Il fabbricante di bambole – Pt. 14 FINE

“Faber, guardami. Come hai chiesto, la principessa. Ma ti prego, ragiona. Ciò che è stato è stato, e non può essere modificato. Sono leggi che valgono ovunque. Vivere nella memoria, rifugiarsi nel sogno non risolve il problema”.

“Nestor, credo a quello che vedono i miei occhi. Lei è là, vicino a te. Per questo me la volevi tenere lontana? Perché siete stati voi a rapire Eleonor, esattamente come avete fatto con me?”

“Eleonor non è prigioniera del sogno, Faber. Eleonor ha dovuto imboccare un’altra strada. Ma non appartiene a Ipnia”.

“Faber, la tua bambola è un vanto per Ipnia stessa. Mi hai onorato realizzandola così perfettamente”. La voce leggera come una farfalla si posò sull’animo ferito di Faber, che si piegò come una fiera domata.

“Perché mi fate questo?”

“Faber, non siamo noi a farti questo. Questo male dipende solo da te. Questa volta sei tu a poter decidere. L’equilibrio è stato ripristinato, puoi tornare al tuo laboratorio. Le bambole di Ipnia ci garantiranno la sopravvivenza ed eviteranno che la tua realtà venga contaminata, che le fragili anime dei sognatori si incrinino”.

“Eleonor, mi stai dicendo che posso andare? Perché? Proprio ora che ti ho ritrovata”.

“È solo un’illusione, Faber. Se tu lo volessi, la principessa potrebbe assumere un altro aspetto”.

“Taci Nestor. Mi hai sempre ingannato. Mi hai privato di Eleonor”.

“Nestor è un fedele servitore. Non esiste alcuna Eleonor a Ipnia. Torna nel tuo mondo Faber, lascia che il sogno faccia il suo corso. Continua a vivere. Tornerà il momento in cui ci rivedremo. Arriverà il giorno in cui potrai parlare con Eleonor. Ma devi fare ancora qualcosa”.

“Faber, è ora di andare”.

“Eleonor…”

“Faber… Faber. Faber!”

L’artigiano si guardò attorno. Le bianche mura del palazzo erano scomparse, e davanti a lui non c’era Eleonor, e neppure Nestor, solo la vecchia madre che lo guardava curiosa.

“I clienti aspettano”.

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Il fabbricante di bambole – Pt. 8

Ipnia era una città, capitale di un regno che Faber non avrebbe trovato in nessuna mappa esistente. Faber non se ne sarebbe reso conto: la sua conoscenza del mondo si limitava ai confini ristretti del suo paesaggio. Erano le bambole a viaggiare, mentre lui rimaneva fisso come una lanterna sul bordo di un immenso oceano.

L’immensità su cui Faber si affacciava era quella del sogno, il segreto che rendeva le sue bambole così speciali e uniche. In ognuna di queste creature inanimate inseriva un frammento della sua adorata Eleonor, il sogno di quella fanciulla che un giorno si era svegliata ed era svanita in un mondo di fango e malattie. Nella bambola di ebano che Faber stava ultimando prima dell’arrivo di Nestor, Faber aveva racchiusa pensieri scaldati da un sole estraneo, più feroce e vivo di quello del villaggio, sogni ruggenti occhi felini che come ambra scintillavano nell’oscurità. Aveva tessuto la fata della principessa con mondi fantastici popolati di colori cangianti e musiche che ancora orecchio umano non aveva conosciuto.

Questa immensità infine aveva sommerso Faber, come un’onda incontrollata. L’artigiano non se ne era nemmeno reso conto, ma Ipnia non solo lo aveva conquisto, ma pretendeva da lui un contributo per mantenere l’equilibrio.

Il fabbricante di bambole – Pt. 6

Della città Faber non vide molto se non il porto e la strada che riusciva a intravvedere dalla finestra della carrozza. E da quello che vide, la città che sarebbe diventata la sua dimora era molto lontana dal suo villaggio. Il porto sembrava essere fatto della stessa spuma delle onde che si infrangevano sulla chiglia della nave e si apriva come un grande abbraccio candido ad accogliere i viaggiatori. Faber venne accompagnato da Nestor su una carrozza piccola, di legno intarsiato e mentre cercava di carpire qualche immagine del mondo di fuori, Nestor gli spiegò che quello che stava vedendo, sarebbe rimasto strettamente confidenziale.

“È forse una minaccia?”

“No” sorrise Nestor “Nessuno ti crederebbe, tanto vale non tentare neppure di raccontare. A meno che tu non rimanga. In ogni caso, non avrai molto da raccontare”.

“Cosa intendi?”

“Il tuo laboratorio sarà in una delle ali del palazzo regale, là ti porteremo gli ordini per le bambole, e là rimarrai. Il re non gradisce che uno straniero si aggiri per la città”.

“Che cosa avete contro gli stranieri?”

“Noi? Niente. Ma questa città ha vissuto troppe disgrazie da parte degli uomini come te. Vorremo evitare che la storia si ripetesse. Ipnia è una città che deve essere rispettata, poggia su un equilibrio instabile, un errore e potrebbe sprofondare in un incubo”:

“Un incubo. Non è sempre così? Si pensa di trovarsi in equilibrio e poi si sprofonda nelle tenebre di un incubo”.

Nestor lo guardò curioso: “il tuo compito e fare il tuo mestiere, e basta. Siamo arrivati. Scendi”.

Il fabbricante di bambole – Pt. 5

Faber se ne stava in cabina rimirando la vecchia bambola appartenuta a Eleonor. La fanciulla aveva sempre sognato di vivere avventure mozzafiato, di uscire dal villaggio in cui era nata. Il fratello era molto meno propenso, invece, ad abbracciare l’ignoto e molto più a suo agio tra le vie conosciute del piccolo villaggio. Dopotutto era il mondo che veniva a bussare alla sua porta grazie al talento che aveva nel fabbricare bambole. Eppure, per quanto riuscisse sempre a soddisfare le esigenze della clientela, non era mai soddisfatto e riteneva quella bambola rappezzata il vero capolavoro. Dopotutto, era proprio grazie a quella bambola che poteva vantare il suo talento.

“Emergere dalla massa può portare delle attenzioni non volute. Magari persino dell’invidia” Nestor era entrato nella cabina senza annunciarsi, come suo solito. Sembrava si sentisse il padrone della nave e che cercasse in tutti i modi di far parlare il taciturno passeggero.

“Quindi è stata l’invidia a portarmi su questo pezzo di legno? Potevano tagliarmi direttamente una mano: avrebbero risparmiato tempo e avrebbero ottenuto comunque il loro fine” osservò Faber.

“No, il lavoro è vero, nel regno in cui vivo nessuno si sognerebbe mai di fare del male a un artigiano con una dote così particolare. Nel tuo, invece, non ci giurerei. Giravano strane voci: tu saresti un pazzo e le bambole un’opera del diavolo”.

Faber conosceva bene quelle voci, e non le biasimava nemmeno. Il primo ad avere paura delle bambole era stato lui stesso e quando guardava una delle sue opere finite spesso sentiva un antico brivido corrergli lungo la schiena. Forse era per quello che, una volta terminate, riponeva immediatamente la creazione al sicuro in una scatola di legno imbottita di ciuffi di lana.

“Non le piace parlare” disse Nestor.

“Si sbaglia” lo corresse Faber “Mi piace parlare. Non mi piace parlare di me. Sa quando questo viaggio terminerà?”

“Non manca molto, già domani dovremmo esserci. Il mio signore non vede l’ora di vedere le sue creature. E la principessa pure”.

Il fabbricante di bambole – Pt. 4

“Eleonor?” Faber si sentiva confuso e tramortito, come se qualcuno lo avesse colpito alla testa. E dal dolore che provava, sembrava proprio che avesse ricevuto un bel colpo. Tentò di aprire gli occhi, ma ci mise un po’ a mettere a fuoco il volto dello straniero, che lo guardava con un sorriso compiaciuto.

“Ogni promessa è debito. Benvenuto nella nave regale, che la porterà nel regno da cui provengo”.

Faber non riusciva a capire. O meglio, non voleva capire.

“Mi ha rapito?” chiese.

“No, no” osservò l’altro con una nota offesa nella voce “L’ho ingaggiata, è ben diverso. Lei sarà il fabbricante di bambole di corte, almeno per un certo periodo. La pagheremo profumatamente per l’esclusiva, va da sé. Lo consideri un soggiorno all’estero, una pausa dallo squallore quotidiano”.

“Squallore? Io non ho mai accettato. E che ne sarà di mia madre? Mi servono anche i miei strumenti, non posso lavorare senza”.

“Di sua madre non si deve preoccupare. Gli strumenti sono stati imbarcati assieme a lei. Abbiamo portato tutto ciò che era presente nel laboratorio. Compresa questa vecchia pezza che dovrebbe essere una bambola. Che non le venga in mente di fare un obbrobrio del genere per le nostre clienti”.

“Me la dia, quella non è in vendita e non è nemmeno un argomento che le interessi”.

Faber si rialzò anche se le gambe erano ancora malferme e uscì dalla cabina. Aria di mare e una distesa senza fine di acqua gli vennero incontro. Eleonor sarebbe stata così contenta di vedere il mare. E invece non era andata oltre la raduna in mezzo al bosco.

“Chi è Eleonor? La chiamava durante il sonno” chiese il forestiero.

“Nessuno che le possa interessare. E lei, ha un nome o si limita a rapire la gente in anonimato?”

“Ho un nome”.

Faber sbuffò: quel tipo si stava divertendo a sue spese. “E quale sarebbe?”

“Nestor, Consigliere della Corona, per servirla” e fece un ampio inchino.

Il fabbricante di bambole – Pt. 2

Eleonor era la radice, lo scopo, la linfa di quel segreto. Per Eleonor era diventato un artigiano e per lei realizzava delle bambole che molti definivano perfette.

Eleonor era una fata. Mentre Faber sembrava essere abbozzato grezzamente su un ceppo di legno a causa dei sui tratti decisi, spigolosi e senza grazia, Eleonor era la delicatezza impersonata in bambina. Con il suo sorriso riusciva a illuminare anche i momenti più bui in cui Faber cadeva. Era una fata capace di riportare il sorriso sulle labbra sottili della madre e sul volto preoccupato del fratello.

Non era umana, almeno agli occhi di Faber. Un giorno ipotizzò persino che fosse fatta della stessa materia sublime e ineffabile dei sogni.

E come i sogni, un giorno, all’alba Eleonor svanì. La peste, la scelleratezza umana, una guerra senza tempo aveva trasformato la ragazza in ricordo.

A Faber rimasero solo le sue mute bambole.

Il fabbricante di bambole – Pt. 1

Le bambole gli avevano sempre fatto paura, un timore che era condiviso da molte altre persone. Involucri vuoti con le sembianze di bambine perfette che non invecchiano mai, dai grandi occhi che non si chiudono e che sembrano guardare in un vuoto senza fine.

Le bambole terrorizzavano Faber fin dall’infanzia, fin da quando la sua sorellina Eleonor aveva cominciato a giocare e a dare vita alle sue bambole. Nonostante ciò, Faber era diventato un fabbricante di bambole.

E non era nemmeno un fabbricante qualsiasi. Era il più famoso, il più richiesto, il più acclamato fabbricante di bambole del paese e non solo. Venivano re lontani ed esotici per comparare bambole che fossero all’altezza di una principessa, signori e ricchi mercanti lo pregavano e lo coprivano d’oro per avere una sua creazione da portare in omaggio alle proprie figlie.

Dopotutto Faber non era un artigiano come gli altri, e le altre bambole non potevano nemmeno competere con le sue. Perché Faber aveva un segreto e il suo segreto avvolgeva di meraviglia dei semplici, umili balocchi.