Il ritmo del tempo è silenzioso, ma non invisibile. Ogni essere vivente, ogni pietra, ogni città ha una clessidra, che scorre inevitabile verso la rovina. Qualsiasi elemento ha un suo tempo, e l’Ordine voleva conoscere in ogni particolare questo enigma.
Nel cuore del legno, poco lontano dalla Capitale, si trovava una città senza fondamenta, che non si occupava certo del mondo terreno, ma si protendeva verso il cielo. Era chiamata Urania, e i suoi abitanti erano versati nell’arte dello studio degli astri. Aveva un aspetto singolare questa cittadina: la pianta era perfettamente circolare, divisa in spicchi che convergevano nella costruzione centrale, un binocolo usato per gli studi più accurati e per osservare pianeti lontani.
Ogni spicchio aveva una funzione. Uno ospitava le dimore degli studiosi, alti palazzi di cristallo che sembravano voler toccare la volta celeste. Un altro era adibito alla realizzazione di carte celesti, depositate e custodite nella biblioteca di un altro spicchio ancora. C’erano poi i laboratori di osservazione, la zona di telescopi minori e quella dedita alla creazione di strumenti per la navigazione, non destinati ai pescatori. Cronometri e clessidre erano creati in uno spicchio che si trovava a fianco delle fabbriche di ingranaggi e vetri. Mense e locali trovavano casa nei pressi di piccoli orti, mentre la scuola di astronomia occupava lo spicchio adiacente alle residenze dei giovani.
A Urania tutto sembrava scorrere al contrario: la luce era una nemica, quindi gli abitanti pallidi come la luna iniziavano a uscire al crepuscolo, per poi rincasare prima dell’alba. La notte raccontava segreti e futuro, mentre il giorno accecava anche la vista più acuta.
Urania era la città del tempo e della paura della fine.
Beh… della fine abbiamo paura un po’ tutti…
A meno che non sia la fine del dolore!
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Triste, ma vero.
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Di sicuro una cittadina singolare
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Già, molto 😉
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