Da solo – Giorno 14 Real Game

Mentre Andrea seguiva la signora, cercava di ricordare il nome della nuova azienda per cui lavorava Clara: all’improvviso gli sembrò che avesse un nome molto simile a Real Game. Clara lavorava come grafica, ma, pochi giorni prima di scomparire dalla sua vita, aveva cambiato lavoro.

“Mi scusi”, ma la signora continuò spedita varcando l’entrata. Andrea si trovò in una stanza grigia come l’esterno, con la stessa scritta, anche se più piccola, su una parete. La signora gli porse un bicchiere colmo di acqua fresca. “Grazie. Senta, per caso qui lavora una Clara?”

“E a lei, piacerebbe lavorare qui? Badi bene, sarà un grande cambiamento di vita, ma anche la sua Clara non era molto soddisfatta della sua esistenza. Certo, il motivo principale della sua insoddisfazione era lei, ma probabilmente non eravate complementari. Allora, vuole cambiare la sua vita?”

Andrea la guardò un po’ perplesso. “Non so nemmeno di che cosa vi occupiate, né come si chiami lei. E di che cambiamento sta parlando?”

“I suoi dubbi sono leciti”, notò la signora. “Mi chiami pure Bianca. Si trova nella sede di sviluppo di una delle più innovative aziende di giochi virtuali. Siamo un’eccellenza a livello mondiale: i nostri giochi non si limitano a intrattenere, ma danno ai nostri partecipante ciò che vogliono. Tuttavia, i nostri prodotti sono ancora in fase di sperimentazione. Lei ci aiuterebbe a testare il prodotto. Basta che lei si immerga nel gioco, al resto, penseremo noi”.

Andrea la guardava e allo stesso tempo pensava alla possibilità di cambiare vita, nello stesso modo in cui lo aveva fatto Clara.

“Allora?”  insistette Bianca.

Pubblicità

Da solo – Giorno 11

Devo aver preso un bel colpo alla testa se non riesco a ricordare la scritta del posto in cui mi ero fermato. Era davvero enorme, svettava in cima con lettere che sembravano giganti messi in fila. Non era molto lunga, e forse non era solo una parola, ma due. Poi non riesco più a mettere a fuoco nulla. Anche l’interno della struttura rimane un mistero. Meglio lasciar perdere, per ora: sembra che non riesca a ottenere nient’altro se non un gran mal di testa.

Tornando a noi. Il fiumiciattolo sta diventando più sottile e più irruento, buon segno: vuol dire che mi sto avvicinando alla fonte, alla mia meta. Quello di non avere una meta è sempre stato un difetto che Clara mi rinfacciava. Secondo la mia adorata ragazza mi muovevo come un automa, facevo solo il compito che mi veniva affidato, quello che ci si aspettava da me, nulla di più, nessuna ambizione. È probabile che il suo carattere irruente l’abbia spinta a considerare il mio amore per la tranquillità una debolezza di indole. Ma non siamo fatti tutti allo stesso modo, per cui, cara Clara, sarebbe stato meglio dividere le nostre strade prima.

Questo posto mi piace, soprattutto ora che non incontro strani animali parlanti. Quando cercavo di calmarmi raffigurandomi un luogo ideale, mi immaginavo proprio una spiaggia con alle spalle una verdeggiante macchia di alberi. Mi viene persino il dubbio di aver subito un qualche incidente e di essere in bilico sulla voragine della morte. Eppure non sento alcun dolore. Meglio che faccia la mia camminata quotidiana, in modo da rischiararmi la mente e allontanare questi pensieri.

La sera ha sempre qualcosa di speciale, una sorta di magia che porta le tenebre, soprattutto qui, dove nasce il mio liquido compagno di viaggio. È una bella raduna, con al centro una sorta di masso da cui scaturisce una fresca acqua pura, che sembra poter lavar via ogni tristezza e ogni pensiero. Ora basta solo trovare un nuovo obiettivo.

Da solo – Giorno 10

Un altro giorno senza bestie parlanti. Nessun pesce che mi fa discussioni filosofiche o che elargisce pillole di vita. Non mi riferisco solo a Clara e a nonna, ma anche di semplici conoscenti che, non ho mai capito con quale coraggio, si ergono a giudici dell’umanità intera. A volte li invidio: non riuscirei a impormi a quel modo o considerarmi superiore a tutti. Ma questo non è più un mio problema.

In effetti qui non ci sono molti problemi, se non quello di procacciarsi il cibo. Ma con un po’ di ingegno immagino di riuscire a sopravvivere. I miei gusti in questo campo sono cambiati, senza nemmeno rendermene conto. Secondo Clara facevo un uso spropositato di caffè e della grande famiglia degli zuccheri. Clara faceva parte, invece, della frangia salutista, il che rendeva arduo ogni invito a cena: bisognava evitare pizzerie, ristoranti di catene, bar, osterie, asporto. Gli unici locali erano fin troppo costosi e pretenziosi per Andrea. Ora mangio per lo più frutta e quello che rimane di queste scatolette. Clara sarebbe fiera di me, ma ora non me ne importa granché.

Il fiume segue una linea tortuosa, anche se il terreno è piuttosto piano. Lo capisco: anch’io sono capace di rendere complesso anche il compito più semplice. Il mio cervello si perdeva in un labirinto di dubbi e di pericoli da cui difficilmente riuscivo a uscirne.

Mi sono dimenticato di dirvi una cosa: mentre camminavo, mi è balenato in mente l’edificio in cui mi sono fermato. Nulla di particolare: una struttura cubica e grigia, di media dimensione, ma con una scritta cubitale azzurra. Non riesco, però, a mettere a fuoco cosa riportasse quella scritta.

Da solo – Giorno 1

Nemmeno so perché stia tenendo un diario. Dopotutto in questa isola, se di isola si tratta, mi ritrovo da solo. Ho nome solo per poche cose che mi circondano. In primo luogo ho il mio nome: Andrea. E poi c’è sabbia, mare a perdita occhio, alberi e uccelli non meglio definiti. Probabilmente state pensando che stia delirando. Può essere, ma tanto esistete solo nella mia immaginazione. Eppure, pensateci bene: se si conoscono le definizioni di oggetti, animali e piante, allora si hanno più chiare anche le loro proprietà. In questo momento, invece, non so se quel cespuglio produca bacca o frutti, e, se così fosse, non ho la minima idea se siano o meno commestibili. Per ora sono l’unica cavia disponibile, per cui in caso di errore sarò anche l’unica vittima. Bene per gli altri, peggio per me. Magari sono bacche allucinogene.

Ma di una cosa sono certo, mi chiamo Andrea. O Luca? O Marco? Scherzo, scherzo, il sole non mi ha fatto ancora questo effetto. Sono Andrea, e mi ritrovo in una terra da esplorare.

Vi starete chiedendo come ci sono finito in questa situazione. Bella domanda, perché non me lo ricordo. L’unica cosa che so è che mi ritrovo su questa morbida sabbia bianca, davanti a un mare turchese, ma che non sono in villeggiatura o in un viaggio di piacere, almeno così credo. Mi sono svegliato qui, al suono di qualche uccello che volteggiava sopra di me, lontano, nel cielo, magari sperando che io fossi una carcassa. E infatti, quando mi sono svegliato, ha subito cambiato posto. Anche lui non mi sopporta.

E già, perché sembra che nemmeno la mia fidanzata mi sopportasse molto. Prima di ritrovarmi qui, ero un cittadino normale, con una vita normale, e aveva appena scoperto che la mia ragazza si vedeva con un certo Alfredo, nome che, ammetto, è molto più promettente del mio, per scambiare qualcosa di più di semplici parole. Mi disse che le ero venuto a noia. Dal numero dei miei amici, temo che venga a noia a parecchia gente. Ma ne parleremo un’altra volta.

Qui sta calando la notte. Domani cercherò di trovare un punto sopraelevato per capire se questa sia effettivamente un’isola o se ci siano segni di altri umani. Almeno così fanno nei film.