A capo di quel ristretto gruppo di non proprio giovani promesse del gioco delle bocce vi era Luca, il matematico incallito, la mente calcolatrice, uno dei giocatori più apprezzati, e non solo per la sua abilità sportiva. Si dava il caso che Luca fosse sposato con donna Anna, Anna la bella, Anna la conquistatrice. Gli epiteti che contraddistinguevano la signora non erano mai volgari, perché, fin da giovane età, Anna si era contraddistinta per la sua innata sensualità. Sembrava che per lei conquistare uomini fosse uno sport migliore delle bocce stesse. La sua non era una bellezza aggressiva, non era di quelle donne che fanno voltare il capo. Era semplicemente la donna che tutti avrebbero voluto avere al proprio fianco: ironica, colta, con un sorriso che avrebbe smosso l’animo anche del più serafico santo. E quando cantava, avresti detto che gli angeli stessi del paradiso fossero scesi in terra. Un tantino esagerato, direte voi: eppure, provate a chiedere a Luca, o a Silvano. Anche Luigino, se potesse, vi racconterebbe dell’ineffabile bellezza di Anna. In effetti Luigino si dilungherebbe anche su qualche cosa d’altro, ma è meglio non indagare in questa sede. In ogni caso, gli anni non sembravano aver scalfito quel fascino, e Anna rimaneva una delle donne più desiderate e più sognate del paese.
Eppure, c’era qualcuno che proprio non sopportava Anna: erano le comari, quelle arcigne mogli che non sembravano mai essere state sfiorate dalla gioventù. Luca veniva considerato una sorta di zerbino, uno schiavo della moglie mangiatrice di uomini, anzi di mariti, i loro. Non abbiate mai l’ardire di nominare Anna davanti alla vedova di Luigino, a meno che non vogliate vedere un’arpia in carne e ossa: qualora abbiate l’ardire di fare una cosa così insensata, scappate, prima che vi cavi gli occhi.
In ogni caso, era Luca ad avere la fortuna di godere della bellezza e della arguzia di Anna. Non Luigino, che prima della dipartita poteva sperare di passare con la bella poche ore al mese, e neppure Silvano, che su Anna non aveva ancora posato un dito. Non sembrava neppure dispiaciuto del fatto che Luigino fosse stato trovato morto, a casa sua, sulla sua alcova, più svestito che vestito, in compagnia della sua mogliettina. In realtà non disse nessuna parola a riguardo. Muto, come il pesce che nuotava oziosamente nel suo salotto. Chissà di che cosa era stato testimone quel pesce! In ogni caso, Luca si presentò al funerale di Luigino, con affianco un’affranta moglie, pianse le lacrime necessarie per onorare un amico e un compagno, gettando, quindi, una tanica di benzina sul fuoco delle malelingue.
Anna a parte, Luca era anche conosciuto per la sua abilità con i numeri. In effetti, era laureato in matematica e insegnava la stessa materia nel liceo della vicina città. Questa sua passione tendeva, però, a sfociare nell’ossessione: i numeri avevano un significato preciso per Luca, la loro disposizione, la loro presenza avevano delle conseguenze. I numeri dispari o, peggio ancora, i numeri primi erano per lui intollerabili.
Tre aveva tutte le caratteristiche di un numero intollerabile, per cui bisognava portare la squadra al numero quattro o al due. Quest’ultima ipotesi non gli sarebbe dispiaciuto, soprattutto se avrebbe comportato l’allontanamento di Silvano. Ma non se la sentiva di fare squadra con l’altro membro dei Vecchi Compari, e Silvano era troppo abile per rinunciarvi. Si sarebbe limitato a tenerlo lontano da casa sua.
Pietro, Pietro era perfetto. Lo capì subito dal non proprio sottile ricatto con cui il fabbro lo aveva indotto ad accoglierlo in squadra. Inoltre, gli piacevano molto le voci sulla fuga della moglie di Pietro: non gli sembrava un pericolo per la sua vita coniugale. Magari avrebbe potuto anche invitarlo per un caffè. In realtà era un pensiero del tutto peregrino: nelle successive settimane non lo invitò mai, la prudenza non era mai troppa, soprattutto in un periodo così delicato per Anna.
Come capo dei Vecchi Compari, impose Pietro a Silvano e iscrisse il gruppo al prestigioso Gran Torneo di Bocce e Bocciatori del paese.
