I pescatori della costa sapevano di non potersi allontanare più di tanto dalla spiaggia, anche quando prendevano il largo. Era una legge imposta dall’Ordine con la scusa di voler evitare qualsiasi incidente in mare, di difendere, dunque, i propri cittadini. Tutti i navigatori conoscevano questo divieto, e lo rispettavano, poiché i pochi avventurieri che avevano cercato di superare il limite non erano più tornati dalle loro famiglie per raccontare che cosa avessero scoperto.
Il confine, in realtà, non era invisibile, ma era ben marcato nelle mappe del Regno: era un lungo serpente che correva parallelo alle coste, come un enorme mostro marino che riposasse appena più in là dell’orizzonte che si poteva ammirare dalla spiaggia. L’Ordine lo aveva chiamato Ofis. A vederlo sembrava un’enorme isolotto, lungo e stretto, dotato di colline scure. Quello che sulla mappa era segnato come una linea continua, nella realtà era frammezzato da aperture e sbocchi che permettessero al mare di entrare e defluire. Ogni porzione era comunque comunicanti grazie a dei tunnel subacquei progettati dagli ingegneri più abili del regno. Ofis era il centro tattico dell’armata voluta dall’Ordine.
Era proprio in quelle isole che venivano indirizzati gli sforzi psichici provenienti da Stileia, nonché le erbe più velenose e singolari coltivate a Blaste. Era qui che scienziati ed esperti si impegnavano per rendere ancora più potente e imbattibile l’Ordine, mettendo a punto difese che mai mente umana avrebbe concepito. Nel cuore delle isole avevano realizzato un alveare di stanze, celle, laboratori che venivano utilizzati per gli esperimenti o per nascondere aberrazioni ed errori che sarebbero stati dannosi per tutta la popolazione.
L’unico modo per accedere a queste strutture era dall’Isola Maggiore, che si trovava nelle fredde acque del Nord. Era l’unica che fosse visibile dalla costa, ma quelle terre erano disabitate, per cui la segretezza veniva garantita. Dall’Isola Maggiore si procedeva, poi, verso tutte le altre porzioni di Ofis grazie a tunnel e cunicoli. Niente era visibile dal mare per chi provenisse dall’entroterra, se non larghi fori, dai quali uscivano mortali fiamme pronte a ghermire quanti avessero disatteso la legge e, spinti dalla curiosità, avessero osato spingersi oltre il limite.
Sulla sponda opposta, invece, quella che si affacciava sulla monotona vastità dell’oceano, qualcosa si poteva vedere: una miriade di navi e imbarcazioni, alcune tanto enormi da poter ospitare due villaggi di pescatori, altre piccole, ma veloci come siluri. Ve ne erano anche altre, dall’aspetto esotico: se le prime, infatti, erano grigie, di metallo, dotate di armi e cannoni, queste erano fatte di legno, con vaste vele multicolori. Non erano navi dell’Ordine. Ofis era anche un porto: qui approdavano quelle misteriose barche, che provenivano da terre lontane, che non facevano parte della zona controllata dall’Ordine, cariche di ricchezze e prodotti sconosciuti alla popolazione e destinati esclusivamente alla Capitale.
Ofis era il bavaglio che impediva al Regno di parlare con il resto del mondo.
