Si sente un mormorio provenire da fuori, un sussurro. Sembra pioggia leggera, ma non c’è acqua: è solo lo scherzo del vento che si struscia tra le foglie leggere.
Nic si lascia cullare da quel rumore. Sente quella voce sommessa e le regala un corpo, verde come le fronde che scuote, trasparente come la forza che lo anima. E desidera di essere fatto della stessa materie, o forse è convinto di essere fatto allo stesso modo.
Non ha più capelli, ma stralci di nubi che vengono allungati dalla forza del vento. La pelle scompare sostituita dalla corrente gentile che modella i monti e che li rende sabbia. E i vestiti sono abbandonati su una roccia. Nic è lì, ma allo stesso tempo viaggia, veloce, tra i rami di un albero, sulla distesa arida di un deserto o forse su quel mostro multiforme dell’oceano.
Si perde e non riesce a trovare la strada per tornare. Vorrebbe urlare, ma la sua voce rieccheggia debole fra le montagne. Vorrebbe scappare, ma i piedi prendono una direzione che Nic non riesce a controllare. Vorrebbe piangere e ribellarsi, ma le lacrime non scorrono e i pugni non colpiscono nulla se non il cielo.
Presto o tardi un temporale lo ricondurrà a casa, per mano. Lo depositerà nello stesso punto in cui si trova ora, con il volto girato verso il cielo. Nic sarà scosso, cambiato e arrabbiato. Ma sarà anche più vivo.