Lasciar andare

Anche quando il gioco è ormai arrivato alla sua fine, è difficile alzare le mani e lasciar andare. Quando non rimangono le forze, rimane la volontà, non razionale, ma quella animalesca e istintuale.

È chiaro che non si possa fare nulla, ma non vuoi lasciarlo andare. È solo egoismo, e si trova nello schieramento perdente, eppure si cerca di trattenere quel sospiro di vita con le unghie, le mani diventano artigli rapaci, disperati e colmi di speranze illusorie.

In questa giostra, il momento più difficile è lasciar andare.

Scale

Una lunga, ininterrotta fila di scale si snodava a perdita d’occhio. Davanti si inerpicava su una parete rocciosa, fiancheggiando un abisso vuoto. Dietro si perdeva nell’oscurità.

I gradini erano irregolari, a volte alti, a volte bassi, squadrati e lisci, frastagliati e irregolari. Alcuni umidi, scivolosi, come se avesse appena piovuto. Altri secchi, polverosi, aridi.

Salirci era un’impresa difficile. Si rischiava di perdere l’equilibrio o di scivolare e farsi male. Le cadute del passato proiettavano una cupa ombra di paure e timori sul percorso ancora da affrontare. E il piede si faceva più pesante e più incerto, procedeva lento, con il terrore di precipitare nel nulla o di invertire il cammino e tornare indietro.

Per questo si era seduta. Solo momentaneamente, però. O almeno così sosteneva. E se non fosse stata una semplice pausa? Se questa interruzione l’avesse rovinata, infiacchita?

Non le restava che alzarsi. Dolorante, insoddisfatta. Sola.

Ma doveva salire.

Scalino dopo scalino.

Perché se il punto dove si trovava la rendeva così triste, tanto valeva lasciarselo alle spalle e sperare in qualche cosa di meglio.

Scivolare via

Dicono di farsi scivolare addosso le avversità, di non lasciarsi scalfire, di sopportare e tirare avanti. Sembrano frasi banali, scontate, ripetute mille voci che riecheggiano come un’eco. Tanto scontate quanto impossibili da realizzare.

Impossibile mantenere un totale distacco. Ciò che scorre lascia un segno, logora, consuma. L’acqua di un semplice torrente scava immensi letti, le montagne vengono ridotte a sabbia, i ponti consumati, le pietre smussate. Mille piccole unghie si aggrappano alla corazza, incidendola e lasciandovi piccoli segni indelebili. Giorno dopo giorno assottigliano l’involucro e creano una ragnatela sempre più profonda fino a scoprire la debole carne.

Il peso delle difficoltà non è da meno. Il peso schiaccia senza pietà. Anche Atlante dovette ricorrere alla furbizia per trovare sollievo dal suo fardello. Sopportare a lungo é un’impresa impossibile. Sempre più piegati, con i tendini al limite che premono sulla morbida pelle, le vertebre provate e deformate, il sudore copioso che fiacca ancora di più il fisico. Fino al crollo doloroso.

La resistenza è ardua, l’atarassia una chimera di perfezione.

Porta pazienza e fai scorrere via, mi dicono. Sopporta, tira avanti come un bravo mulo, mi ripetono. Fai scorrere, sopporta, tira vanti. Pazienza, pazienza. Sopporta, fai scorrere, vai avanti. Testa bassa, sopporta, fai scorrere…

E io mi sento sempre più sottile, più piccola, più scalfita, più schiacciata.

Fai scorrere, pazienza, sopporta, vai avanti…