Dicono di farsi scivolare addosso le avversità, di non lasciarsi scalfire, di sopportare e tirare avanti. Sembrano frasi banali, scontate, ripetute mille voci che riecheggiano come un’eco. Tanto scontate quanto impossibili da realizzare.
Impossibile mantenere un totale distacco. Ciò che scorre lascia un segno, logora, consuma. L’acqua di un semplice torrente scava immensi letti, le montagne vengono ridotte a sabbia, i ponti consumati, le pietre smussate. Mille piccole unghie si aggrappano alla corazza, incidendola e lasciandovi piccoli segni indelebili. Giorno dopo giorno assottigliano l’involucro e creano una ragnatela sempre più profonda fino a scoprire la debole carne.
Il peso delle difficoltà non è da meno. Il peso schiaccia senza pietà. Anche Atlante dovette ricorrere alla furbizia per trovare sollievo dal suo fardello. Sopportare a lungo é un’impresa impossibile. Sempre più piegati, con i tendini al limite che premono sulla morbida pelle, le vertebre provate e deformate, il sudore copioso che fiacca ancora di più il fisico. Fino al crollo doloroso.
La resistenza è ardua, l’atarassia una chimera di perfezione.
Porta pazienza e fai scorrere via, mi dicono. Sopporta, tira avanti come un bravo mulo, mi ripetono. Fai scorrere, sopporta, tira vanti. Pazienza, pazienza. Sopporta, fai scorrere, vai avanti. Testa bassa, sopporta, fai scorrere…
E io mi sento sempre più sottile, più piccola, più scalfita, più schiacciata.
Fai scorrere, pazienza, sopporta, vai avanti…