Giochi di ombre e luci

Il vento sta giocando tra le foglie, sibila e sussurra insinuandosi fra gli steli d’erba e il suolo umido d’inverno. Il vento danza e con lui la luce che si proietta sul muro, tra foto di altri tempi, sorrisi sfuocati e giovani che persi tra le pieghe del passato.

È tutto un gioco: la foglia che trema sul soffitto, il raggio che scivola tra i libri, come se ne volesse leggere distrattamente il dorso, l’insetto gigante, ma inconsistente, che per un attimo si affaccia alla finestra, per poi scomparire qualche metro oltre.

Il sole freddo e il vento umido si divertono a far nascere desideri di vita e di colori, a disegnare ombre e a muovere luci. Un bocciolo trema mentre timido attende la sua gloria.

Nell’atmosfera metallica, ombra e luce giocano a rincorrersi.

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Paura del buio

Da piccolo aveva paura del buio, e anche ora che non poteva certo dirsi bambino quel timore continuava a tormentarlo. Era una paura del tutto legittima: il buio nasconde qualsiasi cosa, anche le ombre, annulla lo spazio, benda gli occhi e riempie il vuoto di suoni e sussurri.

Era stata sua mamma a rendere sopportabile quella fobia, regalandogli un lumino capace di illuminare gentilmente la stanza. Allora la notte si popolava di forme e di immagini in bianco e nero, veniva abitata da creature che non lo facevano mai sentire solo.

Ancora aveva bisogno di quella luce, anche se non doveva essere per forza reale. Bastava chiudere gli occhi e accendere una dopo l’altra centinaia di lucine, fiaccole e candele. Nella sua mente la notte diventava cielo stellato e il buio veniva squarciato con forza inaudita da mille lucciole impazzite.

Falene

In un mondo di inganni, ci aggiriano come falene in una selva di ombre e di incertezze. Il sole è solo un ricordo del giorno passato, una semplice linea rosata all’orizzonte, pronta a sprofondare nell’oscurità. Ombra fra le ombre, le falene si agitano tra piccoli soli che promettono vita e che regalano solo una bruciante ferita.

In un mondo di bugie, le falene continuano la loro danza sgraziata attorno a fuochi che imitano grotteschi una vita che non conoscono. Forse in cuor loro le farfalle notture sanno che è tutta un’illusione, che quella pazza notte finisrà in un buio non rischiarato nemmeno da delle semplici lanterne. Forse sanno che oltre quel vetro su cui si affannano a bussare non c’è nulla per loro, solo una delusione, ma continuano il loro gioco, continuano a battere le ali finché possono.

In un mondo di ombre, le falene cercano di trasformarsi pure loro in ombre, per non essere bruciate dalla fiamma che tanto agognano. Vestono un manto nero come la notte senza stelle e senza luna, non fiatano, e si nascondono appena al di fuori del cerchio di luce che, tremolante, cederà all’oscurità la sua timida forza.

Buio

A volte i miei pensieri mi fanno paura, volano nella direzione sbagliata. Trovano una comoda dimora in un groviglio di rovi e la luce, per qualche lungo attimo, si spegne. Non riesco a trovare motivi per riaccenderla, la voce si smorza, le labbra si muovono mute, come in un vecchio film, come pesce che saltella alla ricerca di acqua. I bronchi si chiudono, il fiato diventa affanno, la mente si offusca e avanzano gli spettri.

Davanti lo scheletro di un uomo, semplice ombra di ciò che è stata, ormai privo di qualsiasi forza vitale. Scheletro di una persona che tanto ho amato, che tanto mi manca, e di cui, forse, non ho mai superato la scomparsa.

Segue lo spettro ghignante di chi non mi ha mai sostenuta, incoraggiata, relegandomi in una zona grigia di indifferenza e mediocrità. E io chino la testa e lo ascolto: è vero, sono solo una delle tante ombre che non porterà nulla a termine.

E lì, vicino, la maschera grottesca dei fallimenti. La voce che rimbomba elenca uno ad uno tutti gli errori e le stupidità che ho commesso. E l’eco si premura e ripeterli all’infinito.

E su tutte troneggiano le figure di Rancore e del suo compagno Paura. Rancore nei confronti di chi si è dimostrato più furbo, di chi è stato capace di conquistare cuori e non solo grazie al suo fascino. Paura per questo livore che non voglio che mi appartenga. Paura di trasformarmi in un meschino essere roso dall’invidia. Paura di trovare il mio posto e rimanere nel limbo.

Alla fine, però, quello scheletro mi sorride benevolo, come una volta. Lo spettro arretra stupito. La maschera cade muta a terra. Rancore e Paura diventano minuscoli esseri. La luce torna. A volte a gran fatica.