L’ultima volta che l’ho visto emergeva dalla nebbia, da una nube che sembrava essere sprigionata dalla terra stessa. Non aveva un corpo, era spirito, spirito senza ossa, senza carne. Era lui, lo riconoscerei tra un’umanità intera, eppure non era reale. Tutta colpa di quella nebbia, vera come il freddo della notte che scivolava nelle ossa, fittizia come un incubo che prende possesso della mente.
L’ultima volta che l’ho visto era ombra nella nebbia. Portava con sé l’odore della disfatta, il sentore che qualcosa fosse cambiato per sempre. Potevo vedere il peso sulle spalle e il volto era rivolta a terra come se vi cercasse impressa una risposta. Nonostante tutto, però, era lì, davanti a me, ormai fuori dalla nebbia.
Lo sconfitto a volte può considerarsi vittorioso per il solo fatto di trovare ancora un motivo per respirare. Nella nebbia si era perso, la nebbia conteneva le sue preghiere di morte e fuori dalla nebbia si era ritrovato.
Infine era emerso, mi aveva raggiunto e superato, lasciandomi solo a fronteggiare quella nebbia che avanzava.
La nebbia nasconde, la nebbia cela, la nebbia fa vedere quel che gli occhi non sempre individuano: molto suggestivo! 🙂
PS: manca una “volta” all’inizio, credo…
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Grazie!
Ora controllo. 😉
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Che bello, la nebbia è sempre stata uno dei miei elementi preferiti, per via del suo mistero.
Grazie per il post!
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Grazie a te! Anche a me la nebbia affascina e fa anche un po’ paura.
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