
Si sa, lo sport è una nobile arte, che va praticata con passione e costanza. E questa storia prende proprio avvio con uno sport. Lo sport più affascinante, più coinvolgente che mente umana abbia mai inventato. I Vecchi Compari erano consapevoli dell’eccellenza di questa attività, tanto che in tutta la loro vita si erano impegnati ad allenarsi nella prode disciplina tre volte alla settimana, frequenza che era stata portata a cinque giorni da quando tutti i componenti della squadra avevano raggiunto l’età della pensione. In realtà non tutti erano riusciti a raggiungere questo traguardo, ma la vita può essere beffarda, e togliere la possibilità a taluni di vedere il proprio volto solcato da profondi canali. Luogo di ritrovo era, ovviamente, il bocciodromo. Esisteva, forse, qualche altra attività degna di essere praticata per così tanto tempo, con buona pace di moglie, prole, amanti e pure lavoro? La domanda è retorica, la risposta è una negazione.
L’ultimo ad aggiungersi all’allegra combriccola era stato Pietro, meglio conosciuto come l’Artista. L’A maiuscola è forse un’esagerazione, ma in un paese che contava diecimila anime, mucche e pecore comprese, realizzare oggetti di ogni tipo era considerato una particolarità degna di un artista. Pietro era stato di professione fabbro: quasi tutte le ringhiere del paese erano uscite dalla sua officina, e aveva avuto anche importanti commissioni dalla città. Oltre a lampadari, testate di letto, cancelli e cancelletti, si dilettava a realizzare soprammobili, statuine e statue giganti. A tal proposito vi invito a visitare il parco del paese: là potrete ammirare lo scheletro di una nave pirata in ferro e vetro, che adulti e bambini si divertivano a esplorare.
Pietro era stato assunto dai Vecchi Compari in occasione di un luttuoso evento: la morte del compianto Luigino. No, Luigino non è un soprannome: all’anagrafe era registrato proprio con questo diminutivo. E visto che l’ironia non vede l’ora di fare irruzione in ogni angolo, Luigino divenne prima un ragazzo alto e ben messo, e poi un uomo forzuto, con una pancia proporzionale alla sua altezza. Forse il suo amore per il cibo, combinato con la passione per le sigarette, rigorosamente senza filtro, e una certo vizio per le donne lo avevano condotto prematuramente nella fossa. Troppi piaceri possono essere mortali, come poteva testimoniare Anna, la moglie di Luca, che tenne per ultima tenne fra le braccia, e pure tra le gambe, il focoso Luigino. Forse si era confusa, poiché entrambi gli uomini portavano un nome che iniziava con la stessa sillaba. M questa è un’altra storia. Fatto sta che Luigino venne sepolto assieme alla sua boccia portafortuna, e Luca chiese proprio a Pietro di realizzarne un’altra per l’eventuale nuovo giocatore: era necessario, infatti ristabilire il numero perfetto di quattro, giacché Luca nutriva una certa antipatia per i numeri dispari, e una scaramantica paura per i numeri primi. Luca era un matematico, si capisce.
Pietro aveva realizzato la boccia, ergonomica e perfettamente levigata. E con una bella P disegnata con lo smalto.
“Nessuno di noi si chiama Paolo o Petronio o Poseidone” notò dubbioso Luca.
“Lo so. È P di Pietro. Avete trovato non solo una boccia ma anche un bocciatore” gongolò Pietro.
“Sai giocare?”
“No, ovvio, ma imparerò. Da quando mia moglie è scomparsa, mi annoio. Guarda, ho fatto di tutto: cavalli, altalene, riccioli, fiori, tori, figure umane, figure fantasiose, enormi sculture e sculture piccole come un dito. Ma non chiedermi dove siano quest’ultime, le ho perse da qualche parte. Prendere o lasciare. Cosa dici? Vuoi boccia e bocciatore o vuoi pagare il materiale e tornartene a mani vuote?”
Luca stava riflettendo: si diceva che la moglie di Pietro fosse scomparsa perché lui non era certo un drago. Non so se mi spiego. Quindi non avrebbe preso il posto di Luigino nell’alcova della sua propria moglie, Anna. Inoltre il fisico di Pietro prometteva bene.
“Affare fatto!”
E con una virile stretta di mano, Luca e Pietro divennero compagni di squadra.
