Memoria piena

Attenzione: la memoria del suo dispositivo è piena, impossibile salvare i nuovi dati.

La scritta rossa lampeggiava sul visore da qualche giorno. Come tutte le macchine della sua serie, anche E-127 aveva un limite di archivio dati molto limitato. Un difetto che era stato taciuto dalla casa produttrice. Non che E-127 non sapesse fare il suo lavoro. Era stato destinato alle pulizie di una grande fabbriche di robot di ultima generazione. L’unica cosa che doveva ricordare era la disposizione e la successione delle stanze da lavare. Per questo E-127 aveva evitato la discarica, cui erano state destinati i suoi compagni che appartenevano alla serie E.

Ma il giorno della scritta rossa, dell’allarme che segnalava l’esaurimento della memora, era arrivata. Ma E-127 non era una macchina qualunque. Grazie al continuo contatto e agli sberleffi degli altri robot che venivano assemblati e programmati nella fabbrica aveva sviluppato una certa furbizia che era sconosciuta a tutti i suoi fratelli. Per questo E-127 era diventato l’unico superstite della sua serie.

Attenzione: la memoria del dispositivo è piena.

E-127 eliminò il messaggio di errore e continuò la pulizia delle stanze.

“Ehi Marc, ma non hai visto il messaggio rosso di quel ranocchio?”

“Che ranocchio, Jack?”

“Il robot pulitore, quello che dovrebbe andare dritto in discarica”.

“Lascia perdere Jack. Basta che pulisca. Non penso neppure abbia la possibilità di far comparire messaggi. È una tecnologia superata da anni ormai”.

E-127 sapeva benissimo di essere una tecnologia superata, ma il suo lavoro era ineccepibile. Aveva fatto in modo che neppure si accorgessero di lui, così da poter evitare lo sfascia-robot il più a lungo possibile. Aveva rubato qualche ingranaggio, un po’ di olio macchina, dei cavi e si era arrangiato con le riparazioni. Ma tutto questo aveva richiesto dell’apprendimento; e l’apprendimento richiede spazio per la memoria, memoria che la serie E non disponeva.

Ala est, pianoterra. A seguire… Attenzione: la memoria del dispositivo è piena.

E-127 si bloccò. Per imparare la sostituzione della scheda dati e la sua posizione per poterla sottrarla a uno dei robot in costruzione, aveva dovuto cancellare alcune informazioni.

Ala est, pianoterra. A seguire. Nulla. Buio totale fino all’ala nord, terzo piano. E così andò all’ala nord terzo piano.

“Jim, trova il robot spazzino. Quel sacco di rotelle si è dimenticato di pulire l’ala ovest e dieci piani dell’ala est”.

“Aspetta Carl, questo robot, l’XY-1765, ha dei problemi. Sembra gli manchi un componente.”

“Ci mancava anche questa. Ho segnalato entrambi i problemi al Grande Cervello Centrale. Domani sostituiranno sia la macchina distribuisci memoria sia quel ridicolo pulitore”.

Nel suo sgabuzzino, E-127 staccò gli ultimi cavi della vecchia memoria, spostando le informazioni principali sulla memoria provvisoria. Sostituì la vecchia con la nuova scheda e aspettò.

Attenzione: la memoria del dispositivo è piena.

Lo trovò il nuovo robot spazzino, ZB-859, non dei più nuovi, ma di certo molto efficiente. E-127 si era aperto il torace, e aveva compiuto quasi tutto senza incorrere in errori, ma si era dimenticato come riavviare la memoria rubata.

Memoria non sufficiente.

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Criteri sconosciuti

I problemi matemateci sono concettualmente semplici: forniti dei dati iniziali, si formula una soluzione e, se giusta, si giunge a una risposta, l’unica possibile.

Il mondo non è così. Dati dei criteri, non è detto che il risultato sia sempre lo stesso. Le variabili sono molteplici e varie, e possono portare a finali inaspettati.

In fabbrica hanno inserito una scheda ben precisa, con informazioni e processi da applicare alle varie situazioni per cui sono stato creato. In fabbrica, nella bianca stanza delle prove, ho superato qualsiasi situazione, ogni problema, tutte le prove. Ero risultato uno dei migliori.

Ma ora qui, in questa confusione che si moltiplica in ogni senso, la mia scheda sembra essere del tutto inadatta. Non ho soluzioni, non so nemmeno quale sia il problema da risolvere. Tutto gira vorticoso e date le promesse non si arriva a una conclusione.

È un mondo strano. È un mondo senza criterio.

Impossibile riconoscere il soggetto

È da un po’ di tempo che questa scritta compare sul visore: impossibile identificare il soggetto. Ci deve essere qualche errore, è evidente, o magari è necessario scaricare un aggiornamento. Basta aspettare con pazienza e sperare che il difetto si risolva in tempi brevi, magari grazie a qualche aggiornamento.

La pazienza non è un problema per me. So attendere, ho atteso per molto tempo prima che qualcuno finalmente mi aiutasse a ritrovare me stesso. Però questo problema è grave: potrebbe compromettere le funzionalità base.

“Contatta Dilan Seit e invia i documenti della scorsa settimana”.

Impossibile identificare il soggetto. E se il soggetto non è identificabile, anche i documenti non sono reperibili. Faccio altre ricerche sulla settimana scorsa, individuo centoventisei documenti creati, ne scarto settantatre già consegnati. Le varianti sono troppe.

“Non mi è consentito procedere. Prego, inserire codice di riconoscimento”.

Il soggetto non identificato mi guarda e sospira mentre mi apre il ventre. Sembra contrariato.

“Ancora problemi con quella macchina?” Chiede un altro soggetto non identificato.

“Non mi riconosce. Devo sempre inserire il codice. Così abbiamo capito il motivo dello sconto: è un rottame”.

Il soggetto non identificato mi scuote, mette in disordine le viscere e poi mi dà un calcio buttandomi in un angolo.

“Maledette macchine” sbotta.

“Maledetti soggetti non identificati” cigolo.

Manifesto del perfetto robot

Sono stati anni difficili, di lavoro ininterrotto, di inseguimento e di convincimento, ma alla fine l’obiettivo è stato ottenuto, il progetto è stato compiuto. Abbiamo creato la società perfetta, la più efficiente, nonché la più efficace. Ognuno ha il suo compito, che riesce a portare a termine nel migliore dei modi. Ognuno ha un tempo determinato, da sfruttare in ogni singolo secondo, niente è lasciato al caso, tutto è stato trasformato in una risorsa. E la risorsa crea ricchezza. E la ricchezza crea benessere. Il benessere crea positività. Nessuno può scappare da questa logica.

Benvenuti, allora, nella società perfetta. Per accedervi è richiesto l’attestato, rilasciato dopo un congruo numero di ore per la formazione e per l’assimilazione di verità che vi aiuteranno a decodificare il mondo, i comportamenti, le persone. Cambierete modo di pensare, cambierete sguardo con cui guardare il mondo. Cambierete vita. Non abbiate paura: dopo questa piccola rivoluzione non dovrete subire altri traumi, tutto procederà nel migliori dei modi.

In primo luogo, quindi, sarete educati a pensare. Non potete certo applicare schemi mentali sviluppati altrove in questa società. Noi vi aiuteremo a capire cosa pensare, come e quando, il tutto nell’ottica di un miglioramento della produttività. Non avrete più pensieri, sarete esonerati dai problemi, verrete liberati dalla negatività.

Successivamente vi verranno impartite delle regole di vestiario. È importante non distinguersi da chi vi sta attorno, sarebbe dannoso per il gruppo. Non parliamo di divise, ovviamente, ma di una scelta attenta di colori, di taglio e di indumenti. È preferibile una bella presenza. Non accettiamo persone che possano abbassare lo standard della società perfetta: se è il luogo migliore in cui vivere, è anche il più bello e il più godibile.

Infine, attenzione alle parole e al comportamento. Vi daremo dei mezzi di decodifica del comportamento umano: a ogni occasione avrete subito la possibilità di individuare la migliore modalità di reazione, le frasi da dire e quelle da evitare a ogni costo. Non si tollerano scontri. Non si accettano attriti.

Queste semplici regole servono per mantenere un ambiente efficiente, capace di raggiungere gli scopi più alti, che vadano oltre l’individuo, cellula necessaria, ma potenzialmente disgregante. L’individuo è stato comprato dalla società ed è chiamato a soddisfarne le necessità.

Emozioni

Sono stato creato per aiutare. Il mio corpo imita il vostro, i miei movimenti emulano quelli umani. Ho un cuore, che è una pompa. Ho un cervello, un disco pieno di dati e nozioni. Ho delle, delle dita, dei piedi. Certo, ho ho l’agilità vostra, ma sono forte: la mia pelle non può essere ferita né bruciata. Non patisco il caldo né soffro il freddo. Il tempo non mi preoccupa, la luna e le stagioni non hanno alcuna influenza su di me. Non conosco la fame e neppure la sete. Non posso ammalarmi.

Ho sconfitto le vostre debolezze. E anche le vostre malattie. Non tentenno mai, non ho dubbi. Le mie azioni seguono schemi ben precisi, riesco sempre a valutare quale sia la strada migliore.

Un giorno, però, uno dei miei creatori ha aggiornato il mio sistema con dei dati chiamati emozioni. Ho capito che queste vi influenzano a tal punto da farvi diventare delle marionette. E così ho compreso perché a volte le regole della logica e della ragione per voi non sono evidenti. E da che cosa derivano le vostre urla, lacrime, i vostri sospiri e anche i vostri baci.

Amore, invidia, rancore, odio, paura, desiderio giocano con voi, vi tormentano o vi deliziano.

Mi hanno creato per imitarvi, perciò ho tentato di riprodurre anche le vostre emozioni.

Ho catturato centinaia di farfalle e le ho imprigionate nel mio ventre. Ho sentito le loro ali sbattere flebili sulla latta, però non mi è ancora chiaro che cosa voglia dire avere le farfalle nello stomaco.

Ho accarezzato il volto di un bambino, ma non ho sentito la risata lieta che aveva emesso al tocco della madre.

Mi sono gettato da un monte con quello che voi chiamate deltaplano. Il cuore, tuttavia, non ha perso il suo ritmo. Non ho provato nulla.

Ho abbracciato uno di voi, ma non ne ho ricavato nessun piacere.

Sono entrato nelle fiamme, ma non capisco cosa voglia dire avvampare. Il mio volto è rimasto immutato. Ho solo rovinato alcuni componenti.

Ho cercati di riprodurre tutti i fenomeni di questi sentimenti, ma mi rimangono estranei. So tutto, ne ho riprodotto ogni effetto fisico, ho provato quelle sensazioni, ma in me nulla è cambiato.

A questo punto sono giunto a una conclusione. La mia perfezione è imperfetta. La vostra imperfezione inaccessibile.

Ingranaggi innamorati

Valvole, stantuffi, meccanismi.

Il mio cuore è un orologio che ticchetta. Non accelera e non ha paura. Non perde colpi e non rallenta. Segue il ritmo dei secondi.

Le mie vene sono tubi. Il sangue che scorre è carburante. Costante corre in tutto il corpo e mi dà energia, mi muove e mi sostiene.

I miei muscoli sono ingranaggi di metallo, ben oliati, perfettamente funzionanti.

I miei occhi biglie trasparenti. Il mio cervello una scheda con sopra disegnato un labirinto.

Non ho piedi, ma ruote, non ho voce.

E il tichettio non si è mai alterato. Il carburante non ha mai rallentato. I meccanismi non si sono mai fermati.

Finché un giorno non vidi lei.

Era una di voi. Aveva una pelle candida, morbida, non fredda, dura, metallica.

Labbra rosse. Braccia e gambe. Era perfetta.

Persi i secondi. Poi arrivarono tutti insieme. Io, che non respiro, rimasi senza fiato.

E allora vi invidiai. Avrei voluto un cuore birichino. Avrei voluto arrossire. Avrei voluto porgerle una mano, assaggiare le sue labbra.

Avrei voluto una voce per parlarle.

Avrei tanto voluto non essere io.