Follia

Quando aprii gli occhi non vidi nulla. Il sole non splende più per me. Quando parlai, non pronunciai parola: l’aria non vuole più accogliere la mia voce. Vedo il mare tinto di sangue, sento il pianto di mio padre e le risate di questi marinai.

“Sorella, torna con me”.

È mio fratello che mi parla. Lui mi parlerà sempre, con una bocca che sa di sale, guardandomi con occhi persi nelle profondità marine. Non posso tornare. Il tradimento verrebbe punito.

“Sorella, ricordati chi sono”.

Certo. Sei il fratello che ha inseguito lo straniero per riprendere un semplice vello e una sorella traditrice. Non tornerò, e neppure tu.

“Sorella, non farmi del male”.

Io no, non potrei mai. Questi marinai, invece, possono. E seguirono le mie indicazioni, cosicché nostro padre si fermasse a raccoglierti, pezzo per pezzo. Non tornerò a casa, ho scelto di seguire una lingua che non conosco, un uomo che guarda l’orizzonte con forse troppa avidità.

Medea ha scelto, ma il sole sussurra storie nefaste.

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Il cuoco

Un pittore usa pennelli e colori, il Cuoco utilizzava altri strumenti, ma il risultato non era da meno: pura arte. Ma nell’ultimo periodo la sua arte si era un po’ offuscata: le note amare si facevano ogni giorno più preponderanti, le salse tendevano a fare grumi, il sale era sempre mal dosato. Il Cuoco era molto contrariato: la sua arte sembrava essere in forse.

Il problema non era certo la sua tecnica a peccare, era l’umore a non funzionare. Il problema era chiamato Sylvie. Sylvie era come una maionese ben fatta: leggera, gustosa e con carattere. Sylvie era la moglie del Cuoco, e ne era stata anche la musa: i migliori piatti erano stati realizzati al suo pensiero. Al Cuoco non piceva ammetterlo, ma anche i peggiori piatti dipendavano interamente da Sylvie. Lei era la sua fortuna e la sua rovina.

A far impazzire la maionese, era stato Marc. Marc era il male, Marc era l’amante della bella Sylvie. E il Cuoco era venuto a saperlo da delle risatine che erano sfuggite dalle labbra di due suoi aiutanti, entrambi licenziati in tronco. Le risate erano scomparse, ma non il dubbio del Cuoco, che continuava a corrodergli il cervello come una goccia insistente di aceto. Marc doveva essere eliminato, per ripristinare l’ordine, per impedire alla mionese di impazzire di nuovo.

Il cuoco aveva organizzato una cena a due con la moglie. Lui e lei come ai vecchi tempi, senza alcun terzo incomodo. Marc sarebbe stato eliminato. Con questo pensiero fisso, il Cuoco aveva preparato una delle cene più riuscite della sua carriera, e tutto per riconquistare la moglie, per dimostrarle che era lui il suo eroe. Marc era stato eliminato.

Esatto, Marc era stato eliminato.

Era questo il pensiero che accompagnò il Cuoco mentre vedeva Sylvie mangiare il filetto con gusto. Marc non era più un problema.

Dicono che il Cuoco e la dolce moglie fossero impazziti. Dicono che nascondessero un segreto più grande di qualsiasi ricetta da Cuoco acclamato, e che questo segreto cementasse il loro matrimonio. Marc non si fece più vivo.

I Vecchi Compari – Pt 12 Segreti e tradimenti

Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era ormai alle porte, per cui gli allenamenti si fecero più intensi e Antonio più nervoso. Non solo temeva l’ennesima sconfitta, il che peggiorava notevolmente le sue balbuzie, ma aveva paura che dopo il fallimento Pietro se ne sarebbe andato dalla squadra, togliendogli ogni possibilità di rimpiazzare Alvise nel suo cuore.

“P-p-posso f-f-fare s-s-squadra c-c-con P-P-Pietro? M-m-mi t-t-tranquillizza”.

“Va bene Antonio, ma comportati bene e stai tranquillo: abbiamo la vittoria praticamente in tasca”. Luca era diventato particolarmente positivo da quando la moglie Anna aveva ritrovato il sorriso. Inoltre la squadra stava migliorando notevolmente: Silvano sembrava aver ritrovato un’energia da ragazzino, e in effetti si sentiva ringiovanito grazie alle prodezze che rendevano così felice Anna, Antonio sembrava più motivato, anche se il motivo principale di questo vigore solo in parte si trovava nel Torneo, e Pietro si mostrava sempre allegro e forte. C’era sempre il dubbio che nascondesse qualcosa, ma decise di non darlo a vedere.

“S-s-sai P-P-Pietro. M-mi manca m-molto A-A-A…A… hai c-c-capito. A-a t-te manca C-C-Clara?”

Pietro sbuffò mentre lanciava la boccia: “Ottimo Pietro, la mossa della Locomotiva! Sei un talento” gli urlò Luca estasiato. Se non ci fosse stata Anna, Pietro avrebbe pensato di aver un altro spasimante oltre ad Antonio. “Non avranno scampo, Luca!” rispose mentre se ne tornava vicino ad Antonio.

“Senti Antonio, mi dispiace che tu stia male per Alvise. Ma devi andare avanti.  E no, non mi manca Clara: se ne è andata, non tornerà, e non voglio che qualcun altro prenda il suo posto. Sono solo, e da solo sto benissimo”. Sperava di aver messo a tacere una volta per tutte le curiosità di Antonio.

“S-sei s-strano, P-Pietro”. Antonio balbettava meno: aveva capito il punto di debolezza, e non aveva la minima intenzione di mollare la presa.

Dopo l’allenamento Pietro si avvicinò a Luca: “Hai mai dubitato di uno di noi?”. Luca lo guardò attentamente: che avesse intuito i suoi sospetti? Strano, perché Pietro gli sembrava un gigante gentile, un po’ come Luigino, senza però la passione per Anna, il che non era male.

“No, certo che no” disse Luca dandogli una pacca sulla spalla. Sentì i muscoli contratti di Pietro.

“Non per la squadra, in generale, dico. Nessuno si svenderebbe alle Bocce del Conte, lo so bene. Ma non ti è mai venuto il dubbio su Antonio? Che negozio aveva prima di fallire”.

Luca arrossì violentemente: “non lo so di precisione. Mi sembrava qualche gioco per… ehm… adulti. Penso, per sentire dire, io non ci sono mai entrato. E penso neppure Silvano, con quella Rachele i giochi sono vietati anche per i bambini. Perché?”

“No, niente, scusa Luca, sono solo un po’ stanco. Una doccia, ecco quello che ci vuole”.

Almeno adesso Pietro aveva compreso da dove provenisse l’onniscienza di Antonio: era il confessore laico di tutto il paese. Era abituato a sapere i segreti altrui, e non avrebbe fatto sconti neppure a Pietro.

Sulla strada per casa, Antonio si fermò al bar. Era da anni che non ci entrava, da quando gli era sorto quel problema con le balbuzie, in effetti. Quando si sedette al banco, gli sembrò di essere tornato al passato.

“Guarda un o’ chi è tornato: Tony! Il solito?” lo accolse il barista.

“Sì, grazie Frank”. Era proprio come una volta. Niente balbettii e un sorriso per tutti.

“Ehi, Frank, tu che sia tutto: cosa puoi dirmi di Clara, la moglie fuggita del fabbro? Tu non sai quanto mi manchi il mio negozio”.

Frank sorrise, e iniziò a raccontare: “Tutto cominciò con un tradimento…”

I Vecchi Compari – Pt. 3 Luca, il mago dei numeri

A capo di quel ristretto gruppo di non proprio giovani promesse del gioco delle bocce vi era Luca, il matematico incallito, la mente calcolatrice, uno dei giocatori più apprezzati, e non solo per la sua abilità sportiva. Si dava il caso che Luca fosse sposato con donna Anna, Anna la bella, Anna la conquistatrice. Gli epiteti che contraddistinguevano la signora non erano mai volgari, perché, fin da giovane età, Anna si era contraddistinta per la sua innata sensualità. Sembrava che per lei conquistare uomini fosse uno sport migliore delle bocce stesse. La sua non era una bellezza aggressiva, non era di quelle donne che fanno voltare il capo. Era semplicemente la donna che tutti avrebbero voluto avere al proprio fianco: ironica, colta, con un sorriso che avrebbe smosso l’animo anche del più serafico santo. E quando cantava, avresti detto che gli angeli stessi del paradiso fossero scesi in terra. Un tantino esagerato, direte voi: eppure, provate a chiedere a Luca, o a Silvano. Anche Luigino, se potesse, vi racconterebbe dell’ineffabile bellezza di Anna. In effetti Luigino si dilungherebbe anche su qualche cosa d’altro, ma è meglio non indagare in questa sede. In ogni caso, gli anni non sembravano aver scalfito quel fascino, e Anna rimaneva una delle donne più desiderate e più sognate del paese.

Eppure, c’era qualcuno che proprio non sopportava Anna: erano le comari, quelle arcigne mogli che non sembravano mai essere state sfiorate dalla gioventù. Luca veniva considerato una sorta di zerbino, uno schiavo della moglie mangiatrice di uomini, anzi di mariti, i loro. Non abbiate mai l’ardire di nominare Anna davanti alla vedova di Luigino, a meno che non vogliate vedere un’arpia in carne e ossa: qualora abbiate l’ardire di fare una cosa così insensata, scappate, prima che vi cavi gli occhi.

In ogni caso, era Luca ad avere la fortuna di godere della bellezza e della arguzia di Anna. Non Luigino, che prima della dipartita poteva sperare di passare con la bella poche ore al mese, e neppure Silvano, che su Anna non aveva ancora posato un dito. Non sembrava neppure dispiaciuto del fatto che Luigino fosse stato trovato morto, a casa sua, sulla sua alcova, più svestito che vestito, in compagnia della sua mogliettina. In realtà non disse nessuna parola a riguardo. Muto, come il pesce che nuotava oziosamente nel suo salotto. Chissà di che cosa era stato testimone quel pesce! In ogni caso, Luca si presentò al funerale di Luigino, con affianco un’affranta moglie, pianse le lacrime necessarie per onorare un amico e un compagno, gettando, quindi, una tanica di benzina sul fuoco delle malelingue.

Anna a parte, Luca era anche conosciuto per la sua abilità con i numeri. In effetti, era laureato in matematica e insegnava la stessa materia nel liceo della vicina città. Questa sua passione tendeva, però, a sfociare nell’ossessione: i numeri avevano un significato preciso per Luca, la loro disposizione, la loro presenza avevano delle conseguenze. I numeri dispari o, peggio ancora, i numeri primi erano per lui intollerabili.

Tre aveva tutte le caratteristiche di un numero intollerabile, per cui bisognava portare la squadra al numero quattro o al due. Quest’ultima ipotesi non gli sarebbe dispiaciuto, soprattutto se avrebbe comportato l’allontanamento di Silvano. Ma non se la sentiva di fare squadra con l’altro membro dei Vecchi Compari, e Silvano era troppo abile per rinunciarvi. Si sarebbe limitato a tenerlo lontano da casa sua.

Pietro, Pietro era perfetto. Lo capì subito dal non proprio sottile ricatto con cui il fabbro lo aveva indotto ad accoglierlo in squadra. Inoltre, gli piacevano molto le voci sulla fuga della moglie di Pietro: non gli sembrava un pericolo per la sua vita coniugale. Magari avrebbe potuto anche invitarlo per un caffè. In realtà era un pensiero del tutto peregrino: nelle successive settimane non lo invitò mai, la prudenza non era mai troppa, soprattutto in un periodo così delicato per Anna.

Come capo dei Vecchi Compari, impose Pietro a Silvano e iscrisse il gruppo al prestigioso Gran Torneo di Bocce e Bocciatori del paese.