Multiforme – Pt. 2

Sembrerà scontato, ma con me porto sempre una copia dell’Odissea: è uno dei pochi libri che ho apprezzato a scuola. Dicono che Alessandro Magno avesse con sé l’Iliade: forse i libri prediletti indicano la vera natura di un uomo. Di certo non potrei mai incarnare l’iracondo Achille o l’ingenuo Paricle, morto a causa di un costume non adatto.

Questa storia inizia proprio con un costume, ma non foriero di morte, come quello di Patroclo. Bisogna saper scegliere la propria maschera, o si rischia di cadere vittima della propria trappola. Ma è meglio andare con ordine.

In questo secolo molto sta cambiando e io voglio sfruttare ogni possibilità. In effetti, il mio fine è quello di trarre vantaggio da ogni situazione. Che tipo di vantaggio? Per lo più economico. Sono riuscito ad accumulare ingenti sostanze, necessarie per corrompere e per mantenere una certa credibilità. E poi c’è la soddisfazione personale nel vedere un mio piano attuato. E per raggiungere questo scopo, sono pronto a tutto. E con tutto, intendo anche commettere i crimini più efferati.

Mi sono imbarcato per l’America sotto il falso nome di Ulysses Mortimer, un conte. Non è stato difficile: il vero conte Mortimer è stato debitamente eliminato, e il suo documento modificato con abilità: non potevo certo viaggiare con un nome come Alexander, un condottiero semidivino che poco mi si addice. Niente di più facile che contraffare un documento: d’altronde in una mia vita precedente sono stato anche un vile falsario. Vile, certo, ma credetemi, è una professione che permette di guadagnare bene.

Quando i giornali diedero la notizia che il ricco e solitario conte Mortimer era stato ritrovato a marcire, ormai cadavere, in un canale fuori Londra, io ero già in mezzo all’oceano, e non avete idea di quali proficue conoscenze si possano fare in prima classe.

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Mille graffi

Mi ritrovo con mille graffi. Sul volto, sulle braccia. Un intrico di linee rosse sangue. Fili luccicanti, alcuni che scavano nelle profondità altri che rimangono in superficie. Alcuni nascosti, altri palesi. Alcuni inflitti volontariamente, altri che io mi sono procurata e altri ancora del tutto non voluti.

Guarda il solco profondo dei rammarichi e dei ripensamenti. Qui le piaghe di ciò che non riesco ancora ad accettare, delle mie debolezze e dei miei difetti.

Le unghie della solitudine hanno scavato piano ma inesorabili. Prima erano solo un fastidio, un solletico. Ora bruciano la carne.

Le parole hanno impresso lettere di fuoco nella carne. Magari frasi dette anni fa, che appartengono ormai al passato, ma che hanno lasciato la loro traccia. Piccole cattiverie rese taglienti per fare a brandelli il tuo corpo. O semplici discorsi che ti hanno fatto desiderare una vita diversa.

Ma anche oggi l’alba è sorta. Forza, nascondi i graffi e sorridi al mondo.

Carnevale

Maschere. Sorrisi dipinti, occhi vuoti, neri buchi che si aprono senza lasciar trapelare niente. Sorrisi dipinti, ghigni mostruosi. Caricature, trampolieri, gnomi, eroi, dei. Grida, risa, musica e strepiti. Danze, giri, rincorse.

Una giostra frenetica e sorprendente mi chiama, mi costringe a tuffarmi in un tafferuglio senza logica.

Ecco la tua maschera, tiene il tuo costume, copriti con una parrucca, truccati, cambia la voce. Vieni, danza con me, ridi bevi. Reggi il boccale, bevi l’inebriante nettare, lascia andare. Cambia la maschera, cambia compagno, sorseggia da questa ciotola.

E rimango ferma lì, incuriosita e spaventata. Oro e rosso luccicano ovunque, piume smeraldo, zaffiri, rubini, perle. Bagliori accecanti che commettono con il sole in persona. Troppi perché siano veri, troppo simili per distinguere i falsi.

Avanti, tuffati, seguici. Ridi con noi, mangia con noi. Baciaci. Non saprai più cosa sia solitudine.

Ascolta il violino impazzito, la cantante stonata, i tamburelli che non trovano tregua. Senti la nostra felicità, la pazzia del nostro inno.

Intorno a me solo maschere. Stupende, colorate, affascinanti come le piume di un pavone. Indosso la mia, la assicuro per bene e avanzo di un passo.