Il mondo di Flavio

Ormai sono passati anni da quando riuscivo a saltare con agilità. Non che sia mai stato un saltatore provetto, mia sorella mi ha sempre superato in questa disciplina. Io mi limitavo a dei balzi, non perché mi mancasse la forza, ma per la mia costituzione: ho il corpo lungo, che mi intralcia quando devo raggiungere qualche cosa.

Ma anche quei giorni sono lontani. Ora sento il fiato che si fa pesante a ogni passo. Ammetto di aver messo sulla pancia qualche chiletto di troppo. Fortuna che mia sorella ha la vista difettosa, perché se vedesse il mio fisico mi riempirebbe di ingiurie e anche di graffi. E non potrei nemmeno difendermi, non sarebbe onorevole.

Sento che il momento in cui abbandonerò questo vasto mondo si sta avvicinando, ma non sono triste. Ho esplorato regni e ne ho conosciuto gli abitanti e poi mi sono scelto il mio luogo di riposo. Ho persino due servitori che si preoccupano della mia salute e che provvedono a soddisfare ogni mia necessità.

Non lo sapete, ma nella terra qui vicino c’è uno scrigno pieno di ricchezze e golosità. Più di una volta sono andato ad attingere a questa fonte della prosperità, ma ora invio i miei messi. Quel paese ha una temperatura troppo rigida in inverno e troppo calda in estate. Il mio regno è, invece, vasto e sempre fresco grazie alle correnti e, soprattutto, morbido. Mia sorella preferisce rimanere nella contea vicina, occupata da alti alberi frondosi, e colmo di nascondigli. È convinta fin dalla giovane età che qualcuno abbia mandato dei sicari per ucciderla. Chiunque sia, non ha pagato abbastanza questi assassini, perché gironzola ancora in piena salute, forse anche lei un po’ appesantita.

Talvolta mi sono spinto nel regno proibito, una liscia distesa di terra luccicante, ma non ho mai avuto tempo per capire quali ricchezze nascondesse: un esercito era sempre pronto a ricacciarmi indietro. Solo una volta ho affrontato un mostro, il mostro Rotolante, che si autorigenerava a ogni colpo. Ma anche a questo sono sopravvissuto.

Da quando, però, il mio istinto di esplorazione si è sopito, mi piace cercare il sole, davanti alla Grande Lastra Trasparente. Le vibrisse fremono di piacere al tocco tiepido della luce.

Ora che ci penso, questo mondo sconfinato non è poi così pericoloso come me lo immaginavo quando ancora inciampavo sulla mia coda.

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Galleggiare

In caduta libera, non si ha peso. È quello che provano gli astronauti o semplicemente chi si getta da una grande altezza. In caduta libera il corpo non ha sostanza, diventa leggero come una piuma.

Se in caduta libera fossero i pensieri, allora da macigni si trasformerebbero in farfalle, non avrebbero più peso, non avrebbero consistenza e si solleverebbero dal petto come fogli di carta. Li vedremmo galleggiare davanti a noi, innocui e senza materia, in tutta la loro fragilità.

A volte cadere non comporta la rovina, ma l’ebrezza di perdere un peso.

Cortocircuito

Che gran bel problema. Il sistema elettrico continua a fare cortocircuito. Il motivo rimane sconosciuto. Il risultato è che l’elettricità non regge.

Tutto ha fatto cortocircuito, e continua a farla, in un circolo che non ha fine. Pensieri simili si susseguono come automi, camminano rigidi, con in volto un sorrisetto cattivo. E uno tiene per mano l’altro, indivisibili.

È difficile trovare un modo per interrompere questo cortocircuito, per spezzare questa fila di automi. Magari bisogna ricominciare da capo.

Forse la soluzione è proprio questa. Una tela bianca su cui disegnare pensieri dal volto benevolo.

Insonne

La luna splende come un sole, e il sole sfuma nella luce argentea di una luna. Il tempo è capovolto, le stelle sorridono a un’anima che non vuole trovare riposo. Mentre gli occhi cercano di trovare una risposta incisa in una coltre scura, la mente si perde in un labirinto senza centro e senza uscita. Ogni sispiro ha un significato e, se tace, nasce un germoglio di timore.

La scura notte si illumina di mille germogli che tremano senza posa. È un firmamento che muta più veloce delle costellazioni. È un moto che non trova mai fine e che non scompare all’alba. Lunga è l’ora nel ventre silente dell’oscurità.

È l’attesa che qualcosa cambi, è la speranza che gli occhi possano chiudersi su sogni senza paure, è la prova che, a dispetto di tutto, c’è ancora un cuore che vuole volare.

Prigione

Mi avete imprigionato, costretta in questo spazio angusto. Non ho altra scelta se non rimanere qui, chiusa in questo cerchio.

Cerco altri simili miei, ma non li trovo. Cresco, mi allungo, ma questo posto è troppo piccolo. A poco a poco costruisco sotto di me un labirinto di sottili e delicati capillari, che si incrociano fra loro, si annodano, assorbono, si nutrono.

A volte ciò che mi date non mi basta. Tuttavia non posso, non riesco a fuggire. Nessuno sente i miei aiuto.

Tendo le braccia verso il cielo, là dove non ho alcun limite. Però voi subito intervenite, mi rincomponete, mi ripulite, mi mettete di nuovo in ordine. Arrivate persino a togliermi i figli che voi considerate superflui.

Mi avvolgete per tenermi al caldo, perché la vostra egoistica stupidità ha deciso di farmi vivere in un luogo che mi è esteraneo. La vostra acqua è strana, il vostro cibo sintetico. Mi negate persino la compagnia degli insetti.

E io mi ribello. Infrango le mura in cui mi avete racchiuso, cerco ogni fessura, cresco, mi innalzo. Vi sfido in silenzio per ricordarvi che c’è una forza più potente di voi.

Finché non passano gli anni, e io non mi irrigidisco. I miei fiori si fanno più radi, le mi radici più stanche. Il sole non mi scalda, la linfa non mi sazia. È inutile che mi cambiate la prigione. Questa terra per me è ormai sterile.