Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era ormai alle porte, per cui gli allenamenti si fecero più intensi e Antonio più nervoso. Non solo temeva l’ennesima sconfitta, il che peggiorava notevolmente le sue balbuzie, ma aveva paura che dopo il fallimento Pietro se ne sarebbe andato dalla squadra, togliendogli ogni possibilità di rimpiazzare Alvise nel suo cuore.
“P-p-posso f-f-fare s-s-squadra c-c-con P-P-Pietro? M-m-mi t-t-tranquillizza”.
“Va bene Antonio, ma comportati bene e stai tranquillo: abbiamo la vittoria praticamente in tasca”. Luca era diventato particolarmente positivo da quando la moglie Anna aveva ritrovato il sorriso. Inoltre la squadra stava migliorando notevolmente: Silvano sembrava aver ritrovato un’energia da ragazzino, e in effetti si sentiva ringiovanito grazie alle prodezze che rendevano così felice Anna, Antonio sembrava più motivato, anche se il motivo principale di questo vigore solo in parte si trovava nel Torneo, e Pietro si mostrava sempre allegro e forte. C’era sempre il dubbio che nascondesse qualcosa, ma decise di non darlo a vedere.
“S-s-sai P-P-Pietro. M-mi manca m-molto A-A-A…A… hai c-c-capito. A-a t-te manca C-C-Clara?”
Pietro sbuffò mentre lanciava la boccia: “Ottimo Pietro, la mossa della Locomotiva! Sei un talento” gli urlò Luca estasiato. Se non ci fosse stata Anna, Pietro avrebbe pensato di aver un altro spasimante oltre ad Antonio. “Non avranno scampo, Luca!” rispose mentre se ne tornava vicino ad Antonio.
“Senti Antonio, mi dispiace che tu stia male per Alvise. Ma devi andare avanti. E no, non mi manca Clara: se ne è andata, non tornerà, e non voglio che qualcun altro prenda il suo posto. Sono solo, e da solo sto benissimo”. Sperava di aver messo a tacere una volta per tutte le curiosità di Antonio.
“S-sei s-strano, P-Pietro”. Antonio balbettava meno: aveva capito il punto di debolezza, e non aveva la minima intenzione di mollare la presa.
Dopo l’allenamento Pietro si avvicinò a Luca: “Hai mai dubitato di uno di noi?”. Luca lo guardò attentamente: che avesse intuito i suoi sospetti? Strano, perché Pietro gli sembrava un gigante gentile, un po’ come Luigino, senza però la passione per Anna, il che non era male.
“No, certo che no” disse Luca dandogli una pacca sulla spalla. Sentì i muscoli contratti di Pietro.
“Non per la squadra, in generale, dico. Nessuno si svenderebbe alle Bocce del Conte, lo so bene. Ma non ti è mai venuto il dubbio su Antonio? Che negozio aveva prima di fallire”.
Luca arrossì violentemente: “non lo so di precisione. Mi sembrava qualche gioco per… ehm… adulti. Penso, per sentire dire, io non ci sono mai entrato. E penso neppure Silvano, con quella Rachele i giochi sono vietati anche per i bambini. Perché?”
“No, niente, scusa Luca, sono solo un po’ stanco. Una doccia, ecco quello che ci vuole”.
Almeno adesso Pietro aveva compreso da dove provenisse l’onniscienza di Antonio: era il confessore laico di tutto il paese. Era abituato a sapere i segreti altrui, e non avrebbe fatto sconti neppure a Pietro.
Sulla strada per casa, Antonio si fermò al bar. Era da anni che non ci entrava, da quando gli era sorto quel problema con le balbuzie, in effetti. Quando si sedette al banco, gli sembrò di essere tornato al passato.
“Guarda un o’ chi è tornato: Tony! Il solito?” lo accolse il barista.
“Sì, grazie Frank”. Era proprio come una volta. Niente balbettii e un sorriso per tutti.
“Ehi, Frank, tu che sia tutto: cosa puoi dirmi di Clara, la moglie fuggita del fabbro? Tu non sai quanto mi manchi il mio negozio”.
Frank sorrise, e iniziò a raccontare: “Tutto cominciò con un tradimento…”