Il Vecchi Compari- Pt 15 Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori finisce

Luca e Antonio avevano avuto lo stesso sospetto, senza essersi mai parlati. Entrambi avevano intuito la verità già da tempo, ma, non volendo perdere un compagno con il rischio di essere squalificati dal Torneo, avevano deciso entrambi di aspettare l’ultimo momento per esporre le proprio perplessità agli ufficiali dell’ordine.

Ma andiamo con ordine, e partiamo da Luca.

Luca aveva amici molto scaltri e amanti del genere poliziesco. Oltre alla retata che avevano fatto a casa di Pietro, c’era stato un altro tentativo, più scaltro, per scoprire il segreto del fabbro. Uno di loro, un impeccabile professore di greco antico, si era presentato alla fucina di Pietro, chiedendo il preventivo per una testata del letto in perfetto stile ionico. Pietro lo aveva fatto accomondare nel laboratorio, nel tentativo di capire che cosa fosse quel dannato stile ionico. Non lo aveva compreso, ovviamente: il professore si era dilungato in lunghe descrizioni di capitelli (e quando mai una testata del letto in ferro aveva i capitelli?), riccioli, diramazioni, foglie, fiori, fiorellini, api, e chi più ne ha più ne metta. A Pietro venne un bel mal di testa, oltre a un certo sconforto, e si allontanò per prendere un catalogo di testate di letto per cercare quella che più si avvicinasse ai gusti del cliente. Mentre il padrone era lontano, il professore aveva dato uno sguardo, non certo disattento, al laboratorio: nulla di strano, se non che nella fornace buia e spenta, riluceva qualcosa di piccolo. Il professore lo riconobbe subito: era una fede. Fece appena in tempo a nasconderla di nuovo fra le ceneri, prima che arrivasse Pietro.

Antonio si era affidato, invece, ai suoi amici del bar, che avevano una rete di informatori da far invidia al miglior investigatore. Erano riusciti a risalire alle amiche della signora Clara, che avevano confermato i dubbi di Antonio: la donna non si faceva viva da mesi. Erano persino risaliti a un numero lodevole di amanti, tutti contrariati dalla scomaprsa repentina di Clara, che non aveva più risposto ad alcun messaggio. Temevano che il marito avesse scoperto qualcosa, cosa non strana, pensò Antonio, vista la quantità di relazioni parallele che riusciva a mantenere. Era il ragazzino, però, il moccioso cacciato in malo modo da Pietro, a essere la chiave di volta. Lui aveva visto tutto: si era affacciato alla finestra attratto dalle grida del litigio, e aveva visto le fiamme mangiare il volto terribile e vendicativo di un’erinni che non avrebbe mai lasciato in pace la sua vittima.

Il ragazzo e l’anello erano prove che non potevano essere ignorate. Il Torneo era però più importante di un morto che non sarebbe certo stato portato in vita: qualche giorno di ritardo non avrebbe cambiato niente. Il Torneo era tutto, era il riscatto da una moglie scontenta e da un fallimento rovinoso, da una vita passata nell’ossesione dei numeri, e da un’esistenza senza più amore.

“Lasciatemi almeno disputare la finale” chise Pietro.

Il Torneo era un evento fondamentale per il paese, e le Bocce del Conte stavano antipatici a tutti, anche se nessuno lo avrebbe ammesso, per cui i gendarmi non fecero obiezioni alla richiesta di Pietro. La finale si disputò, sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine. Le Bocce persero, grazie all’uso magistrale della mossa dell’Incatenato da parte di un Pietro che non sorrideva più tanto.

Tra lo stupore di tutti, e lo scandalo di Rachele, Pietro divenne il perfetto esempio dell’ammanettato. Antonio lo guardò scomparire nella macchina con un po’ di tristezza, ma non balbettò più. Anche Luca sospirò pensieroso guardando la pattuglia andarsene e cercando Anna tra la folla: non la trovò e sentì di aver perso un altro amico, meno pericoloso di Luigino.

Il Torneo passò alla storia, è chiaro. Per la sconfitta delle Bocce e per l’arresto del fabbro. L’unico a rimanere perplesso fu Silvano, che era così concentrato sulla sua preda da non aver notato nulla di strano in Pietro. Ma, al contrario della moglie di Rachele, non se ne rammaricò: aveva vinto il Torneo, aveva trovato l’amore, e non poteva certo biasimare Pietro, perché ne capitava perfettamente il gesto. Lo stava immaginando anche ora, mentre sentiva sulla nuca gli occhi arcigni di Rachele.

FINE

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I Vecchi Compari – Pt 14 Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori ha inizio

Ed eccoci qui, al gran giorno, un giorno che passerà alla storia, almeno di quel paesino. Riunite al bocciodromo, le squadre si guardano in cagnesco: quattro squadre da quattro si scontrano. I numeri sono a favore di Luca, sembra evidente. Dagli spalti Anna esulta e lancia baci, ma alcuni sbagliano mira e si posano su un beato Silvano, il ragazzino, vicino di casa di Pietro, guarda il fabbro in cagnesco, Rachele se ne sta in un angolo sgranando il suo rosario e cercando di frapporre maggiore distanza possibile tra sé e la bella, ma fedifraga, moglie di Luca. Per Antonio si sono schierati, invece, i suoi amici del bar, mentre Luca è sostenuto anche dai suoi colleghi di scuola, tra i quali, ben nascosti nell’ultima fila, figuravano anche i due uomini che si erano presentati in casa di Pietro.

“Benvenuti al Gran Torneo di Bocce e Bocciatori! Oggi si fronteggeranno le squadre a quattro. Oltre alle tre storiche, quest’anno si aggiungono anche i Vecchi Compari! Un applauso di benvenuto a questi coraggiosi signori, che proveranno a sottrarre la coppa ai campioni in carica: gli unici, imbattibili, Bocce del Conte! Un benvenuto caloroso anche a Vecchie Dentiere, che quest’anno non si sono dimenticati di indossare i denti, e ai Birilli Traballanti, saldamente issati sulle loro stampelle. Gentili signore, valenti signori… che il Torneo abbia inizio!”

I primi a scontrarsi furono le Bocce del Conte e Vecchie Dentiere. Non ci fu alcuna possibilità per il gruppo della locale casa di riposo: certo, avevano con loro tutte le loro dentiere, ma queste non furono sufficienti a raggiungere abbastanza da vacino il pallino. I giocatori delle Bocce del Conte erano tutti in gran forma, dotati di equilibrio e con una vista da falco: si erano fatti operare a tutto ciò che era operabile, dalle ginocchia alla cataratta, perciò sembravano avere una decina di anni in meno dei propri avversari. Altrettanto facile fu per i Vecchi Compari sbaragliare i Barilli Traballanti: si sa, gli anni non perdonano, e i Birilli lo sapevano bene. Un decennio prima erano loro a strappare ogni volta il titolo di migliori bocciatori, ma ora a traballare non era più solo il nome, ma anche i membri del gruppo. Dovettero chiamare persino un’ambulanza per rimettere in sesto un giocatore che si era lanciato assieme alla boccia.

La vera sfida avrebbe avuto luogo dopo la pausa di ristoro, anche chiamata banalmente pranzo. Per i Vecchi Compari più che pranzo era un’arringa da parte di Luca.

“Ragazzi, siete stati bravissimi, ma con le Bocce non c’è da scherzare. Ho preparato un piccolo riassunto di tutte le tattiche che possiamo utilizzare, in modo da ripassarle in queste ore. Mi raccomando, non voglio vedere errori, intesi? C’è tutto il paese che ci…prego, desiderate qualcosa?”

A interrompere Luca erano stati due uomini in divisa di carabiniere: che fosse un’altra stramba trovata delle Bocce del Conte per spiare gli avversari?

“Non qualcosa” dissero i due gendarmi facendo vedere il distintivo e un mandato d’arresto. “Qualcuno. Pietro Mastromartello”.

Pietro si alzò e prese il foglio. “Antonio e Luca. Siete proprio degli stolti” disse con un ringhio basso.

I Vecchi Compari – Pt 13 La vigilia del Gran Torneo

Le informazioni che Antonio aveva ottenuto dal barista Frank erano molto singolari, ma spiegavano sia le parole del ragazzino sia l’atteggiamento di Pietro nei confronti della moglie Clara. Come se non bastasse, quella chiacchierata aveva tolto ad Antonio qualsiasi tipo di attrazione nei confronti del fabbro. Bisognava comunque cercare più a fondo, e attendere il momento giusto: Pietro era un componente fondamentale della squadra e il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori si sarebbe tenuto a giorni. Quando Antonio si presentò agli allenementi successivi, i suoi occhi erano un po’ meno paurosi e un po’ più decisi del solito.

Il giorno prima della competizione, anche Luca era più tetro del solito: aveva un colorito che virava verso una sfumatura verdastra, le mascelle erano serrate, gli occhi sporgevano dalle orbite e la bocca era quasi scomparsa in una sottile linea tremolante. La sua grande occasione era arrivata, il Torneo era alle porte. Anche lui aveva condotto delle ricerche su Pietro tramite alcuni suoi colleghi di vecchia data: molti conoscevano Pietro in qualità di fabbro, ma di Clara nessuno aveva informazioni precise. E nessuno sapeva nemmeno dove fosse andata dopo aver abbandonato la casa officina. Quella donna era diventato un fantasma che aleggiava sinistro attorno a quell’omone sempre sorridente.

Pietro era nervoso, ma non lo dava a vedere. Il giorno precedente si erano presentati alla porta due strani ceffi che si erano detti amici di Clara. Li aveva allontanati in malo modo, ma non era tranquillo. Si sentiva come una belva in gabbia, pronta per essere portata al macello.

L’unico componente che sembrava essere caricato a molle era Silvano. Inutile dire che in quelle settimane se ne era altamente infischiato dei presunti segreti di Pietro, poiché aveva dedicato tutti i suoi sforzi e le sue attenzioni a soddisfare Luca nel gioco e Anna a letto. Riusciva a trovare perfino Rachele, sua moglie, quasi sopportabile: a volte provava pena per quella donna così devota all’ultraterreno da dimenticarsi del terreno. Il rammarico più grande di Silvano è che I giochi di Dioniso, il negozio di Antonio e Alvise, fosse fallito, probabilmente proprio a causa della coalizione di malelingue delle compari di Rachele. In spogliatoio avrebbe chiesto ad Antonio se gli fosse rimasta qualche rimanenza di magazzino.

“Domani è il grande giorno” tentò di cominciare Luca, ma lasciò cadere il discorso: non riusciva più a produrre saliva. Ci pensò Silvano a prendere il posto di Luca: ormai era diventato un campione in questo sport.

“Esatto Luca. Ormai siamo preparati, faremo mangiare polvere a quei vegliardi delle Bocce del Conte, delle Vecchie Dentiere e dei Birilli Traballanti. Siamo i migliori, lo sappiamo, abbiamo i giocatori più in gamba. Il Gran Torneo è già nelle nostre mani!”.

“Ben detto!” a parlare era stato Antonio, senza alcun balbettio.

“Bravo, Anto, è da anni che non ti sento così deciso. Ti ci voleva un po’ di adrenalina”.

E una seduta al bar, pensò Antonio con gli occhi fissi su Pietro.

“Pronti per l’ultimo allenamento?” ruggì Pietro, che si sentiva osservato,

Fu una delle migliore partite di sempre. Silvano sembrava ricordarsi per filo e per segno ogni mossa ideata da Luca che, a sua volta, lo elogiava e lo sosteneva. La mano di Antonio era più ferma del solito e Pietro dimostrava una forza vigorosa maggiore dell’usuale. Sembrava proprio una squadra imbattibile.

I Vecchi Compari – Pt 12 Segreti e tradimenti

Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era ormai alle porte, per cui gli allenamenti si fecero più intensi e Antonio più nervoso. Non solo temeva l’ennesima sconfitta, il che peggiorava notevolmente le sue balbuzie, ma aveva paura che dopo il fallimento Pietro se ne sarebbe andato dalla squadra, togliendogli ogni possibilità di rimpiazzare Alvise nel suo cuore.

“P-p-posso f-f-fare s-s-squadra c-c-con P-P-Pietro? M-m-mi t-t-tranquillizza”.

“Va bene Antonio, ma comportati bene e stai tranquillo: abbiamo la vittoria praticamente in tasca”. Luca era diventato particolarmente positivo da quando la moglie Anna aveva ritrovato il sorriso. Inoltre la squadra stava migliorando notevolmente: Silvano sembrava aver ritrovato un’energia da ragazzino, e in effetti si sentiva ringiovanito grazie alle prodezze che rendevano così felice Anna, Antonio sembrava più motivato, anche se il motivo principale di questo vigore solo in parte si trovava nel Torneo, e Pietro si mostrava sempre allegro e forte. C’era sempre il dubbio che nascondesse qualcosa, ma decise di non darlo a vedere.

“S-s-sai P-P-Pietro. M-mi manca m-molto A-A-A…A… hai c-c-capito. A-a t-te manca C-C-Clara?”

Pietro sbuffò mentre lanciava la boccia: “Ottimo Pietro, la mossa della Locomotiva! Sei un talento” gli urlò Luca estasiato. Se non ci fosse stata Anna, Pietro avrebbe pensato di aver un altro spasimante oltre ad Antonio. “Non avranno scampo, Luca!” rispose mentre se ne tornava vicino ad Antonio.

“Senti Antonio, mi dispiace che tu stia male per Alvise. Ma devi andare avanti.  E no, non mi manca Clara: se ne è andata, non tornerà, e non voglio che qualcun altro prenda il suo posto. Sono solo, e da solo sto benissimo”. Sperava di aver messo a tacere una volta per tutte le curiosità di Antonio.

“S-sei s-strano, P-Pietro”. Antonio balbettava meno: aveva capito il punto di debolezza, e non aveva la minima intenzione di mollare la presa.

Dopo l’allenamento Pietro si avvicinò a Luca: “Hai mai dubitato di uno di noi?”. Luca lo guardò attentamente: che avesse intuito i suoi sospetti? Strano, perché Pietro gli sembrava un gigante gentile, un po’ come Luigino, senza però la passione per Anna, il che non era male.

“No, certo che no” disse Luca dandogli una pacca sulla spalla. Sentì i muscoli contratti di Pietro.

“Non per la squadra, in generale, dico. Nessuno si svenderebbe alle Bocce del Conte, lo so bene. Ma non ti è mai venuto il dubbio su Antonio? Che negozio aveva prima di fallire”.

Luca arrossì violentemente: “non lo so di precisione. Mi sembrava qualche gioco per… ehm… adulti. Penso, per sentire dire, io non ci sono mai entrato. E penso neppure Silvano, con quella Rachele i giochi sono vietati anche per i bambini. Perché?”

“No, niente, scusa Luca, sono solo un po’ stanco. Una doccia, ecco quello che ci vuole”.

Almeno adesso Pietro aveva compreso da dove provenisse l’onniscienza di Antonio: era il confessore laico di tutto il paese. Era abituato a sapere i segreti altrui, e non avrebbe fatto sconti neppure a Pietro.

Sulla strada per casa, Antonio si fermò al bar. Era da anni che non ci entrava, da quando gli era sorto quel problema con le balbuzie, in effetti. Quando si sedette al banco, gli sembrò di essere tornato al passato.

“Guarda un o’ chi è tornato: Tony! Il solito?” lo accolse il barista.

“Sì, grazie Frank”. Era proprio come una volta. Niente balbettii e un sorriso per tutti.

“Ehi, Frank, tu che sia tutto: cosa puoi dirmi di Clara, la moglie fuggita del fabbro? Tu non sai quanto mi manchi il mio negozio”.

Frank sorrise, e iniziò a raccontare: “Tutto cominciò con un tradimento…”

I Vecchi Compari – Pt 11 Ritorno alla normalità

Come aveva previsto Silvano tutto tornò al suo posto: la caviglia di Antonio migliorava a vista d’occhio, come anche l’umore di Luca, che si fece più ciarliero, soprattutto con Pietro. Anna sembrava aver ritrovato la sua allegria, nonché una qualche soddisfazione, Rachele non era così insopportabile per Silvano, che aveva l’aspetto di aver dimenticato il sibilo assassino della boccia di Luca che lo sfiorava. Anche Antonio era più energico del solito: non voleva lasciarsi scappare nessuna occasione per catturare Pietro e per conoscere la storia di Clara. Percepiva che quel segreto costituiva la chiave giusta per conquistare il nuovo compagno. L’unico a non aver variato il suo aspetto pacioso era Pietro, il cui solo fine era divertirsi senza che gli altri mettessero il naso nei suoi affari.

“Una piccola pausa corrobora mente e corpo, vero ragazzi?”

A parlare era stato Luca, e Silvano non poteva fare a meno di concordare: la pausa era stata molto corroborante e soddisfacente, da ogni punto di vista. Ancora si chiedeva, però, se Luca sapesse tutto, come aveva dimostrato di sapere tutto di Luigino. Il che avrebbe spiegato anche la boccia volante. Eppure l’atteggiamento di Luca non era cambiato, se non che dedicava molto attenzione per Pietro. Silvano non si fece troppo domande: i guai arrivano se chiamati.

“Ehi, Pierre, ora ti tocca giocare con il boss! Io e Antonio siamo spacciati, vero?” urlò Silvano, ignorando la smorfia sul volto di Pietro, che odiava quel nomignolo. Clara aveva passato molti anni in Francia.

“Così imparo dal maestro. Attento Silvano: posso diventare pericoloso!” ruggì Pietro con fare canzonatorio.

Dopo aver controllato che non ci fossero spie nascoste, cominciarono a tirare a bocce.

“Allora Pietro” disse Luca mentre osservava attentamente la mossa di Silvano “come ti stai trovando nella squadra? Ti piace il gioco? Ehi, Silv, non così: prova a usare la mossa del Mangiafuoco!”

Silvano guardò Luca sorridendo, ma non aveva la minima idea di che cosa fosse la mossa del Mangiafuoco. Tentò di lanciare la boccia e…

“Ma no, no, quella è la mossa del Calamaro. Non dico che sia sbagliata, ma con la posizione attuale ti conviene fare questa, guarda”. Luca si esibì in una piroetta, un saltellino, si abbasso con agilità scricchiolante, tese il braccio, rilascio la boccia, che saltò quella di Antonio per posizionarsi proprio vicino al pallino.

“Devi saltare l’ostacolo per avvicinarti alla meta, Siv, dovresti saperlo bene”. Ora toccava ad Antonio, che cercò di fare una Mantide, ma gli riuscì comprensibilmente un po’ zoppa. Luca non commentò la mossa, dimostrando una inusuale comprensione, e mentre guardava Antonio riprovare si rivolse al suo compagno.

“E tu, Pietro, che ostacoli hai dovuto superare? Non devi avere segreti con la squadra, lo sai. Fiducia totale. E a proposito di segreti, a cosa si riferiva il ragazzino?”.

Pietro lo scrutò senza cambiare espressione, ma il suo cuore era una fucina bollente pronta a scoppiare. Perché mai tutti si volevano fare i suoi affari? Era quasi tentato di spifferare quello che aveva intuito sul caro Silv.

“Tutto bene, Luca, figurati: siamo una squadra incredibile, non ti sembra? Siamo uniti, compatti, certo qualche screzio può sorgere, ma non ho dovuto affrontare alcun ostacolo, qui da voi. E per quanto riguarda il moccioso, chi lo sa cosa passa nella testolina di quel teppista”.

Così facendo si prodigò nella mossa dell’Insoddisfatto, come lo era Luca, scalzando la boccia di quest’ultimo un po’ più lontano dal pallino di quanto fosse la sua. Lo guardò soddisfatto: “Luca, penso proprio che la prossima mossa sia quella del Cauto, non si sa mai, soprattutto con Silvano”.

I Vecchi Compari – Pt. 10 Ognuno per la sua strada

Non fu un giorno felice per i Vecchi Compari. Sia chiaro, si trattava di un bisticcio passeggero, nulla di eccessivamente grave. La tensione per l’approcciarsi del Torneo aveva solo esacerbato qualche spigolo un po’ troppo pronunciato di qualche componente. Tutti sapevano, però, che all’allenamento successivo sarebbero stati presenti i quattro componenti, allegri e agguerriti come sempre. Ma quel giorno no, quel giorno Silvano non si allenò e non tronò da Rachele. Quel giorno Luca si allenò senza schemi e sbagliò tutte le mosse. Quel giorno Pietro non si impegnò e non fece sentire la sua risata ferrosa. Quel giorno Antonio seguitava a lamentarsi.

Quel giorno i Vecchi Compari presero strade differenti.

Iniziamo da Silvano. Silvano non si diresse a casa sua, ma a quella di Luca, scelta ovvia. Oltre a essere offeso per quello che aveva vissuto come un tentato omicidio da parte di Luca, Silvano aveva visto l’opportunità di sostituire effettivamente Luigino: il legittimo marito si sarebbe trattenuto con gli altri due per tutto il tempo dell’allenamento, nel tentativo di far sentire Antonio, se possibile, ancora più colpevole. Silvano aveva, dunque, libero accesso ad Anna che, quando lo vide sulla soglia di casa, lo fece entrare curiosa e preoccupata. Non si scambiarono molte parole, come potete ben immaginare. Anna ritrovò una consolazione e quella passione che i freddi numeri non erano mai riusciti ad accontentare. Silvano ritrovò un corpo caldo e vibrante, che non aveva paura delle fiamme dell’inferno. In quegli abbracci Silvano trovò una donna che chiedeva amore, e Anna trovò un uomo che sapeva amare.

Quando Luca tronò a casa, trovò una moglie sorridente, che non serbava più alcuna traccia di tristezza. Non ci fece molto caso, anche perché non era mai stato molto bravo a capire i sentimenti umani, molto meno chiari dei numeri. Si lanciò invece in un infervorato racconto della giornata, omettendo la boccia che era volata verso Silvano e il pianto disperato di Antonio all’ennesimo rimprovero. Si soffermò sulle sue capacità, sul molleggiamento delle sue ginocchia mai stanche, e sulla goffaggine di Antonio, che per poco non si slogava anche l’altra caviglia. Infine condivise con la moglie il dubbio che qualcuno della squadra nascondesse qualcosa. Era convinto che i segreti fossero come delle talpe: scavavano sotto terra, non viste e non sentite, togliendo terra e stabilità alle fondamenta più solide. Anna lo guardò un po’ accigliata: il marito non aveva mai sospettato di Luigino, o non lo aveva mai dato a vedere. “Non può essere che Pietro” concluse Luca “è lui il nuovo arrivato”.

Che Pietro avesse un segreto era chiaro anche a Antonio. Peccato che il suo negozio fosse fallito: quasi tutti nel paese erano suoi clienti, anche se nessuno voleva che gli altri lo sapessero. E tutti i clienti si lasciavano andare a confidenze o chiedevano consiglio. Luigino era stato il primo, e infatti non era molto contento di trovarsi Antonio in squadra. Ma la fornitura che lui e Alvise garantivano era di prima qualità e Antonio non si era mai fatto sfuggire nulla. Ora, scoprire il segreto di Pietro era diventato il secondo problema fondamentale per Antonio. Il primo rimanevano i debiti e la fuga di Alvise. Sperava con tutto se stesso che il segreto andasse a vantaggio della cotta che Antonio nutriva nei confronti del nuovo compagno di squadra, il che avrebbe spiegato anche l’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie. Grazie a questa vaga speranza, Antonio riuscì a riprendersi dal trauma causato da Luca, e iniziò a ideare la sua strategia per capire che cosa nascondesse il bel Pietro.

Antonio era nei pensieri di Pietro, ma non nel senso che Antonio avrebbe sperato. Pietro sapeva che la storia di Clara aveva acceso le malelingue del paese, tra le quali figurava anche Rachele. Ma non era la frigida Rachele e neppure l’innamorato Silvano a preoccuparlo. Antonio sapeva i segreti di tutti, e avrebbe tentato di carpire anche il suo. Guardò verso la fucina spenta e nera, ma rossa e viva nei suoi occhi. Ancora la vedeva, vedeva Clara là davanti, che gli gettava contro una sfilza di ingiurie, come carboni ardenti, la vedeva mentre lo derideva, mentre gli ricordava che mai avrebbe potuto dirsi veramente uomo. E sentiva ancora la soddisfazione quando le sue grida, coperte dal maglio e dal martello, erano state infine inghiottite dal ruggito del fuoco.

I Vecchi Compari – Pt. 9 Attimi di disperazione

“M-m-mi d-d-dispiace, r-r-ragazzi. S-s-sono i-i-inciampato” balbettava sconfortato Antonio. Nessuno si sarebbe mai scagliato contro Antonio: la sua faccia pallida e il tremito che lo percorreva avevano fatto nascere in tutti un senso di disagio. In tutti, tranne in Luca. Il capo degli Allegri Compari non tollerava imprevisti, che venivano considerati alla pari di insubordinazione, e, come tali, dovevano essere puniti. E Antonio era terrorizzato dalle punizioni, più di quanto Rachele, la moglie di Silvano, fosse terrorizzata dagli inferi.

“Una cosa dovevi fare, una! Prestare attenzione!” Luca era fuori di sé: occhi sporgenti e bava alla bocca, sembrava volersi avventare sulla povera vittima per ridurla in carne macinata. Se avesse messo questa passione nella relazione con Anna, pensò Silvano, probabilmente Luigino non avrebbe dovuto consolarla. Se avesse impiegato quell’energia con la moglie, pensò Pietro, avrebbe avuto qualche ragazzino da inviare come spia dagli avversari.

“Giocherai! Giocherai lo stesso! Dovessi puntellarti su una sola gamba! E ti allenerai con me!”

Antonio guardava supplicante Pietro: sapeva che Luca lo avrebbe massacrato, non gli avrebbe dato tregua. Ma Pietro non osò, né volle intervenire. Inoltre, Luca sembrava sull’orlo di una crisi di nervi, e non voleva dargli lui la spintarella finale.

Ci pensò Silvano a dargliela: “Luca, calmati, si sistemerà tutto. Lascia stare Antonio. Mi alleno io con lui, così tu puoi lavorare con Pietr…”

SBAM

Luca aveva lanciato la sua boccia dritto verso Silvano, con una mira che non sembrava essere stata alterata dalla rabbia. Quando perdeva le staffe, Luca non diventava cieco: al contrario, vedeva tutto molto meglio del solito. Silvano non dovette andare in ospedale solo perché ebbe l’accortezza di chinarsi e assumere una poco onorevole posizione fetale.

“Zitto, sono io il capitano! Io! Puoi tentare di prendere il posto di Luigino, ma non quello di capitano!”

“Tu sei matto” gli urlò Silvano alzandosi.

Quel giorno Silvano non si allenò, né con Pietro né con Antonio. Prese le bocce, prese la sua sacca, e con passo deciso imboccò l’uscita del bocciodromo.

Luca agguantò Antonio sibilando: “Tu stai qui, e giochi. E tu, Pietro, pure. Facciamo un gioco a tre, alla faccia dei numeri primi e dei numeri dispari. Magari è la volta buona che qualcuno si faccia male per davvero!”.

Così dicendo, scagliò la seconda boccia, questa volta verso il pallino, che venne sbalzato e rotolò verso il fondo del campo.

Pietro non lo contraddisse. Antonio cercava di scusarsi, ma il balbettio rendeva tutto poco chiaro. Almeno, per una volta, nessuno parlava di Clara o di Anna.

I Vecchi Compari – Pt. 8 L’imprevisto

Pietro non aveva alcuna ringhiera da preparare, si intende. Solo non voleva passare la sera con Antonio e con l’alcol: la birra fa parlare, e lui non voleva parlare, soprattutto della storia di sua moglie, che sembrava interessare tutti. Se avesse saputo questa tendenza a curiosare, probabilmente non si sarebbe unito alla squadra. Più che Vecchi Compari, gli sembrava di far parte dei Vecchi Mariti Scontenti e Curiosi. Solo Silvano sembrava aver trovato un passatempo che lo rendeva soddisfatto.

In realtà, le cose non stavano esattamente come pensava Pietro. Silvano si stava avvicinando al posto che Luigino occupava nel cuore di Anna, ma era anni luce lontano dal letto della stessa, a causa della presenza costante di Luca. Questo non sembrava aver intuito le intenzioni di Silvano, ma dalla storia di Luigino doveva aver imparato a non lasciare la moglie sola con un uomo. E con sei allenamenti alla settimana, era difficile trovare un momento di libertà. Per Luigino era stato più facile, visto che Luca non era ancora in pensione quando aveva cominciato la sua avventura.

Squillò il cellulare di Luca: la suoneria era un pigolio a quattro tempi, piuttosto brutta a sentirsi.

“Disastro. È la fine! Non lo avevo previsto, eppure è successo! Ma le probabilità non era alte, affatto”.

Ovviamente era Luca. Silvano si sentì mancare la terra da sotto i piedi: che il matematico avesse capito i piani nei confronti di Anna?

“Calmati, Luca. È successo qualcosa con Anna?” Si rese subito conto della sua stupidità. Perché chiedere di Anna?

“Anna? No, no, si sta riprendendo alla grande dalla piccola depressione che stava attraversando. No, è Antonio!”

Strano che l’imprevisto fosse Antonio: di solito era Antonio a essere flagellato da imprevisti e disgrazie. Silvano si ricordava ancora la delusione di Luigino per la chiusura di I giochi di Dioniso.

“Cosa ha combinato Antonio?”

“Si è slogato una caviglia mentre lavorava in archivio. Mi spieghi come può allenarsi con la caviglia slogata? E ho iscritto la squadra nelle competizioni a quattro. Saremo squalificati!” Seguirono fiumi di lacrime, intramezzati dalla lontana voce di Silvano che cercava di tranquillizzarlo.

“Luca, una caviglia slogata fa presto a guarire, e la gara è tra un mese”.

“Meno di un mese”.

“Tempo comunque sufficiente per una slogatura. Antonio è un professionista, si allenerà anche con la caviglia fasciata, basta che usi l’altra gamba”.

Di certo non ci voleva. Luca sarebbe stato ancora più ansioso, per cui Silvano avrebbe avuto meno tempo per escogitare il suo piani di conquista. E gli dispiaceva anche per Antonio: sembrava essere una calamita per i guai, e ultimamente era di umore ancora più tetro del solito. Almeno Pietro portava un po’ di allegria.

Ma Pietro non era in realtà allegro. Sapeva che, da immobilizzato, Antonio avrebbe dato sfogo alla sua curiosità, prodigandosi con nuove domande su Clara. Anche ora che era bruciata in inferno, quella fedifraga gli metteva i bastoni fra le ruote.

I Vecchi Compari – Pt. 7 Piani d’attacco

Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era ormai alle porte. Ciò significava che era arrivato il momento di passare all’attacco. Questo famoso attacco prevedeva lo spionaggio degli avversari, in particolare di Vecchie Dentiere, Birilli Traballanti e Bocce del Conte, e alla realizzazione di nuovi schemi, sempre più aggressivi. A quest’ultima si stava dedicando Luca, allo spionaggio, invece, era dedito Silvano, che non era per nulla dispiaciuto del compito: a Silvano piaceva molto dover riferire le scoperte a Luca, recandosi personalmente nella dimora di quest’ultimo. Per farsi perdonare della sua costante presenza, non si dimenticava mai qualche pensiero per la padrona di casa. Per la verità, Anna non sembrava per nulla infastidita dalla presenza di Silvano, e soprattutto dalle sue attenzioni: il marito era completamente dedito all’imminente gara, e, in ogni caso, raramente le faceva dei regali, considerando il suo amore e il suo affetto più che sufficienti alle esigenze di Anna. Ma Anna era una donna romantica e Silvano si stava comportando come un emulo del compianto Luigino.

A quanto pareva, anche le squadre avversarie erano agguerrite: Pietro aveva alzato di peso e lanciato fuori dal bocciodromo tre spie provenienti da Bocce del Conte e due da Vecchie Dentiere, che avevano assoldato anche un nipote per poter osservare da vicino i nuovi sfidanti. Ma Pietro conosceva molto bene quel ragazzino: abitava vicino alla sua officina e spesso sua moglie aveva invitato la famiglia a pranzo. Anche il ragazzo fece un bel capitombolo fuori dalla porta, ma si alzò subito con uno scatto, fece una pernacchia a Pietro e urlò: “Io so, io so dove è andata Clara”. Poi scappò evitando agilmente la boccia di Pietro.

“Avresti potuto fargli male, Pierre” protestò Silvano.

“Pietro, mi chiamo Pietro. Odio il francese”.

“Va bene, va bene, calmati. A cosa faceva riferimento il moccioso? Lo sai che in una squadra non ci sono segreti”.

Pietro rise: “Non ne sono molto sicuro, che non abbiate segreti, vero Silvano? Come sta la moglie di Luca?”

Silvano rise e rientrò per cercare di calmare le grida sempre più isteriche di Luca, convinto che il nipote avversario gli avesse carpito la magnifica tecnica d’attacco del Faraone. Antonio dubitava molto che fosse un reale problema, perché quella tecnica era del tutto incomprensibile, come un geroglifico. Non espresse il suo pensiero, perché sarebbe stato irrispettoso nei confronti di Luca, e anche perché era compito di Silvano calmare il capo. Avrebbe approfittato di quella pausa per passare anche lui all’attacco, ma con Pietro.

“C-c-che c-c-cosa ha u-u-urlato quel b-b-bambino?” gli chiese curioso. In realtà aveva sentito tutto, nonostante gli ululati di Luca.

“Niente di che. Però è una buona idea mandare un giovane. Non possiamo convincere il figlio di Silvano a farci da spia?”

Antonio rise: “Ma P-P-Pietro, n-n-non lo s-s-sai? E-E-Enrico è d-don E-Enrico, un p-p-prete. C-con una m-m-mamma c-c-come q-q-quella, c-che a-altra c-c-carriera a-a-avrebbe p-p-potuto f-f-fare? E n-non hanno f-f-fatto a-a-altri f-f-figli. D-d-dubito c-che d-d-donna R-R-Rachele s-si s-sia p-più f-f-fatta t-t-toccare da S-S-Silvano: s-sai, s-s-sarebbe s-stato peccato mortale”. Peccato mortale gli uscì senza balbettio, come tutto ciò che era inerente alla sfera semantica della disperazione, della morte, della sfortuna.

“Hai pure ragione. E Luca? Ha figli?”

Altra risata: “N-no. P-p-penso c-che A-Anna ne v-volesse, m-ma n-non s-s-sono a-a-arrivati. Ho la s-s-sensazione c-che L-L-Luca n-non c-ci s-sappia m-m-molto f-f-fare, con la p-p-pratica: s-sai, è un m-m-matematico, uno di q-q-quelli t-t-teorici”.

Pietro guardò Antonio: certo, era il più sfortunato, era anche il più silenzioso, ma sembrava sapere tutto di tutti. Meglio stare in guardia, e non lasciarsi fuggire niente.

“D-d-d…d-d-dopo l’a-a-a-allenamento t-ti v-va u-u-una b-b-b…b-b-birra?” chiese Antonio, sferrando il suo attacco, anche se piuttosto debole e molto balbuziente.

“No, mi dispiace: devo finire una ringhiera. Puoi invitare Silvano”.

“M-m-macché” rispose deluso l’altro “L-l-lui v-va a c-cenare d-da L-L-Luca”.

I Vecchi Compari – Pt. 6 La Strategia

Buona parte dell’allenamento pratico, o azione, come amava chiamarlo Silvano, era costituito da strategia: i Vecchi Compari si sforzavano di mettere in pratica quei complicati schemi ideati da Luca, che venivano esposti dallo stesso davanti a una bottiglia di birra. In verità, era molto difficile rendere reali quei viaggi fantasiosi poiché non sempre le bocce si trovavano nell’esatta posizione ordinata da Luca, e anche perché non sempre gli altri componenti della squadra si ricordavano gli schemi. Pietro era l’unico giustificato, essendo l’ultimo arrivato, ma con gli altri Luca perdeva le staffe.

“La Pinza! Era un’ottima occasione per provare lo schema Pinza, Silvy!” sbraitò Luca. Silvano aveva una vaga idea di quale fosse questo schema Pinza, ma di certo capiva perché Anna si fosse innamorata del pacato, rassicurante Luigino, che poteva vantare una sensuale voce da basso. Neppure lui aveva una voce malvagia, pensò Silvano, di certo meglio di quella di Luca, che spesso scadeva nel falsetto.

“A-a-anche t-t-tu s-s-sei s-s-stato abbandonato”. C’era stato un cambio di squadra: Pietro era con Antonio che sembrava essere interessato alla sua relazione con la moglie quasi quanto Silvano.

“No, se ne è andata all’inferno, il posto che le spetta”. La boccia di Pietro superò di gran lunga il pallino, finendo quasi a fine campo.

“Pierre, avanti, concentrati e modera quella forza da orso”. Silvano si chiese se non avesse sopravvalutato le capacità del nuovo arrivato. Aveva comunque notato che l’argomento moglie era un tasto particolarmente poco apprezzato da parte di Pietro. Tra gli Allegri Compari, in effetti, tutti si risentivano quando qualcuno si interessava del partner, Antonio compreso. L’unico che sembrava non avere segreti era Luigino, che parlava della moglie con affetto.

“Il fuoco l’ha divorata” sbottò Pietro, stupendo Antonio non solo con la frase, ma anche con un lancio perfetto, che scalzò la boccia di Luca, avvicinandosi al pallino.

“Bravo Pietro, la mossa della Locusta, perfetto! E sei con noi da solo una settimana!”

“A-A-anch’io n-n-non s-s-so d-d-dove s-s-sia A-A-A…A-A-A…” Antonio non era proprio in grado di pronunciare il nome del suo amato, che si era dileguato assieme al negozio e agli altri amici. E di amici ne aveva avuti molti Antonio, poiché il negozio I giochi di Dioniso aveva attirato molti clienti, fra tutti Luigino e Anna, che sembravano sentirsi in dovere di raccontare alcuni particolari della loro vita sentimentale. Antonio e Alvise sapevano i segreti di tutti, a parte quelli di Rachele, che non si avvicinava nemmeno alla vetrina. Solo una volta era entrata, all’apertura del negozio, armata di acquasantiera e ulivo, nel tentativo di scacciare il diavolo. Ma il diavolo era entrato, vestito in giacca e cravatta, promettendo successo e denaro, e lasciando solo terra bruciata e solitudine.

“Non pensarci Antonio” disse Pietro accompagnando le parole con un colpetto sulla spalla. Il colpetto in verità non era troppo forte, ma Antonio fece un saltello spaventato proprio mentre lanciava al boccia.

“Bravissimo, Antonio! Magistrale! La mossa della Cavalletta!” Luca era estasiato, e guardava Antonio come se fosse un eroe.

“Quattro ore passate, ragazzi” fece notare Silvano “Senti Luca” aggiunse “non è che posso cenare con te e Anna? Rachele è al gruppo di preghiera. Loro digiunano, ma non mi è ben chiaro il motivo”.

Il caffè e la cena. A Luca non dispiaceva Silvano, perché lo considerava un pio uomo di chiesa, ma avrebbe voluto passare la sera con la moglie, senza metterla sotto pressione. Sarebbe stato sgarbato, però, rifiutare la richiesta di un amico, e Anna non sembrava infastidita dalla presenza di Silvano.

“Certo, non ci metto nulla ad aggiungere un posto a tavola”.

Quel giorno, Antonio e Pietro avevano vinto, ma Silvano si sentì il vincitore di tutte le coppe del Gran Torneo delle Bocce e dei Bocciatori di tutte le epoche.