Altalena

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È difficile la vita da altalene. Lo so, è una metafora scontata: sono sempre qui, a oscillare avanti e indietro, mi proietto verso il cielo per poi ripiombare in basso, e poi ancora su, e giù un’altra volta. Ma, credetemi, la vostra metafora non è nulla in confronto alla mia esistenza. Perché io sono un’altalena, una vera altalena, fatta di legno e metallo, catena e corteccia.

A volte invidio le mie luccicanti sorelle di plastica, rosse come il rubino o blu come il cielo. Però devo ammettere che invecchiano proprio male: si scheggiano, sbiadiscono, si rompono. Inoltre vengono usate solo dai bambini. Io no, io invecchio, certo, ma il tempo mi rende sempre più affascinante, anche per i ragazzi e gli adulti che voglio tornare bambini, che vogliono ricordare il primo bacio. Ho sentito molte mani sulle mie catene. Alcune si stringevano forte forte per la paura, altre invece non vedevano l’ora di mollare la presa per sentire il vento scorrere tra le dita. Ho sentito risate divertite, richieste capricciose. Persino qualche pianto triste e qualche tonfo di un impavido con poco equilibro.

A ogni scalata verso il cielo, però, c’è la discesa nel dolore. Conoscete la storia di Persefone, perennemente divisa tra cielo e inferi? Anche lei oscilla come un’altalena tra la vita e la morte, incapace di scegliere una delle due. Ecco, lo stesso succede a me. Ci sono lunghi periodi in cui divento solo un ammasso di ruggine e di legno marcito, abbandonata da tutti, scosso dal vento che riesce a smuovermi solo di pochi centimetri. Talvolta sono anche oggetto delle bravate di qualche ragazzino che si sente adulto o che sfoga la sua rabbia sulla mia carcassa.

Dura la vita da altalena. Non si riesce mai a trovare un equilibro.

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In fuga

Non aveva legami. Per scelta e per necessità. Era solo.

Alcuni avrebbero potuto considerarlo libero. Ma lui si sentiva spesso in trappola. Una gabbia invisibile costruita con le sue stesse mani.

Non riusciva a partire, non aveva nessuno al suo fianco con cui condividere, con cui parlare. Non riusciva a capire ciò che per molti era così semplice, l’amore. Questo sentimento gli risultava un estraneo, un enigma fatto di occasioni perdute, di esperienze da dimenticare, di rifiuti cocenti, di rimpianti e ferite.

Il passato era passato. Domani andrà meglio. Erano parole vuote che si ripetava costantemente, ma che sapeva essere solo involucri privi di significato.

Per questo avevo tentato una fuga diversa, non fisica. Non c’erano valigie da preparare, porte da chiudere, fuochi da spegnere.

Si distese semplicemente tra l’erba alta del prato e guardò il cielo. Si immaginò uccello, libero dalla gravità, mentre volteggiava tra le nubi. E tra le torri del cielo abbandonò anche quel corpo pennuto e mutò natura divenendo lui stesso nuvola. Procedeva spedito sospinto dal vento, finché non si sentì pesante, instabile, nero e precipitò come tempesta a terra. Si infiltrava nella terra umida, si perdeva in ruscelli veloci, in immensità salate, sciovolava tra le rocce scoscese.

In quel viaggio la solitudine si annullava. Vedeva uomini che si muovevano come una massa informe a terra, avanzavano lentamente e per breve spazio, per poi tornare indietro.

Da goccia, poi, poteva scorrere leggera sulla pelle di una ragazza, poteva accarezzare capelli e volti. Era in grado di portare la vita anche nel deserto.

Per superare la paura dell’abbandono, racchiudeva in sé tutto il cosmo.

Per trovare amore infrangeva i suoi confini mortali.

Per fuggire dai suoi pensieri diventava tempesta.

Nostalgia

Gli Inseparabili sono dei pappagallini. Semplici creaturine dalle piume colorate, sgargianti. Finché vedono la luce cantano, chiaccherano, svolazzano ciarlieri e rumorosi. Amano la vita. Indossano un vestito perennemente festivo. Ma la loro felicità deve essere condivisa. Se uno dei due si allontana, la nostalgia uccide il superstite. Niente più canti. I colori sgargianti sono solo il ricordo di un passato felice.

La nostalgia. Subdola, a volte persino piacevole. Si annida nel cuore rendendo il battito doloroso. Affonda i suoi artigli nei polmoni e il respiro sa da metallo. Come una nube ammanta la mente e evoca un passato lontano, ma rimpianto.

Stanze lontane, persone perdute per sempre, oggetti del passato tornano a strapparci un sorriso che presto si riempie di fiele. Quei momenti sono andati, perduti,vivono dolo nella nostra mente.

Odori noti, voci care, rituali perduti, amici lontani. Un dolore discreto, ma letale, che strozza lentamente ogni gioia.

Per nostalgia si può morire.

Buio

A volte i miei pensieri mi fanno paura, volano nella direzione sbagliata. Trovano una comoda dimora in un groviglio di rovi e la luce, per qualche lungo attimo, si spegne. Non riesco a trovare motivi per riaccenderla, la voce si smorza, le labbra si muovono mute, come in un vecchio film, come pesce che saltella alla ricerca di acqua. I bronchi si chiudono, il fiato diventa affanno, la mente si offusca e avanzano gli spettri.

Davanti lo scheletro di un uomo, semplice ombra di ciò che è stata, ormai privo di qualsiasi forza vitale. Scheletro di una persona che tanto ho amato, che tanto mi manca, e di cui, forse, non ho mai superato la scomparsa.

Segue lo spettro ghignante di chi non mi ha mai sostenuta, incoraggiata, relegandomi in una zona grigia di indifferenza e mediocrità. E io chino la testa e lo ascolto: è vero, sono solo una delle tante ombre che non porterà nulla a termine.

E lì, vicino, la maschera grottesca dei fallimenti. La voce che rimbomba elenca uno ad uno tutti gli errori e le stupidità che ho commesso. E l’eco si premura e ripeterli all’infinito.

E su tutte troneggiano le figure di Rancore e del suo compagno Paura. Rancore nei confronti di chi si è dimostrato più furbo, di chi è stato capace di conquistare cuori e non solo grazie al suo fascino. Paura per questo livore che non voglio che mi appartenga. Paura di trasformarmi in un meschino essere roso dall’invidia. Paura di trovare il mio posto e rimanere nel limbo.

Alla fine, però, quello scheletro mi sorride benevolo, come una volta. Lo spettro arretra stupito. La maschera cade muta a terra. Rancore e Paura diventano minuscoli esseri. La luce torna. A volte a gran fatica.