Campi Elisi – Pt. 18 FINE

Il regno del Tartaro ha le sue leggi. Lo sa bene Alcesti, che non ha più potuto godere della vita, Euridice, che non è riuscita a compiere l’ultimo passo al di fuori dell’ombra, e anche Eracle, che forte della sua divinità ha osato percorrere la strada in direzione inversa, ma che ha sembra provare orrore per il freddo destino che lo avrebbe atteso.

Il regno del Tartaro non conosce speranza, e chi vi abita lo sa bene, anche gli amati dagli dei. Non contatemi fra gli dei che possono amare, Omero, non io, con l’eccezione della fanciulla che ho rapito. Ho creato questo giardino per dimostrare che la morte si fossilizza sui rancori, che le anime non riescono a dimenticare i torti. Per l’eternità vagheranno in questa bellezza senza nemmeno vederla. Esattamente come te, Omero, che cieco non hai potuto ammirare neppure la vita. Forse per questo sei immune alla disperazione di queste contrade. Ancora ascolti, ancora racconti. E raccontando sopravvivi negli inferi.

Le vette dell’Olimpo splendono al sole, è là che si giocano i destini dei viventi. Ma quaggiù tutto è condannato all’immobilità. Gli imperi passano, le persone vengono dimenticate, le lacrime scorrono via, e non rimane che qualche graffio su una terra che non può fare a meno di rigenerarsi e far piombare nuovi mortali in questo labirinto.

Non c’è fuga possibile. Le Moire non lo permettono. Non c’è speranza, l’immobilità è la vera prigione di chi non sa accettare il proprio destino.

Ora, Omero, è tempo di tornare ai tuoi canti.

Campi Elisi – Pt. 16

“Per amore, però, caro poeta, io ho rinunciato al sole”.

“Mia regina, Proserpina, la ragazza della primavera. Dicono che non sia stato amore ciò che ti ha condotto in questo regno, ma un rapimento e un chicco di melograno”.

“Ero giovane, ma ero pur sempre una dea. Conoscevo le leggi dell’Oltretomba, della vita e della morte. Ade mi scelse, e io decisi di rimanere. Come può un melograno, simbolo di vita e di fertilità, trovarsi in queste terre fredde? Ora questa è la mia casa, anche se nella stagione della rinascita salgo nel vecchio regno mutante di mia madre, a vedere il sole”.

“Perché le anime vagano nei Campi Elisi, perché non destinarle all’oblio, come le moltitudine che si perdono nell’oscurità della morte?”

“Sono regole, Omero, regole che Ade stesso non può governare. E poi ci sono le scelte. C’è chi non vuole dimenticare e non vuole essere dimenticato, riducendosi a spettro di se stesso”.

“Anch’io”.

“Quale poeta auspica l’oblio? Anche il più oscuro scribacchino sogna la fama, un qualche riconoscimento. I mortali desiderano l’eternità, così come gli dei invidiano la loro mutevolezza”.

“Non sembra esistere mondi felici”.

“Ti sbagli, esistono. Sono una miriade di universi creati in attimi di felicità, sono frammenti troppo spesso sottovalutati e dimenticati, risate e abbracci che sono fioriti con una bellezza che farebbe sbiadire persino la rosa più bella. Una volta passati, però, il loro sole si spegne, inghiottito dalla quotidianità”.

“Proserpina, almeno tu hai trovato il tuo posto?”

“È ora di tornare tra i tuoi eroi, Omero”.

Cerere

Sono stati mesi di sterile lutto. Perché non posso perdonare, non posso dimenticare.

Mi hai privato di mia figlia, della mia piccola adorata. L’hai trascinata lontana da me, dalla vita, dal sole. Laggiù, tra le anime dei dannati, tu, signore del regno più disprezzato e temuto, fratello del fulmine e del mare, hai preso in sposa con l’inganno la mia vita.

E allora disperata ho vagato e la terra fertile è diventata una sterile piana. Il grano non era oro, gli alberi lasciavano cadere i frutti e le foglie come se fossero lacrime.

Ma tu, crudele, non l’hai rimandata a me. Egoista, l’hai tentata con un frutto che sembra racchiudere il succo della vita. È bastato un chicco di melograno e la mia ragazza si è condannata all’oblio.

E gli uomini pativano. Affamati non riuscivano nemmeno a compiere sacrifici per gli dei. L’unico a gioire eri tu. Eri riuscito a portare tra la morte la vita prorompente della giovinezza.

Infine intervenirono gli dei. Sei mesi di matrimonio e sei mesi con me. Dovetti accettare il compromesso.

Tra un po’ tornerà la mia amata. E preparo i germogli, l’erba smeraldo, i boccioli. Risveglio gli animali e riscaldo la luce. Quando arriverà la vita esploderà.

Sei mesi di morte, sei mesi di vita. È questa la condanna di mia figlia. È questa la mia condanna. La condanna del mondo intero.