Il mare infinito non parla. Tutte le creature che lo abitano hanno perso la voce e non si fanno vedere. L’isola è muta da quando gli altri se ne sono andati, lasciandomi qui a marcire assieme al mio dolore.
Se qualcosa cambia, si è condannati all’isolamento. La mia forza è stata abbattuta da una ferita, i miei amici sono stati sconfitti dall’orrore per la malattia, alla vista della realtà che potrebbe abbattersi su tutti loro, a seconda del desiderio del fato.
Il mio è stato esacerbato dall’eroe che eroe non voleva essere, e che eroe non è. Non si è fatto troppi scrupoli a privarmi di tutto, a lasciarmi su questa arena. Non attendo che la morte. Ma prima, all’orizzonte, comparirà anche lui, il sagace guerriero che con la voce vincerebbe mille battaglie, e con l’inganno sbaraglierebbe interi eserciti.
Non riesce a sopportare la sofferenza. Eppure anche lui dovrà patire mali e si ritroverà solo, nudo, abbandonato su una spiaggia che non conosce. Forse in quei momenti si ricorderà di Filottete, lo sfortunato eroe ferito in un incidente.
Perché il malato vi fa così paura? Cosa temete? Cosa temi Ulisse: forse di non tornare in patria? O di tornarvi mutato?
Tornerai, non solo in patria, ma qui. Tornerai dal mefitico eroe. Lo so. Qui con me ho l’arco senza il quale neppure le tue macchinazioni possono realizzarsi.