Sarebbe un disastro

“Insomma, ragionaci Agamennone, sarebbe un disastro se Achille si ritirasse dalla guerra. Non litigare come un bambino sei un re, e lui un semidio”.

“Fratello, taci, è proprio perché sono re che non mi posso permettere di sottostare alle richieste di un semplice guerriero. E poi ci siamo invischiati in questa guerra per tua moglie. Anche se non so se si possa più definire tua”.

“Un semidio la cui madre gode di qualche beneficio davanti a Zeus stesso, non un semplice guerriero. E non parlarmi in quel modo, ne va del mio onore”.

“E lui allora, per una schiava si ritira dalla guerra. Il tuo onore vale forse di più del mio? Dovevamo avere un guerriero che rifugge il campo di battaglia per suonare e cantare. E invece chi sarà l’eroe per antonomasia? Chi verrà preso a esempio come simbolo di coraggio e forza?”

“Eracle?”

“Menelao, a volte mi sembra che tu faccia lo stupido per fami perdere la pazienza. Achille, ovvio. Tutti riusciremmo a essere invincibile dopo un bagnetto nelle acque dello Stige”.

“Se vuoi ti ci accompagno, ma poi ti tuffi tu nel fiume infernale”.

“Pensi che molti si ricorderanno del tuo nome? Persino io, Agamennone, sarò più famoso di Menelao”.

“Sì, per uno stupido litigio. E perché anche tu hai problemi con la moglie, solo che Clitemnestra si lascerà prendere la mano e ti renderà molto famoso”.

“Che cosa stai blaterando?”.

“Solo di sogni che spero provengano dall’otre sbagliato sulle porte della casa degli dei”.

“Ti ripeto, sarebbe un disastro perdere anche Achille. Guarda chi ci rimane: Odisseo? Quello pensa tanto e fa poco. Aiace? Uno dei due? A parte qualche duello non mi sembra che possano risolvere questa situazione. Non mettere alla prova Achille, ti dico”.

“Se continui mi ritiro anch’io dalla guerra. Tutto per una moglie scappata”.

“Come osi?”

“Nega!”

“Zitto, stanno arrivando gli altri. Riprendiamo dopo”.

Condominio n.132 – Pt. 20 FINE

Nell’aria, e sulla testa del povero, e alla fin fine innocente, messo Nonso, si stava per scatenare la difesa estrema, ideata dal signor Ingegnere in persona, con la collaborazione del piccolo, ignaro Baby Disappeared. Ingegnere aveva realizzato con le sue mani una sorta di catapulta che permettesse di scagliare i prodotti del pargolo dritti dritti sulla testa e sul tettuccio della macchiana del messo. Grazie all’intervento di Nox aveva avuto tutto il tempo necessario per calibrare e caricare la catapulta. E ora era il momento.

Nonso si ritrovò in uno stato pietoso, e l’unica cosa che riuscì a dire fu: “Ma…ma…io non so… non so… non so”.

Dopodiché rientrò in auto, ancora sotto evidente trauma. Ma non era così traumatizzato da dimenticarsi della consegna: recapitare la lettera, non portarla indietro per nulla al mondo, questa era la sua missione. Gettò quindi la busta verso l’entrata e si ritirò.

Di Nonso si seppe solo che al comune consegnò un’altra lettera, quelle della richiesta di trasferimento in un altro comune. Non si fece più vedere a Parasenia, ma probabilmente a lui si devono le storie che rappresentano questa città come fulcro della follia. Non aveva tutti torti: era una vittima ignara della noia di due vecchi e della paura di cambiare.

Il contenuto della lettera portata dal messo venne decatanto dalla signora Curiosità, sovrastando il litigio che era nato su chi dovesse pulire i residui sul campo.

“Ma non è una lettera di sfratto” disse la signora De Pauris. Il marito era intanto del tutto inconsapevole degli avvenimenti, trovandosi in bagno.

“Non sembra” sbuffò Curiosità “Gentili condomini, con la presente bla bla bla, vi informiamo che visto il piano regolatore e i progetti di informatizzazione avviati dal comune in data bla bla bla, verranno effetuati dei lavori sulla linea telefonica del condomio. Pertanto alcuni operai accederanno ai locali del condominio. Bla bla, saluti, bla”.

“Ah beh, si può sempre sbagliare” sogghignò il signor Notaio.

“Ehi, il posto macchina vicino alla porta è mio” urlò il signor Rumori.

Il signor Sotutto sorrise e rispose: “Mai detta una cosa del genere”.

Sotutto e Notaio con aria soddisfatta, gli altri con un mezzo sorriso confuso, se ne tornarono ai loro appartamenti di sempre. A pulire si pensò una pioggia fitta che in quel momento iniziò a cadere, quasi a voler portare via tutta quella stramba, inutile avventura.

Condominio n.132 – Pt 16

La situazione stava precipatando all’ultimo piano e poco mancava che qualcuno precipitasse dalle scale. Ma il signor Sotutto era consapevole che in caso di collutazione non ne sarebbe uscito vincitore, vista la stazza e l’età del nemico. Il signor Rumori sapeva, invece, che se avesse anche solo usato una parola fuori posto, sarebbe stato oggetto della gogna condominiale.

La colpa principale del signore Rumori era quella di essere discendente di donna Rumori, conosciuta per le sue relazioni extraconiugali consumate nel garage. Sì, il garage, non molto comodo. Ora, la veridicità di tale fatto non era provato, ma le voci girano più veloci e fanno altrettanto di una tromba d’aria. Perché questa fama fosse un problema riversato sul figlio, rimane un mistero. La signora Rumori sembrava non preoccuparsene più di tanto.

Altro problema, più oggettivo, era il comportamento. Una volta poggiato il progetto Ascensore di Cristalli, che avrebbe comportato l’espropriazione di parte della terrazza della signora Curiosità, il signor Rumori si era lasciato andare a scherzi nei confronti dei maggiori oppositori, signora Curiosità in testa. Tra le malefatte si potevano annoverare: zerbini rimossi e nascosti, furto di posta e successiva sua sostituzione con ingenti quantità di volantini pubblicitari, ritrovamenti di gomma da masticare usata su zerbino appena rinvenuto e riposizionato.

C’era una guerra fredda condominiale, quindi. Ma bisognava essere uniti contro il nemico. Il signor Sotutto intavolò, quindi, una grande trattativa.

“Ascensore” propose Rumori.

“No” tagliò corto Sotutto. “Posto macchina in giardino” rilanciò Sotutto.

Nessuno del Condominio n.132 poteva rinunciare all’offerta di un posto macchina riservato in giardino. I garage erano troppo piccoli per le macchinone della maggior parte degli inquilini.

“Quello vicino alla porta” pretese Rumori. Che poi era quello che si era riservato Sotutto.

“Giammai” protestò il vecchio. E se non fosse stato per Mr Disappeared qualcuno sarebbe precipitato.

Tutti in carrozza – Pt. 8

Decisamente non era Pierre quel ragazzo accovacciato laggiù. E come avrebbe potuto? Pierre non c’era più, era scappato lasciandolo in un mare di guai. A volte Andrea si malediceva per quella sua tendenza a fidarsi di tutti, a cercare di soddisfare tutti. E a rimetterci era sempre lui.

“Niente, scusa, ti avevo confuso con un mio amico” rispose allo sguardo infastidito dell’altro.

“Ma guardalo, vestito da damerino e con una valigia da dottore? Volevi prendere il mio posto, vero?”

Tutti li guardavano. Andrea sentì il volto avvampare: come sempre si era cacciato in guai che non voleva. Maledisse Pierre, maledisse se stesso.

“N-no, sto andando”.

“Trovati un posto tuo!” gli urlò l’altro.

Fosse semplice trovare un posto in questo mondo, pensò Andrea mentre cercava di raggiungere la carrozza successiva.

I Vecchi Compari – Pt. 9 Attimi di disperazione

“M-m-mi d-d-dispiace, r-r-ragazzi. S-s-sono i-i-inciampato” balbettava sconfortato Antonio. Nessuno si sarebbe mai scagliato contro Antonio: la sua faccia pallida e il tremito che lo percorreva avevano fatto nascere in tutti un senso di disagio. In tutti, tranne in Luca. Il capo degli Allegri Compari non tollerava imprevisti, che venivano considerati alla pari di insubordinazione, e, come tali, dovevano essere puniti. E Antonio era terrorizzato dalle punizioni, più di quanto Rachele, la moglie di Silvano, fosse terrorizzata dagli inferi.

“Una cosa dovevi fare, una! Prestare attenzione!” Luca era fuori di sé: occhi sporgenti e bava alla bocca, sembrava volersi avventare sulla povera vittima per ridurla in carne macinata. Se avesse messo questa passione nella relazione con Anna, pensò Silvano, probabilmente Luigino non avrebbe dovuto consolarla. Se avesse impiegato quell’energia con la moglie, pensò Pietro, avrebbe avuto qualche ragazzino da inviare come spia dagli avversari.

“Giocherai! Giocherai lo stesso! Dovessi puntellarti su una sola gamba! E ti allenerai con me!”

Antonio guardava supplicante Pietro: sapeva che Luca lo avrebbe massacrato, non gli avrebbe dato tregua. Ma Pietro non osò, né volle intervenire. Inoltre, Luca sembrava sull’orlo di una crisi di nervi, e non voleva dargli lui la spintarella finale.

Ci pensò Silvano a dargliela: “Luca, calmati, si sistemerà tutto. Lascia stare Antonio. Mi alleno io con lui, così tu puoi lavorare con Pietr…”

SBAM

Luca aveva lanciato la sua boccia dritto verso Silvano, con una mira che non sembrava essere stata alterata dalla rabbia. Quando perdeva le staffe, Luca non diventava cieco: al contrario, vedeva tutto molto meglio del solito. Silvano non dovette andare in ospedale solo perché ebbe l’accortezza di chinarsi e assumere una poco onorevole posizione fetale.

“Zitto, sono io il capitano! Io! Puoi tentare di prendere il posto di Luigino, ma non quello di capitano!”

“Tu sei matto” gli urlò Silvano alzandosi.

Quel giorno Silvano non si allenò, né con Pietro né con Antonio. Prese le bocce, prese la sua sacca, e con passo deciso imboccò l’uscita del bocciodromo.

Luca agguantò Antonio sibilando: “Tu stai qui, e giochi. E tu, Pietro, pure. Facciamo un gioco a tre, alla faccia dei numeri primi e dei numeri dispari. Magari è la volta buona che qualcuno si faccia male per davvero!”.

Così dicendo, scagliò la seconda boccia, questa volta verso il pallino, che venne sbalzato e rotolò verso il fondo del campo.

Pietro non lo contraddisse. Antonio cercava di scusarsi, ma il balbettio rendeva tutto poco chiaro. Almeno, per una volta, nessuno parlava di Clara o di Anna.