A due velocità

Il mondo ha un suo ritmo, una sua musica, un’anima che muta repentina e capricciosa. Conoscere il ritmo e sentirlo nel sangue è il modo per non sentirsi come un relitto lento, sfasciato, che viene travolto da onde troppo forti.

Il mondo ha il suo ritmo, ma le anime che lo abitano hanno il proprio. Spesso passa inascoltato e silente, eppure ogni creatura ha una sua melodia con determinate regole e velocità. È molto raro sentire un’anima cantare, perché il ritmo del mondo è aggressivo, sovrasta le voci più deboli divorandole.

Nell’anima il ritmo è scandito dal cuore e dal fruscio del sangue, dalle cellule che corrono e dall’ossigeno che si dirama nei bronchi e che allarga il petto. A questo sottofondo si aggiunge la nenia, quel sussurro che ricalca una cadenza antica, una parlata conosciuta. È quest’ultima a rievocare i ricordi e a fare le fusa quando rintraccia se stessa in qualche motivetto o, con un po’ di fortuna, in un’altra anima.

Velocità del mondo e velocità dell’anima talvolta si sovrappongono, talvolta una prende l’avvento sull’altra. Spesso scorrono a due velocità, con un sottile disagio, una nostalgia per tempi sconosciuti.

Ferite

Ferite che non si rimarginano, ma che rimangono vive, rosse e pulsanti.

Dolori che non scompaiono, ma anno dopo anno mutano, cambiano natura, magari per un attimo si affievoliscono, ma solo per tornare più mordenti nei momenti di debolezza.

Gocce di sangue che stillano dalle fessure, come rubini liquidi.

Piaghe invisibili, nascoste sotto spesse bende di serenità.

Sangue scuro, nero,viscoso, in cui nostalgia, inadeguatezza, paura, nostalgia, rabbia e dolore si mescolano creando un intruglio doloroso e corrosivo, che lascia lentamente dietro di sé striature ardenti e profonde.

Ferite che si imprimono nel cuore, che stringono i polmoni e tagliano le viscere.

Ferite che si infettano diventando sempre più profonde.

Ma non mostrarle mai, non lasciarle intravedere a nessuno. Debolezze dolorose che possono causare imbarazzi, che possono gettarti a terra.

Mille graffi

Mi ritrovo con mille graffi. Sul volto, sulle braccia. Un intrico di linee rosse sangue. Fili luccicanti, alcuni che scavano nelle profondità altri che rimangono in superficie. Alcuni nascosti, altri palesi. Alcuni inflitti volontariamente, altri che io mi sono procurata e altri ancora del tutto non voluti.

Guarda il solco profondo dei rammarichi e dei ripensamenti. Qui le piaghe di ciò che non riesco ancora ad accettare, delle mie debolezze e dei miei difetti.

Le unghie della solitudine hanno scavato piano ma inesorabili. Prima erano solo un fastidio, un solletico. Ora bruciano la carne.

Le parole hanno impresso lettere di fuoco nella carne. Magari frasi dette anni fa, che appartengono ormai al passato, ma che hanno lasciato la loro traccia. Piccole cattiverie rese taglienti per fare a brandelli il tuo corpo. O semplici discorsi che ti hanno fatto desiderare una vita diversa.

Ma anche oggi l’alba è sorta. Forza, nascondi i graffi e sorridi al mondo.