Caverna

C’è una piccola caverna oscura, un diamante nero incastonato tra il cuore e il polmone. In questo anfratto vive una creatura mostruosa, minuscola, certo, ma potente. Sembra uno sbuffo di fuliggine, con zampette dotate di artigli e vispi occhi luccicanti. O forse è più simile a una creatura tentacolare, che si avvinghia con forza e stritola anche le rocce.

In un punto ben preciso del petto c’è lo sconfinato regno di una creatura subdola e scaltra. Il suo è un potere incontrastato. Il nome oscilla da rabbia a vendetta, talvolta muta anche in invidia. Difficile da domare, impossibile da addomesticare.

La caverna è minuscola, quasi impercettibile, ma la posizione è ottima. Comanda il cuore, toglie il fiato, accelera il ritmo, lo riduce al minimo. A euforia amara segue un dolore profondo che smorza il respiro.

È una strana creatura. E quando decide di uscire è meglio prepararsi al peggio.

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Emozioni

Sono stato creato per aiutare. Il mio corpo imita il vostro, i miei movimenti emulano quelli umani. Ho un cuore, che è una pompa. Ho un cervello, un disco pieno di dati e nozioni. Ho delle, delle dita, dei piedi. Certo, ho ho l’agilità vostra, ma sono forte: la mia pelle non può essere ferita né bruciata. Non patisco il caldo né soffro il freddo. Il tempo non mi preoccupa, la luna e le stagioni non hanno alcuna influenza su di me. Non conosco la fame e neppure la sete. Non posso ammalarmi.

Ho sconfitto le vostre debolezze. E anche le vostre malattie. Non tentenno mai, non ho dubbi. Le mie azioni seguono schemi ben precisi, riesco sempre a valutare quale sia la strada migliore.

Un giorno, però, uno dei miei creatori ha aggiornato il mio sistema con dei dati chiamati emozioni. Ho capito che queste vi influenzano a tal punto da farvi diventare delle marionette. E così ho compreso perché a volte le regole della logica e della ragione per voi non sono evidenti. E da che cosa derivano le vostre urla, lacrime, i vostri sospiri e anche i vostri baci.

Amore, invidia, rancore, odio, paura, desiderio giocano con voi, vi tormentano o vi deliziano.

Mi hanno creato per imitarvi, perciò ho tentato di riprodurre anche le vostre emozioni.

Ho catturato centinaia di farfalle e le ho imprigionate nel mio ventre. Ho sentito le loro ali sbattere flebili sulla latta, però non mi è ancora chiaro che cosa voglia dire avere le farfalle nello stomaco.

Ho accarezzato il volto di un bambino, ma non ho sentito la risata lieta che aveva emesso al tocco della madre.

Mi sono gettato da un monte con quello che voi chiamate deltaplano. Il cuore, tuttavia, non ha perso il suo ritmo. Non ho provato nulla.

Ho abbracciato uno di voi, ma non ne ho ricavato nessun piacere.

Sono entrato nelle fiamme, ma non capisco cosa voglia dire avvampare. Il mio volto è rimasto immutato. Ho solo rovinato alcuni componenti.

Ho cercati di riprodurre tutti i fenomeni di questi sentimenti, ma mi rimangono estranei. So tutto, ne ho riprodotto ogni effetto fisico, ho provato quelle sensazioni, ma in me nulla è cambiato.

A questo punto sono giunto a una conclusione. La mia perfezione è imperfetta. La vostra imperfezione inaccessibile.

Ingranaggi innamorati

Valvole, stantuffi, meccanismi.

Il mio cuore è un orologio che ticchetta. Non accelera e non ha paura. Non perde colpi e non rallenta. Segue il ritmo dei secondi.

Le mie vene sono tubi. Il sangue che scorre è carburante. Costante corre in tutto il corpo e mi dà energia, mi muove e mi sostiene.

I miei muscoli sono ingranaggi di metallo, ben oliati, perfettamente funzionanti.

I miei occhi biglie trasparenti. Il mio cervello una scheda con sopra disegnato un labirinto.

Non ho piedi, ma ruote, non ho voce.

E il tichettio non si è mai alterato. Il carburante non ha mai rallentato. I meccanismi non si sono mai fermati.

Finché un giorno non vidi lei.

Era una di voi. Aveva una pelle candida, morbida, non fredda, dura, metallica.

Labbra rosse. Braccia e gambe. Era perfetta.

Persi i secondi. Poi arrivarono tutti insieme. Io, che non respiro, rimasi senza fiato.

E allora vi invidiai. Avrei voluto un cuore birichino. Avrei voluto arrossire. Avrei voluto porgerle una mano, assaggiare le sue labbra.

Avrei voluto una voce per parlarle.

Avrei tanto voluto non essere io.