A Fiona non piaceva essere in ritardo, eppure in quel momento si trovava proprio nella peggior situazione immaginabile: sentiva l’acqua alla gola, anzi, aveva la percezione che il liquido stesse già entrando in bocca e scivolando nei polmoni per annegarla. Tutta colpa di quel perdigiorno di Luca che non sapeva far altro se non procrastinare e sperare che tutto andasse per il verso giusto.
Fiona doveva correre, e lei odiava correre. Correre significava sudare, e, non bisognerebbe nemmeno specificarlo, Fiona odiava sudare. Odiava presentarsi trafelata, con il fiatone. Non era professionale, non era nemmeno un bel vedere.
“Solo perché sei fuori allenamento” le diceva Luca con un sorriso smagliante. Fuori allenamento era un eufemismo, dal momento che Fiona odiava praticare qualsiasi tipo di attvità fisica.
E quindi si ritrovò in ufficio dopo aver corso, sudato e con il fiatone. Un sabato non avrebbe potuto andare peggio. Anzi, avrebbe potuto, perché nell’ufficio c’era una coda infinita. Fiona ordiava attendere, soprattutto se era costretta a condividere lo spazio con altriesseri umani. In estate le era persino intollerabile, poiché riusciva sempre a incontrare qualcuno che non conosceva le norme basilari dell’igiene.
Ma Fiona era una persona civile, e ciò che odiava più del prendersi all’ultimo era arrivare in ritardo. Prese il suo numero e attese pazientemente in un angolo. Anche se ci fossero state delle seggiole libere, avrebbe preferito svenire che servirsene. Odiava le sedie scaldate dal corpo altrui.
Infine arrivò il momento di Fiona.
“Buongiorno signora, come la posso aiutare?”
“Devo pagare questa multa”.
“Per fortuna è venuta oggi, è l’ultimo giorno prima che scatti la penale”.
“Non me lo ricordi”.
Fosse stato per Luca, la penale sarebbe stata preferibile a passare una mattinata in coda.
