di un estraneo, e poi su un altro e su un altro ancora. Un ritmo doloroso ma inevitabile, che non si arresterà mai.

“Poeta, ci sei venuto a trovare? La tela dei tuoi racconti ha dato immortalità a molti i cui destini si sono interrotti dopo un breve tempo di filatura. La poesia e la memoria possono mettere le mani là dove neppure gli dei possono operare”.

“Il poeta cieco si aggira da queste parti, sorella? Ma chi davvero è questo Omero? Non ricordo il suo filo?”

“Ho spezzato molti fili, ho tranciato di netto filamenti di poeta, come potrei enumerare tutti i cantastorie che ho taciuto?”

“Ma questo non tace, sorella. Omero lo chiamano, ma ha altri mille nomi, e forse di più ancora. La fama rompe ogni legge”.

“La fama, e le storie che rendono immortali gli uomini più degli dei”