In attesa

La preghiamo di rimanere in attesa.

L’umanità della richiesta era pari a quella della voce che la pronunciava: nessuna. Eppure veniva pregato di aspettare altri minuti, con la mente e la testa rintontiti dall’assordante musichetta, impostata probabilmente da qualcuno che peccava in udito.

E sul più bello che la colonna sonora dell’inferno si interrompeva lasciando presupporre che l’attesa non era stata vana, le uniche parole metalliche che venivano ripetute lo pregavano di rimanere in attesa. Ancora in attesa.

In attesa di cosa? Di una risposta, di una soluzione? E mentre se ne stava passivamente in attesa, i minuti passavano. Era da stolti rinunciare all’attesa e continuare la propria vita, o non demordere e sperare di parlare con qualche voce umana.

La preghiamo di rimanere in attesa.

E chi si muove? L’urgenza di parlare era al massimo, la sua pazienza al minimo, come anche il volume del telefono. Il tutto nell’inutile tentativo di rendere più tollerabile quel limbo.

O forse non era il limbo, era un girone vero e proprio, il girone di coloro che attendono funestati dalla speranza che qualcosa cambierà pur nell’attesa, dilaniati da una voce artificiale, sferzati da una cantilena urlata.

Il girone degli immobili.

La preghiamo di rimanere in attesa.

Magari ci sarebbe andato, ma più tardi. Per ora, decise di riattaccare.