Sembra che l’empatia si basi sul sistema dei neuroni specchio. Tendiamo a immedesimarci nell’interlocutore leggendo e facendo propri i gesti e i sentimenti di chi ci sta di fronte. È un sistema curioso, che alcuni tendono a eliminare per trasformarsi in muri di gomma, ma non è di questa categoria su cui mi voglio soffermare.
Mi è capitato che i neuroni specchio si blocchino, non riescano a trovare i segnali a cui aggrapparsi per scalare una persona, per comprenderla. Non è una bella sensazione: gli occhi che cerchi di comprendere comunicano solo un grande vuoto. Si tratta di un nulla insano, quello di chi non ha da dire, che si trincera in frasi fatti e in dogmi che non richiedono riflessione. È il vuoto vertiginoso di un baratro di cui non si vede fine.
Il risultato è l’impossibilità di comprendere, di trovare quel filo in comune sui si basa la ragnatela di rapporti e di scambi anche solo cordiali che prevede un incontro. Che storia può mai celare un libro del tutto in bianco?
Su una faccia inespressiva, i neuroni specchio si arrendono e annotano l’urgenza di non perdere mai il proprio complesso spessore.
