In paese quasi tutto rimane immobile, anche gli abitanti. Non erano delle statue, né dei simulacri, ma le azioni che venivano compiute si ripetevano di giorno in giorno, come un meccanismo che tragga la forza di funzionare dalla ripetizione dei gesti. Nulla cambiava, ma tutto si perpetuava, uguale a se stesso. Se un meccanismo cadeva, veniva subito rimpiazzato.
Se qualche mutamento avveniva, questo era impercepibile all’inizio e mostrava i suoi segni solo dopo lunghi anni di logorante lavoro. Nel presente, però, i rumori, i sospiri, i colori e le forme avevano sempre lo stesso aspetto. Il cambiamento era visto con sospetto, come l’assassino che trucida l’equilibrio. Dopotutto l’equilibrio è comodo, e tutto, anche le forze inanimate, tendono all’inerzia e a mantenere un equilibrio. È una regola base, e le regole base non si discutono.
Non si discutono, ma sono noiose e si richiudono su se stesse come comode gabbie dall’aspetto ignoto. Ma anche le celle dei matti sono imbottite di comodi cuscini.