Campi Elisi – Pt. 11

“C’è molto dolore in questi luoghi, poeta. Un dolore antico, che riecheggia come se Eco fosse stata intrappolata in queste mura. Ma Eco è una ninfa, ed è tornata a far parte della natura, non come noi, condannati a non sentire mai più il calore del sole. Sole, padre mio, non mi hai impedito di soffrire terribili sventure in vita”.

“Medea, riconoscerei la tua voce da fattucchiera tra mille donne. Molti direbbero che sei stata tu stessa artefice della tua rovina”.

“La gente parla, ma la gente non sempre sa. Giudicano usando loro stessi come unità di misura, ma rispetto alla mia, loro non sono che piccoli e insignificanti nani”.

“Le tue mani sono sporche di sangue. Sangue di fratello, sangue dei figli. Hai sparso la morte con i tuoi veleni e con le tue azioni”.

“Gli infidi veleni sono per i nemici che non meritano la mia presenza. Ma le mie creature, e anche quel giovane che ha cercato di fermarmi, loro hanno meritato che le mie mani si stringessero sulle loro membra. Ho voluto assistere a ogni singolo respiro, fino all’ultimo momento, in cui gli occhi luccicano più del sole. I sacrifici sono necessari. Lo chiedono gli dei, lo chiede l’amore. La colpa risiede in quell’infido uomo che mi promise amore, ma mi diede solo una vita in esilio, negletta e sempre straniera, in una terra che non ha mai voluto riconoscermi”.

“L’errore causa grandi dolori. Ma può questo rancore giustificare il sangue sparso? Può essere abbastanza per calare il coltello sul collo dei figli?”

“Non ci sono innocenti in questi campi, Omero. Ne hai forse trovato qualcuno?”

“Eppure, tra tutti, ti hanno chiamato assassina”.

“E sono qui, tra gli amati dagli dei”

“Imperscrutabili sono i piani degli dei”

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Follia

Quando aprii gli occhi non vidi nulla. Il sole non splende più per me. Quando parlai, non pronunciai parola: l’aria non vuole più accogliere la mia voce. Vedo il mare tinto di sangue, sento il pianto di mio padre e le risate di questi marinai.

“Sorella, torna con me”.

È mio fratello che mi parla. Lui mi parlerà sempre, con una bocca che sa di sale, guardandomi con occhi persi nelle profondità marine. Non posso tornare. Il tradimento verrebbe punito.

“Sorella, ricordati chi sono”.

Certo. Sei il fratello che ha inseguito lo straniero per riprendere un semplice vello e una sorella traditrice. Non tornerò, e neppure tu.

“Sorella, non farmi del male”.

Io no, non potrei mai. Questi marinai, invece, possono. E seguirono le mie indicazioni, cosicché nostro padre si fermasse a raccoglierti, pezzo per pezzo. Non tornerò a casa, ho scelto di seguire una lingua che non conosco, un uomo che guarda l’orizzonte con forse troppa avidità.

Medea ha scelto, ma il sole sussurra storie nefaste.

Medea

Nipote del Sole. Perenne straniera a casa propria. Sarà la mia cadenza, il mio aspetto, la mia pelle, le mie vesti. Qui tutti mi guardano con sospetto.

Strega, incantatrice, ingannatrice. Straniera, assassina, parricida.

Parole taglienti che mi inseguono ovunque vada.

Ma ho sempre sopportato per amore di quest’uomo. Per lui tradii la mia famiglia, abbandonai la mia patria lasciandomi alle spalle una scia cruenta di sangue.

Con le mie mani l’ho fatto a pezzi. Con le mie mani l’ho gettato dalla nave. Con le mie mani rosse.

E mio padre perse figlio e figlia.

Ed ora io non basto. Cupido mi volge le spalle e vola verso quella ragazza silente.

Si è dimenticato forse dei nostri figli? Dei miei inganni? Chi sarebbe lui senza il mio aiuto?

È ora di vendetta. Le mie mani torneranno rosse. È ora che il dolore cali sul suo capo. È ora che mi riprenda ciò che gli ho donato.

Presto, portate questo manto alla giovane sposa. La sua vanità le sarà fatale.

E voi, chiamate i miei figli, che vengano da me. È ora di andare, è ora di solcare il cielo sul carro divino.

Non piangete bimbi miei. Il mondo è troppo crudele, troppo feroce perché vi meriti. Nessuna curruzione vi contaminerà mai.

Per me la rovina è già arrivata. E le mie mani sono rosse.