Nella sua immobilità, non riesce a rimanere fermo, ma alza una zampa e poi un’altra con un ritmo che sente solo lui. È una danza lenta: zampa anteriore destra, zampa posteriore sinistra, zampa anteriore sinistra, zampa posteriore destra.
Lucertola era il soprannome che avevano dato al figlio del postino. Quando ne parlava al bar con i suoi amici, il postino non aveva molti aggettivi affettuosi per il suo erede. Lo considerava un perdigiorno, mentre i suoi compagni di bevuta ritenevano che a Lucertola mancasse qualche rotella, ma non avevano mai osato esprimere questo loro pensiero al postino. Si limitavano a canzonarlo lontano dalle orecchie del padre.
Sulle rocce calde di sole, una lucertola guardava l’orizzonte, scossa da un fremito cadenzato che la faceva pulsare. Le sue piccole zampe non trovavano tregua.
In paese Lucertola era diventato una sorta di buffone del villaggio. Quando se ne stava in piazza ad aspettare il ritorno del padre, tutti gli abitanti trovavano una scusa per passare da quelle parti e osservarlo un po’. Il volto di Lucertola rimaneva inespressivo, per cui era impossibile capire se fosse consapevole di quelle attenzioni non richieste. Anche i bambini si divertivano a canzonarlo:
“Ehi, sei pronto per il ballo?” e gli tiravano una pietra.
La lucertola scatta veloce in avanti: un moccioso ha distrubato la sua tranquillità lanciandole un sasso. L’animale abbandona il suo confortevole rifugio per ripararsi all’ombra di una crepa. E subito sente freddo.
Lucertola si chiedeva di che ballo parlassero quei ragazzini mentre, irrequieto, alzava un piede e poi l’altro. Quel suo vizio di non riuscire a tener ferme le gambe peggirava sempre quando si agitava o non era a proprio agio. E in quel paese di quattro anime nessuno, nemmeno suo padre, lo faceva sentire a suo agio. Non era stupido Lucertola, aveva solo il vizio di non rimanere mai fermo, di seguire un ritmo che pulsava nella testa e che i suoi arti si sentivano in dovere di seguire.
Infine decise di aspettare il padre in casa, anche se lì mancava il tepore primaverile della piazza.

