Correre

A volte basta camminare, altre è necessario correre, più veloci del vento. O forse basta correre più veloci degli altri.

La vita di Ben poteva essere considerata una grande fuga. Da che cosa fuggisse, non era dato sapersi. Neppure Ben sapeva quali fossero i suoi inseguitori. Si limitava a correre, a scappare perché non voleva essere catturato. Era semplice anticipare la fuga senza un reale pericolo, mettersi in salvo prima che arrivi la mareggiata.

Ben correva perché aveva paura di non farcela, di vedere crollare la terra sotto i piedi. E non fremeva nel voler sapere che cosa si celasse sotto quella crosta di fango. Temeva di non farcela, di essere calpestato da chi gli stava alle spalle.

Qualcuno si sarebbe fermato per tendergli una mano? Probabilmente no. E lui? Si sarebbe fermato per aiutare? Era una domanda cui non voleva trovare la risposta.

Ma prima o dopo, tutti incontrano un uomo a terra. E allora bisogna scegliere se rallentare o se continuare la corsa.

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Multiforme – Pt. 6

“Duchessa, ma che piacere incontrarla nuovamente”.

“Conte, potrei dire lo stesso, ma ho passato troppo poco tempo con la sua persona per poterlo affermare con sicurezza”.

“Mi lasci rimediare. Mi è sembrato di capire che non abbia un accompagnatore. Mi farebbe l’onore di pranzare con me? Sa, anch’io viaggio da solo e non conosco nessuno”.

“Certo, caro, ma non mangeremo da soli, sarebbe sconveniente, non crede? Potrei pensare che punti a qualche cosa d’altro della mia compagnia”.

“In effetti ha colto nel segno: aspiro ad altro, come essere introdotto in questa bella società galleggiante. Sono passati due giorni, e ancora non ho conosciuto nessuno”.

“Allora è fortunato, come le dicevo pranzeremo con qualcuno. Cameriere! Può aggiungere un posto al mio tavolo?”

Mi ritrovai seduto su un vasto tavolo rotondo, stretto fra la duchessa e un voluminoso e rumoroso commensale.

“La metto vicino al signor Paul. Paul, il conte Mortimer”.

Con un sorriso tutto bricioli e tendendomi una mano unticcia mi salutò “E ha un nome questo conte?”

“Ulysses. Anch’io mal tollero i titoli”.

“Beati voi che li potete vantare, i titoli. Io no, non sono giovane, ma mi sono fatto strada nel mondo grazie alla mia impresa. Non come mio fratello: quello al massimo può viaggiare in seconda classe, ben che vada”.

“Di che cosa si occupa, Paul?”.

“Alimentare. Ho un mattatoio. Non avete di idea di quanti mangi questa popolazione. Non vedo l’ora di vedere se si possono fare affari simili oltreoceano”.

“Molto interessante. Suo fratello invece?”

“Che vuole, ogni famiglia ha la sua pecora nero. Mio fratello è un commissario della polizia. Un lavoro che non ripaga e che non ha orari”.

“Commissario?”

“Certo, qualcosa non va? In effetti sì, i McMiller sono sempre stati degli imprenditori, non certo dei cani da caccia al guinzaglio di qualche passacarte”.

Il commissario McMiller.

Tutti in carrozza – Pt 26

Andrea guardò l’uomo, e lo reputò abbastanza aggressivo da poter mettere in pericolo entrambi. L’unica soluzione era recitare.

“Mi scusi. Vuole qualcosa dalla mia signora? Sono il suo… valletto. Sono certo che si tratti di un fraintendimento”.

L’uomo lo squadrò e sorrise: “Moscerino, non metterti contro Philippe, e neppure contro Luis, il marito di questa strega. Lo sapevi che era sposata?”

Andrea non si perse d’animo, tecnica che aveva appreso da Pierre.

“Ma certo che conosco il marito di Madame…Genevieve. Trattasi di Monsieur André de la Tour, che la sta aspettando in America. Siamo diretti al porto. Sarebbe così gentile da suggerirci come raggiungerlo”.

Ivonne si stava riprendendo, ma non abbastanza velocemente da impedire a Philippe di afferrarre per il collo Andrea. Ancora una brutta situazione, pensò il giovane rassegnato.

“Senta, non so chi sia. Mi sta confondendo con un’altra persona. Lasci il valletto o inizio a urlare”. Cercò di intervenire Ivonne.

“Problemi qui?” Era il capotreno, che cercava di farsi bello agli occhi dell’affascinante viaggiatrice.

“No, niente. Ma non è finita qui”.

Tutti in carrozza – Pt. 25

“Signori, siamo arrivati a destinazione. Questa è l’ultima stazione prima dell’oceano. Madame, mi permetta di mandarle un fattorino per le valigie. Spero abbia viaggiato bene, nonostante il cambio di carrozza”. Il capotreno sorrideva a Ivonne ignorando Andrea.

“Aiuto io la signora. Siamo diretti nello stesso posto” intervenne Andrea prendendo le due valigie di Ivonne.

“Bene, ora che ci siamo liberati del capotreno, dove andiamo?”

Ivonne se ne stava impalata sulla banchina.

“Ivonne…”.

“Buongiorno strega. Ti sei già trovata un pulcino da spennare?”

Luis aveva molte conoscenze, anche in quella piccola città portuale. Luis voleva trovare Ivonne, o meglio i suoi soldi, e mettere a tacere voci che lo volevano succube di una donna.

E quando Luis voleva qualcosa, di solito riusciva a ottenerla.

I Vecchi Compari – Pt. 8 L’imprevisto

Pietro non aveva alcuna ringhiera da preparare, si intende. Solo non voleva passare la sera con Antonio e con l’alcol: la birra fa parlare, e lui non voleva parlare, soprattutto della storia di sua moglie, che sembrava interessare tutti. Se avesse saputo questa tendenza a curiosare, probabilmente non si sarebbe unito alla squadra. Più che Vecchi Compari, gli sembrava di far parte dei Vecchi Mariti Scontenti e Curiosi. Solo Silvano sembrava aver trovato un passatempo che lo rendeva soddisfatto.

In realtà, le cose non stavano esattamente come pensava Pietro. Silvano si stava avvicinando al posto che Luigino occupava nel cuore di Anna, ma era anni luce lontano dal letto della stessa, a causa della presenza costante di Luca. Questo non sembrava aver intuito le intenzioni di Silvano, ma dalla storia di Luigino doveva aver imparato a non lasciare la moglie sola con un uomo. E con sei allenamenti alla settimana, era difficile trovare un momento di libertà. Per Luigino era stato più facile, visto che Luca non era ancora in pensione quando aveva cominciato la sua avventura.

Squillò il cellulare di Luca: la suoneria era un pigolio a quattro tempi, piuttosto brutta a sentirsi.

“Disastro. È la fine! Non lo avevo previsto, eppure è successo! Ma le probabilità non era alte, affatto”.

Ovviamente era Luca. Silvano si sentì mancare la terra da sotto i piedi: che il matematico avesse capito i piani nei confronti di Anna?

“Calmati, Luca. È successo qualcosa con Anna?” Si rese subito conto della sua stupidità. Perché chiedere di Anna?

“Anna? No, no, si sta riprendendo alla grande dalla piccola depressione che stava attraversando. No, è Antonio!”

Strano che l’imprevisto fosse Antonio: di solito era Antonio a essere flagellato da imprevisti e disgrazie. Silvano si ricordava ancora la delusione di Luigino per la chiusura di I giochi di Dioniso.

“Cosa ha combinato Antonio?”

“Si è slogato una caviglia mentre lavorava in archivio. Mi spieghi come può allenarsi con la caviglia slogata? E ho iscritto la squadra nelle competizioni a quattro. Saremo squalificati!” Seguirono fiumi di lacrime, intramezzati dalla lontana voce di Silvano che cercava di tranquillizzarlo.

“Luca, una caviglia slogata fa presto a guarire, e la gara è tra un mese”.

“Meno di un mese”.

“Tempo comunque sufficiente per una slogatura. Antonio è un professionista, si allenerà anche con la caviglia fasciata, basta che usi l’altra gamba”.

Di certo non ci voleva. Luca sarebbe stato ancora più ansioso, per cui Silvano avrebbe avuto meno tempo per escogitare il suo piani di conquista. E gli dispiaceva anche per Antonio: sembrava essere una calamita per i guai, e ultimamente era di umore ancora più tetro del solito. Almeno Pietro portava un po’ di allegria.

Ma Pietro non era in realtà allegro. Sapeva che, da immobilizzato, Antonio avrebbe dato sfogo alla sua curiosità, prodigandosi con nuove domande su Clara. Anche ora che era bruciata in inferno, quella fedifraga gli metteva i bastoni fra le ruote.