“Di risposte è fatta la mia vita”.
Ma certo, chi meglio di Edipo potrebbe parlare di risposte. Dopotutto la sua vita era punteggiata da punti interrogativi da dover risolvere, e a ogni risposta piombava sempre più a fondo in un baratro di dolore e di fraintendimenti. Eccolo, quindi, cieco e maledetto, perché nemmeno gli occhi gli hanno permesso di vedere l’inganno e la rovina piombare su di lui.
“Pensavo di essere superiore agli altri per intelletto. Liberai Tebe dalla sfinge, ho visto quell’essere antico e saggio chinarsi alla mia intelligenza mortale. Edipo il salvatore, Edipo il re. Ero indebriato dalla gloria, asuefatto dal successo. Ero un uomo che si sentiva invincibile e immortale. Ma ero cieco ancor prima di strapparmi gli occhi: non vedevo le mani sporche di sangue e non riconoscevo neppure mia madre. Ero senza vista, anche se potevo ammirare il sole e vedere i volti dei miei figli fratelli”.
A volte il fato sa essere crudele e non perdona nemmeno chi ha compiuto atrocità senza sapere di essere un mostro.
“Spiegami Omero: chi è più mostro, il parricida che sposò la madre, o una chimera che sputa lingue di fuoco? La seconda segue solo la sua natura, anche se tremenda, il primo sovverte l’ordine, anche se senza volerlo”.
Ma sono solo un cieco poeta che non ha voglia di rispondere. Ho cercato di cucire nei versi dei suggerimenti, delle risposte, che potessero illuminare la strada offuscata di qualche umano. Un cieco che guida un esercito di ciechi non ottiene la vittoria con facilità.
“La fine mi colse e mi portò qui, dopo una vita di povertà e disperazione. Anche questa è una risposta”.
