“Mary?”
“Oh, mio caro, Mary è morta. Non ti ricordi? L’hai uccisa tu. Fammi vedere le mani: portano ancora il suo sangue? No, non credo. La tua mente è tanto acuta quanto egoista. Davvero non mi riconosci?”
La riconobbi non appena mi voltai. La somiglianza con Mary era impressionante, cosa normale visto che Angela Carrier non era altro che Elisabeth, la giovane sorella di Mary. Era diventata una bella donna, ma aveva gli occhi di ghiaccio di chi è abituato a non lasciarsi trascinare dalle emozioni. L’ultima volta che l’avevo vista mi aveva quasi mandato al creatore con un sottile pugnale.
“Non ti preoccupare, Albert, non ho pugnali qui. Ma la pagherai, lo sai bene”.
“Ulysses. Qui mi chiamo Ulysses. Albert è rimasto a Londra, a fare da esca per il commissario. Prenditela con lui per la morte di tua sorella, Elisabeth”.
“Angela. Non è il commissario che ha sparato a Mary. Dopo averla pugnalata al cuore, anche se quella ferita era più dell’anima che del corpo. L’hai usata per aprirti una strada nella vita del commissario e poi l’hai gettata via, per paura di rimanere incastrato nella tua stessa trappola”.
“Ne sono rimasto incastrato, e mi sono staccato una zampa per fuggire”.
“Come una volpe. Peccato che questo abbia ucciso mia sorella”.
“Che cosa vuoi, Angela?”
“Voglio Paul McMiller”.