Il fabbricante di bambole – Pt. 1

Le bambole gli avevano sempre fatto paura, un timore che era condiviso da molte altre persone. Involucri vuoti con le sembianze di bambine perfette che non invecchiano mai, dai grandi occhi che non si chiudono e che sembrano guardare in un vuoto senza fine.

Le bambole terrorizzavano Faber fin dall’infanzia, fin da quando la sua sorellina Eleonor aveva cominciato a giocare e a dare vita alle sue bambole. Nonostante ciò, Faber era diventato un fabbricante di bambole.

E non era nemmeno un fabbricante qualsiasi. Era il più famoso, il più richiesto, il più acclamato fabbricante di bambole del paese e non solo. Venivano re lontani ed esotici per comparare bambole che fossero all’altezza di una principessa, signori e ricchi mercanti lo pregavano e lo coprivano d’oro per avere una sua creazione da portare in omaggio alle proprie figlie.

Dopotutto Faber non era un artigiano come gli altri, e le altre bambole non potevano nemmeno competere con le sue. Perché Faber aveva un segreto e il suo segreto avvolgeva di meraviglia dei semplici, umili balocchi.

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Il cuoco

Un pittore usa pennelli e colori, il Cuoco utilizzava altri strumenti, ma il risultato non era da meno: pura arte. Ma nell’ultimo periodo la sua arte si era un po’ offuscata: le note amare si facevano ogni giorno più preponderanti, le salse tendevano a fare grumi, il sale era sempre mal dosato. Il Cuoco era molto contrariato: la sua arte sembrava essere in forse.

Il problema non era certo la sua tecnica a peccare, era l’umore a non funzionare. Il problema era chiamato Sylvie. Sylvie era come una maionese ben fatta: leggera, gustosa e con carattere. Sylvie era la moglie del Cuoco, e ne era stata anche la musa: i migliori piatti erano stati realizzati al suo pensiero. Al Cuoco non piceva ammetterlo, ma anche i peggiori piatti dipendavano interamente da Sylvie. Lei era la sua fortuna e la sua rovina.

A far impazzire la maionese, era stato Marc. Marc era il male, Marc era l’amante della bella Sylvie. E il Cuoco era venuto a saperlo da delle risatine che erano sfuggite dalle labbra di due suoi aiutanti, entrambi licenziati in tronco. Le risate erano scomparse, ma non il dubbio del Cuoco, che continuava a corrodergli il cervello come una goccia insistente di aceto. Marc doveva essere eliminato, per ripristinare l’ordine, per impedire alla mionese di impazzire di nuovo.

Il cuoco aveva organizzato una cena a due con la moglie. Lui e lei come ai vecchi tempi, senza alcun terzo incomodo. Marc sarebbe stato eliminato. Con questo pensiero fisso, il Cuoco aveva preparato una delle cene più riuscite della sua carriera, e tutto per riconquistare la moglie, per dimostrarle che era lui il suo eroe. Marc era stato eliminato.

Esatto, Marc era stato eliminato.

Era questo il pensiero che accompagnò il Cuoco mentre vedeva Sylvie mangiare il filetto con gusto. Marc non era più un problema.

Dicono che il Cuoco e la dolce moglie fossero impazziti. Dicono che nascondessero un segreto più grande di qualsiasi ricetta da Cuoco acclamato, e che questo segreto cementasse il loro matrimonio. Marc non si fece più vivo.

I Vecchi Compari – Pt 12 Segreti e tradimenti

Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era ormai alle porte, per cui gli allenamenti si fecero più intensi e Antonio più nervoso. Non solo temeva l’ennesima sconfitta, il che peggiorava notevolmente le sue balbuzie, ma aveva paura che dopo il fallimento Pietro se ne sarebbe andato dalla squadra, togliendogli ogni possibilità di rimpiazzare Alvise nel suo cuore.

“P-p-posso f-f-fare s-s-squadra c-c-con P-P-Pietro? M-m-mi t-t-tranquillizza”.

“Va bene Antonio, ma comportati bene e stai tranquillo: abbiamo la vittoria praticamente in tasca”. Luca era diventato particolarmente positivo da quando la moglie Anna aveva ritrovato il sorriso. Inoltre la squadra stava migliorando notevolmente: Silvano sembrava aver ritrovato un’energia da ragazzino, e in effetti si sentiva ringiovanito grazie alle prodezze che rendevano così felice Anna, Antonio sembrava più motivato, anche se il motivo principale di questo vigore solo in parte si trovava nel Torneo, e Pietro si mostrava sempre allegro e forte. C’era sempre il dubbio che nascondesse qualcosa, ma decise di non darlo a vedere.

“S-s-sai P-P-Pietro. M-mi manca m-molto A-A-A…A… hai c-c-capito. A-a t-te manca C-C-Clara?”

Pietro sbuffò mentre lanciava la boccia: “Ottimo Pietro, la mossa della Locomotiva! Sei un talento” gli urlò Luca estasiato. Se non ci fosse stata Anna, Pietro avrebbe pensato di aver un altro spasimante oltre ad Antonio. “Non avranno scampo, Luca!” rispose mentre se ne tornava vicino ad Antonio.

“Senti Antonio, mi dispiace che tu stia male per Alvise. Ma devi andare avanti.  E no, non mi manca Clara: se ne è andata, non tornerà, e non voglio che qualcun altro prenda il suo posto. Sono solo, e da solo sto benissimo”. Sperava di aver messo a tacere una volta per tutte le curiosità di Antonio.

“S-sei s-strano, P-Pietro”. Antonio balbettava meno: aveva capito il punto di debolezza, e non aveva la minima intenzione di mollare la presa.

Dopo l’allenamento Pietro si avvicinò a Luca: “Hai mai dubitato di uno di noi?”. Luca lo guardò attentamente: che avesse intuito i suoi sospetti? Strano, perché Pietro gli sembrava un gigante gentile, un po’ come Luigino, senza però la passione per Anna, il che non era male.

“No, certo che no” disse Luca dandogli una pacca sulla spalla. Sentì i muscoli contratti di Pietro.

“Non per la squadra, in generale, dico. Nessuno si svenderebbe alle Bocce del Conte, lo so bene. Ma non ti è mai venuto il dubbio su Antonio? Che negozio aveva prima di fallire”.

Luca arrossì violentemente: “non lo so di precisione. Mi sembrava qualche gioco per… ehm… adulti. Penso, per sentire dire, io non ci sono mai entrato. E penso neppure Silvano, con quella Rachele i giochi sono vietati anche per i bambini. Perché?”

“No, niente, scusa Luca, sono solo un po’ stanco. Una doccia, ecco quello che ci vuole”.

Almeno adesso Pietro aveva compreso da dove provenisse l’onniscienza di Antonio: era il confessore laico di tutto il paese. Era abituato a sapere i segreti altrui, e non avrebbe fatto sconti neppure a Pietro.

Sulla strada per casa, Antonio si fermò al bar. Era da anni che non ci entrava, da quando gli era sorto quel problema con le balbuzie, in effetti. Quando si sedette al banco, gli sembrò di essere tornato al passato.

“Guarda un o’ chi è tornato: Tony! Il solito?” lo accolse il barista.

“Sì, grazie Frank”. Era proprio come una volta. Niente balbettii e un sorriso per tutti.

“Ehi, Frank, tu che sia tutto: cosa puoi dirmi di Clara, la moglie fuggita del fabbro? Tu non sai quanto mi manchi il mio negozio”.

Frank sorrise, e iniziò a raccontare: “Tutto cominciò con un tradimento…”

I Vecchi Compari – Pt 11 Ritorno alla normalità

Come aveva previsto Silvano tutto tornò al suo posto: la caviglia di Antonio migliorava a vista d’occhio, come anche l’umore di Luca, che si fece più ciarliero, soprattutto con Pietro. Anna sembrava aver ritrovato la sua allegria, nonché una qualche soddisfazione, Rachele non era così insopportabile per Silvano, che aveva l’aspetto di aver dimenticato il sibilo assassino della boccia di Luca che lo sfiorava. Anche Antonio era più energico del solito: non voleva lasciarsi scappare nessuna occasione per catturare Pietro e per conoscere la storia di Clara. Percepiva che quel segreto costituiva la chiave giusta per conquistare il nuovo compagno. L’unico a non aver variato il suo aspetto pacioso era Pietro, il cui solo fine era divertirsi senza che gli altri mettessero il naso nei suoi affari.

“Una piccola pausa corrobora mente e corpo, vero ragazzi?”

A parlare era stato Luca, e Silvano non poteva fare a meno di concordare: la pausa era stata molto corroborante e soddisfacente, da ogni punto di vista. Ancora si chiedeva, però, se Luca sapesse tutto, come aveva dimostrato di sapere tutto di Luigino. Il che avrebbe spiegato anche la boccia volante. Eppure l’atteggiamento di Luca non era cambiato, se non che dedicava molto attenzione per Pietro. Silvano non si fece troppo domande: i guai arrivano se chiamati.

“Ehi, Pierre, ora ti tocca giocare con il boss! Io e Antonio siamo spacciati, vero?” urlò Silvano, ignorando la smorfia sul volto di Pietro, che odiava quel nomignolo. Clara aveva passato molti anni in Francia.

“Così imparo dal maestro. Attento Silvano: posso diventare pericoloso!” ruggì Pietro con fare canzonatorio.

Dopo aver controllato che non ci fossero spie nascoste, cominciarono a tirare a bocce.

“Allora Pietro” disse Luca mentre osservava attentamente la mossa di Silvano “come ti stai trovando nella squadra? Ti piace il gioco? Ehi, Silv, non così: prova a usare la mossa del Mangiafuoco!”

Silvano guardò Luca sorridendo, ma non aveva la minima idea di che cosa fosse la mossa del Mangiafuoco. Tentò di lanciare la boccia e…

“Ma no, no, quella è la mossa del Calamaro. Non dico che sia sbagliata, ma con la posizione attuale ti conviene fare questa, guarda”. Luca si esibì in una piroetta, un saltellino, si abbasso con agilità scricchiolante, tese il braccio, rilascio la boccia, che saltò quella di Antonio per posizionarsi proprio vicino al pallino.

“Devi saltare l’ostacolo per avvicinarti alla meta, Siv, dovresti saperlo bene”. Ora toccava ad Antonio, che cercò di fare una Mantide, ma gli riuscì comprensibilmente un po’ zoppa. Luca non commentò la mossa, dimostrando una inusuale comprensione, e mentre guardava Antonio riprovare si rivolse al suo compagno.

“E tu, Pietro, che ostacoli hai dovuto superare? Non devi avere segreti con la squadra, lo sai. Fiducia totale. E a proposito di segreti, a cosa si riferiva il ragazzino?”.

Pietro lo scrutò senza cambiare espressione, ma il suo cuore era una fucina bollente pronta a scoppiare. Perché mai tutti si volevano fare i suoi affari? Era quasi tentato di spifferare quello che aveva intuito sul caro Silv.

“Tutto bene, Luca, figurati: siamo una squadra incredibile, non ti sembra? Siamo uniti, compatti, certo qualche screzio può sorgere, ma non ho dovuto affrontare alcun ostacolo, qui da voi. E per quanto riguarda il moccioso, chi lo sa cosa passa nella testolina di quel teppista”.

Così facendo si prodigò nella mossa dell’Insoddisfatto, come lo era Luca, scalzando la boccia di quest’ultimo un po’ più lontano dal pallino di quanto fosse la sua. Lo guardò soddisfatto: “Luca, penso proprio che la prossima mossa sia quella del Cauto, non si sa mai, soprattutto con Silvano”.

I Vecchi Compari – Pt. 10 Ognuno per la sua strada

Non fu un giorno felice per i Vecchi Compari. Sia chiaro, si trattava di un bisticcio passeggero, nulla di eccessivamente grave. La tensione per l’approcciarsi del Torneo aveva solo esacerbato qualche spigolo un po’ troppo pronunciato di qualche componente. Tutti sapevano, però, che all’allenamento successivo sarebbero stati presenti i quattro componenti, allegri e agguerriti come sempre. Ma quel giorno no, quel giorno Silvano non si allenò e non tronò da Rachele. Quel giorno Luca si allenò senza schemi e sbagliò tutte le mosse. Quel giorno Pietro non si impegnò e non fece sentire la sua risata ferrosa. Quel giorno Antonio seguitava a lamentarsi.

Quel giorno i Vecchi Compari presero strade differenti.

Iniziamo da Silvano. Silvano non si diresse a casa sua, ma a quella di Luca, scelta ovvia. Oltre a essere offeso per quello che aveva vissuto come un tentato omicidio da parte di Luca, Silvano aveva visto l’opportunità di sostituire effettivamente Luigino: il legittimo marito si sarebbe trattenuto con gli altri due per tutto il tempo dell’allenamento, nel tentativo di far sentire Antonio, se possibile, ancora più colpevole. Silvano aveva, dunque, libero accesso ad Anna che, quando lo vide sulla soglia di casa, lo fece entrare curiosa e preoccupata. Non si scambiarono molte parole, come potete ben immaginare. Anna ritrovò una consolazione e quella passione che i freddi numeri non erano mai riusciti ad accontentare. Silvano ritrovò un corpo caldo e vibrante, che non aveva paura delle fiamme dell’inferno. In quegli abbracci Silvano trovò una donna che chiedeva amore, e Anna trovò un uomo che sapeva amare.

Quando Luca tronò a casa, trovò una moglie sorridente, che non serbava più alcuna traccia di tristezza. Non ci fece molto caso, anche perché non era mai stato molto bravo a capire i sentimenti umani, molto meno chiari dei numeri. Si lanciò invece in un infervorato racconto della giornata, omettendo la boccia che era volata verso Silvano e il pianto disperato di Antonio all’ennesimo rimprovero. Si soffermò sulle sue capacità, sul molleggiamento delle sue ginocchia mai stanche, e sulla goffaggine di Antonio, che per poco non si slogava anche l’altra caviglia. Infine condivise con la moglie il dubbio che qualcuno della squadra nascondesse qualcosa. Era convinto che i segreti fossero come delle talpe: scavavano sotto terra, non viste e non sentite, togliendo terra e stabilità alle fondamenta più solide. Anna lo guardò un po’ accigliata: il marito non aveva mai sospettato di Luigino, o non lo aveva mai dato a vedere. “Non può essere che Pietro” concluse Luca “è lui il nuovo arrivato”.

Che Pietro avesse un segreto era chiaro anche a Antonio. Peccato che il suo negozio fosse fallito: quasi tutti nel paese erano suoi clienti, anche se nessuno voleva che gli altri lo sapessero. E tutti i clienti si lasciavano andare a confidenze o chiedevano consiglio. Luigino era stato il primo, e infatti non era molto contento di trovarsi Antonio in squadra. Ma la fornitura che lui e Alvise garantivano era di prima qualità e Antonio non si era mai fatto sfuggire nulla. Ora, scoprire il segreto di Pietro era diventato il secondo problema fondamentale per Antonio. Il primo rimanevano i debiti e la fuga di Alvise. Sperava con tutto se stesso che il segreto andasse a vantaggio della cotta che Antonio nutriva nei confronti del nuovo compagno di squadra, il che avrebbe spiegato anche l’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie. Grazie a questa vaga speranza, Antonio riuscì a riprendersi dal trauma causato da Luca, e iniziò a ideare la sua strategia per capire che cosa nascondesse il bel Pietro.

Antonio era nei pensieri di Pietro, ma non nel senso che Antonio avrebbe sperato. Pietro sapeva che la storia di Clara aveva acceso le malelingue del paese, tra le quali figurava anche Rachele. Ma non era la frigida Rachele e neppure l’innamorato Silvano a preoccuparlo. Antonio sapeva i segreti di tutti, e avrebbe tentato di carpire anche il suo. Guardò verso la fucina spenta e nera, ma rossa e viva nei suoi occhi. Ancora la vedeva, vedeva Clara là davanti, che gli gettava contro una sfilza di ingiurie, come carboni ardenti, la vedeva mentre lo derideva, mentre gli ricordava che mai avrebbe potuto dirsi veramente uomo. E sentiva ancora la soddisfazione quando le sue grida, coperte dal maglio e dal martello, erano state infine inghiottite dal ruggito del fuoco.