Il cammino proseguiva, sempre più difficile. La strada era tortuosa e spesso si aprivano delle grandi buche, nascoste dalla polvere e dal fango. La stanchezza rendeva tutto ancora più arduo: ogni passo desidera fosse l’ultimo e la tentazione di cedere, di crollare a terra e lì aspettare il suo destino diventava forte.
Il fardello la ostacolava. Era costretta, infatti, a tenerlo tra le mani. Per nulla al mondo doveva toccare terra, nonostante il dolore che aveva causato a lei e a coloro che aveva incrociato la sua strada.
Inciampò, perse l’equilibrio e solo a fatica riuscì ad rimettersi in piedi. Quando i fine alzò nuovamente gli occhi, trovò di fronte a lei una nera figura. Questa volta non parlò, non osò mostrare lo specchio, semplicemente abbassò nuovamente la testa. Con quel pellegrino avrebbe dovuto condividere ancora molta strada, inutile tentare di parlargli. Era consapevole che non sarebbe stato un compagno silenzioso, che silenzioso l’avrebbe seguita. Sempre.
L’orizzonte si fece scuro, pesante. Lampi silenziosi e lontani cercano di rompere la loro gabbia si nubi. In una sera così calda animali e tuoni tacevano. L’aria era satura. In questa atmosfera rarefatta, una locanda rompeva la quiete. In realtà era solo una casupola spersa nel nulla, dalla quale provenivano le voci di chi cerca di godersi una breve esistenza.
Fuori, accasciata su una botte, una figura che sembrava uno spirito in attesa. Avvicinandosi scoprì che era una donna, dalle profonde rughe sul volto, nonostante non fosse una vecchia.
“Cosa vedi?” Chiese dolcemente.
“Solo un bicchiere rosso, pieno e traboccante. E…” protese le mani verso lo specchio.
La ragazza fece un passo indietro e con il suo compagno se ne andò.
“Ti prego, voglio vederlo, ti prego, torna”
Dietro di sé lasciò solo l’ombra di una donna, un’eco morente di una vita fatta di delusioni e fallimenti.