Per un baratto

Prometeo, mi hanno detto che il padre degli dei ti ha punito privandoti dell’immortalità.

Punizione sopportabile, Chirone. Tu vivresti in eterno?

Avrei vissuto in eterno, ma ora la sofferenza mi attanaglia. Liberami da questo peso, concedimi la pace.

Sei famoso per la tua bontà e la tua sapienza, centauro. Eppure ora gli dei ti guardano soffrire per colpa di un loro discendente e non fanno nulla per garantirti quel sollievo che tu hai elergito. Achille stesso ti è debitore.

La mia cura lo ha reso vulnerabile, le mie conoscenza hanno reso più forti i mortali. Gli dei non provano simpatia per me. Forse per questo sono condannato a immani sofferenze. Una ferita che non uccide ma che fa impazzire è preferibile alla morte? Nemmeno la mia arte riesce ad alleviare la mia sofferza. Cìè dignità in questa mia condizione, Prometeo? Come posso io proseguire la mia esistenza se non penso ad altro se non alla piaga, al dolore, alla soffernza.

Avresti dovuto evitare il dardo di Eracle.

Avrei dovuto evitare di immischiarmi in scaramuccie di mortali. Ma ascoltami, Prometeo: io ti cedo la mia immortalità e tu mi liberi da un gran dolore. Ne hai ancora di battaglie da combattere. Al padre degli dei serve un titano che ne metta in dubbio il potere.

Chirone, il centauro saggio. Parli tu o parla il tuo dolore?

Non c’è differenza.

Immortalità per pace. Chi ne guadagnerà?

Entrambi, lo sai. Lo vedo, tu non vuoi andartene nell’Ade. Lo rifuggi. Consideralo il mio estremo atto di cura. Ti curo da una mortalità non voluta.

Un baratto deve essere equo. Hai ragione, i tuoi occhi pregano. Gli occhi non dovrebbero mai pregare. Facciamo lo scambio, e sorridi al sollievo della morte.

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Filottete

Il mare infinito non parla. Tutte le creature che lo abitano hanno perso la voce e non si fanno vedere. L’isola è muta da quando gli altri se ne sono andati, lasciandomi qui a marcire assieme al mio dolore.

Se qualcosa cambia, si è condannati all’isolamento. La mia forza è stata abbattuta da una ferita, i miei amici sono stati sconfitti dall’orrore per la malattia, alla vista della realtà che potrebbe abbattersi su tutti loro, a seconda del desiderio del fato.

Il mio è stato esacerbato dall’eroe che eroe non voleva essere, e che eroe non è. Non si è fatto troppi scrupoli a privarmi di tutto, a lasciarmi su questa arena. Non attendo che la morte. Ma prima, all’orizzonte, comparirà anche lui, il sagace guerriero che con la voce vincerebbe mille battaglie, e con l’inganno sbaraglierebbe interi eserciti.

Non riesce a sopportare la sofferenza. Eppure anche lui dovrà patire mali e si ritroverà solo, nudo, abbandonato su una spiaggia che non conosce. Forse in quei momenti si ricorderà di Filottete, lo sfortunato eroe ferito in un incidente.

Perché il malato vi fa così paura? Cosa temete? Cosa temi Ulisse: forse di non tornare in patria? O di tornarvi mutato?

Tornerai, non solo in patria, ma qui. Tornerai dal mefitico eroe. Lo so. Qui con me ho l’arco senza il quale neppure le tue macchinazioni possono realizzarsi.