Scale

Succede che gli incontri vengano rimandati, non a causa di ritardi o di errori, ma solo per una questione di piani. Pensate a un grande condominio, fatto di scale e di rampe, senza una pianta ben specifica, senza una logica per cui una strada sia preferibile all’altra. Alcuni dei suoi abitanti scelgono una via, alcuni un’altra, e non la abbandonano, altri ancora la variano in continuazione perché sono alla perenne ricerca di quale sia per loro la migliore.

Non è detto che gli inquilini vengano mossi dalla necessità di impiegare il minor tempo possibile. Forse fanno quella strada perché vogliono o sperano di trovare una determinata persona, o per evitare qualcuno o perché hanno sempre scelto quel percorso e non vedono il motivo per cui compiere variazioni.

In questo condominio le anime si rincorrono. È possibile che alcuni non si incontrino mai, o che altri si inseguano a lungo, prima di scontrarsi con conseguenze per entrambi: qualche contusione, ossa rotte, o forse un bel salvataggio.

Trovare la strada giusta e il giusto urto può richiedere tempo e lo zampino di quello che qualcuno chiama destino. E dopo molte scale, alla fine, si arriva sempre a una destinazione, anche se magari non è quella progettata.

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Tensione

Ci siamo spinti oltre il limite, questa barriera non ci fa paura. Alla fin fine i confini non sono che semplici segni nella mente degli uomini, nella realtà c’è sempre qualche pertugio per passare da un versante all’altro.

Ci siamo allungati, stiracchiati, abbiamo steso le dita e cercato di rendere ancora più lunghi i nostri arti. In un primo momento non sapevamo nemmeno che ci saremmo incontrati. È stata la curiosità a spingerci a cercare. Ci siamo messi in viaggio in direzioni opposte, io verso di te, tu verso di me, finché la nostra figura non è comparsa all’orizzonte di entrambi.

Una curiosità generica è diventata una curiosità specifica. Sentivo che un’anima affine mi stava accanto, sapevo che, se ti avessi sfiorato, sarebbe scoppiata quella bolla di solitudine in cui mi sentivo invischiato. Sarebbe stato un vagare senza senso se non ti avessi trovato sulla mia strada.

Forse non potremmo mai camminare insieme, siamo troppo ancorati a questa terra. Ed è meglio così, fidati. Questo sfiorarsi, questa tensione ci rende vivi, alimenta il desiderio di ciò che potrebbe essere perso a ogni momento.

Può una tensione essere positiva? Certo, questo legamene che non si salderà mai, riuscirà a superare la fissità delle radici.

Multiforme – Pt. 8

“Annette”.

“Dimmi Uly”. Odiavo che mi chiamasse così, ma come ho già spiegato, Annette era tanto fondamentale quanto la nave per il nostro Odisseo. Senza sarei stato solo un legno alla deriva. Mi servivano informazioni, e anche velocemente.

“Che cosa sai di quel macellaio arricchito, quello zotico grande e grosso che se ne va in giro urlando?”

Annette appoggiò la testa sul mio petto, tanto che percepì il dolce sapere dei suoi capelli. A parte il nomignolo che mi aveva imposto, Annette assomigliava molto a Mary, anche nella sua fine.

“Paul, vuoi dire” esclamò con una punta di divertimento nella voce. Mi alzai un poco per guardarla negli occhi.

“Tu non conosci il nome di nessuno, ma di quel grassone sai persino il nome di battesimo?”. Si sa, alle donne piace quel pizzico di gelosia, le fa sentire desiderate e indispensabili. E in un certo senso Annette era indispensabile.

“Dà buone mance, ma non soddisfacenti come le tue. È molto disordinato, pulire al sua stanza è un incubo. Sparpaglia giornali ovunque. In effetti sembra che legga molto, ma non saprei dirti cosa. Sembrano grossi libri, pieni di scritte. Leggere mi ha sempre fatto male la testa”.

“Ma almeno i titoli, te li ricordi?”

“Forse stasera potrei dirtene qualcuno”.

“Sei un angelo”. Una frase che avevo già detto, ma allora non ci feci troppo caso.

Il tempo delle luci

In una distesa di balli luminosi è difficile trovare l’esatta intermittenza luminosa. Il tempo concesso è limitato alla sola notte: con i primi raggi, i fievoli lumini impallideranno fino a scomparire del tutto. A volte non sono le tenebre, ma è il sole che fa piombare nell’ombra.

La ricerca del giusto segnale potrebbe essere considerata perfino vana, potrebbe sconfinare nell’impossibilità. Troppe variazioni dello stesso tema possono confondere fino all’annichilimento. Eppure la bellezza di questa danza muta e silenziosa rapisce l’animo.

Una piccola luce lancia il suo segnale, un codice di luce che spera possa essere compreso e decriptato da un suo simile. Si tratta solo di un singhiozzo di luce, un timido richiamo che si perde nella moltitudine di altri insetti, così simili, ma che che parlano una lingua del tutto estranea.

La ricerca si prolunga, si fa disperata, può terminare con un successo o può svanire al cospetto di una luce ancora più potente.

Anime

Tutto è ricerca, affanno nel trovare una soluzione che scivola sempre troppo lontano. Come anime erranti, il cerchio vortica sempre più velocemente.

Le anime si rincorrono, si cercano e annusano. Intuiscono la presenza di uno spirito affine, ne sortiscono il fascino e cercano di raggiungere una chimera sorridente.

Per quanto si acceleri, per quanto si tenti, le anime vengono separate da un soffio sottile che ha il profumo di una primavera che si sta corrompendo in estate.

E la fuga continua, si interrompe per poi riprendere, con un affanno crescente e una paura sottile che si insinua.

Foresta

Era andato nel mezzo di una foresta, dove la luce giocava con le fronde, il vento cantava tra i rami e la terra gorgogliava sommessamente. Cercava il silenzio, ma tutto attorno risuonava l’urlo discreto della vita. Era il silenzio migliore che potesse ottenere: non il vuoto che incute paura, ma il pieno pronto a offrire consolazione.

Se ne stava seduto per terra, con gli occhi chiusi e le orecchie spalancate, un leggero senso di smarrimento riempiva la testa. Percepiva il bruco che lavorava vicino alla formica, e le radici che creavano palazzi scheletrici nel sottosuolo. Captava il respiro di animali che lo fuggivano e allo stesso tempo ne erano attratti. Passi lontani, sibili vicini si alternavano a richiami volatili, confusi nel racconto che gli alberi si scambiavano.

Tutto aveva un senso, dall’insetto sconosciuto che si nascondeva nel suolo, ai lupi che cercavano una preda. Nulla era superfluo, nulla era scontato, ma ogni elemento aveva un posto e una funzione.

Tutto, tranne quello strano monaco seduto in silenzio. Se ne stava lì e cercava di capire quale fosse il suo posto in quella immensa ruota di vita.

Cercare dei segni

Abbiamo sempre cercato dei segni, negli astri che algidi scintillano nel cielo, nel fumo che si alza da pire rituali, negli avvenimenti di tutti i giorni. Come assetati cerchiamo l’indizio che ci dia la conferma, che ci assicuri la strada, o che ci ammonisca.

Non ho mai trovato dei segni, o, se anche si sono parati davanti a me, li ho sempre fraintesi o ignorati. I miei occhi sono miopi davanti a queste credenze. Eppure a volte mi illudo che ci sia un qualche senso, che qualcosa abbia un perché.

Perciò mi ostino a cercare con occhi offuscati. Magari prima o poi vedrò anch’io un segno benevolo.

Cercare le ombre

Ho cercato la tua ombra per terra e per mare, in questo e in tutti i mondi che possono essere raggiunti con il sogno e con la fantasia. Cercavo semplicemente la tua ombra, non il tuo corpo, non la tua voce o il tuo calore, ma la tua ombra che si allunga per terra e scherza con le spighe di grano.

Ho cercato il tuo profumo, la lieve traccia che lasciavi dietro di te senza che nemmeno te ne rendessi conto. Quel sentore di spezie e di sale, di mare e acque sconosciute.

Non ho trovato la tua ombra, ma un baratro oscuro a cui non posso accedere. Non ho sentito il tuo profumo, ma il nulla mi ha avvolto e mi ha gettato sulle rive di un mare sconosciuto.

Ho cercato la tua ombra, ma è scomparsa anche quella tra la foschia incerta di un’alba timida che incerta si sofferma all’orizzonte.

Insonne

La luna splende come un sole, e il sole sfuma nella luce argentea di una luna. Il tempo è capovolto, le stelle sorridono a un’anima che non vuole trovare riposo. Mentre gli occhi cercano di trovare una risposta incisa in una coltre scura, la mente si perde in un labirinto senza centro e senza uscita. Ogni sispiro ha un significato e, se tace, nasce un germoglio di timore.

La scura notte si illumina di mille germogli che tremano senza posa. È un firmamento che muta più veloce delle costellazioni. È un moto che non trova mai fine e che non scompare all’alba. Lunga è l’ora nel ventre silente dell’oscurità.

È l’attesa che qualcosa cambi, è la speranza che gli occhi possano chiudersi su sogni senza paure, è la prova che, a dispetto di tutto, c’è ancora un cuore che vuole volare.

Vuoto

Era una persona che cercava. Cercava risposta, cercava domanda, cercava mondi. La maledizione del nome, diceva lei. Anche quando se ne stava fermava, voleva conoscere, sapere, imparare. E questo le causava una perenne sensazione di fame. Non un languorino, ma un appetito senza fine.

Se non si soddisfa un appetito nasce il desiderio. Se il desiderio non viene raggiunto, emerge il dispetto. Se il dispetto non viene scacciato, entra in scena la delusione.

Per quanto Eurena cercasse, non trovava sempre. A volte la risposta era celata dietro mille veli di bugie, altre era rinchiusa per sempre nello scrigno della dimenticanza. Non era semplice scoprire, ma era fin troppo facile scontrarsi con la delusione.

Eurena non smise mai di cercare. Solo alla fine, colma di anni e piegata da mille pesi, incontrò colei che le avrebbe potuto dare la risposta.

Ma ciò che trovò fu solo un immenso vuoto.