Asso solitario

E così iniziò il gioco. Le carte vengono mescolate, tagliate, distribuite. Tutti attorno al tavolo trattengono il respiro mentre sbirciano ciò che il caso ha destinato loro.

C’è chi tira un sospiro di sollievo, chi maledice a denti stretti una dea bendata che non gli fa mai visita, chi si rassegna, chi finge che vada tutto bene e chi è deciso a sfidare il fato.

Le carte sono là. Silenziose, immobili, involontarie destinatarie di maledizioni e felicità. Sono tutte in disordine, alcune macchiate, altre piegate. Il fante di cuori dialoga con la regina di picche mentre il re dei fiori cerca di regnare su sette denari.

Tutte cercano un loro ordine, chiamano i vicini, vorrebbero finalmente ricostruire la propria dimora, ritrovare il seme da cui avevano avuto origine.

Ma il gioco prosegue. Carte scartate e carte raccolte. Carte rimpiante e carte desiderate. Infine la scommessa, la perdita, la vittoria.

Il gioco è finito. Per terra rimane un asso di denari. È rosso, nobile, prezioso. Ma è solo e dimenticato da tutti.