Punti nel cielo

Luc guardava il cielo ini continuazione, ogni volta che ne aveva l’occasione, anche quando parlava con qualcun altro. Da piccolo aveva visto dei punti multicolori che galleggiavano silenziosi. Non sembrano neppure muoversi, eppure lentamente avanzavano spinti dal calore del fuoco e dalla forza del vento.

Mongolfiere, gli aveva spiegato il padre.

Da allora Luc era diventato un cacciatore di mongolfiere. Ovunque fosse, in qualsiasi situazione si trovasse, sperava di intravvedere quei cesti sospesi nel vuoto, quegli impavidi giganti d’aria e calore che osavano sfidare il cielo e il vento.

Un giorno, pensava Luc, salirò sulle mongolfiere e vedrò il mondo intero piccolo come ossa di formica.

Le mongolfiere portavano i sogni di Luc in ogni angolo del mondo, e li sganciavano come fantasiose zavorre in terre lontane, che Luc poteva solo immaginare nelle sue avventure di bambino. L’uomo poteva volare, poteva starsene sospeso in alto e rimpiangere il suolo.

Intanto Luc non sa ancora se il suo desiderio verrà realizzato. Si limita a scrutare il cielo in cerca dei suoi sogni di ritorno da un’avventura esotica.

Atlante

Gli dei mi punirono.

Appartengo alla stirpe poco fortunata dei Titani, che da sempre hanno tentato di sovvertire l’ordine. Forze oscure, paurose, che prediligono il caos alle leggi, creature antiche che hanno cercato di sottrarre il sapere ai pochi eletti.

Alcuni di noi sono stati imprigionati tra le viscere della Terra, la loro stessa madre, e là alimentano un rancore inestinguibile. C’è chi ha osato scalare la dimora divina, e chi li ha sfidati rendendo indipendenti i sottoposti. Il primo è stato colpito ed è precipitato al suolo, l’altro ha passato anni eterni legato ad una rupe e torturato.

Io condivido questo triste destino. La mia colpa è la conoscenza.

Ho studiato a lungo il cielo, gli astri che vi danzano, i pianeti che vi abitano. Ho cercato di comprendere la perfezione della volta che copre questa terra così imperfetta. Ho posato i miei occhi sul movimento dei corpi celesti, ne ho scrutato le leggi infrangibili, geometriche, talmente prive di difetti da essere racchiuse in una sfera.

In me è nata la bramosia di possedere questa globo ultraterreno. Lo volevo per me, e così mi alleai con Crono. Ho osato, ma mi sono schierato con i perdenti. E così fui maledetto. Io che tanto ammiravo l’universo, che lo guardavo da lontano senza poterlo toccare, sono stato schiacciato dal suo peso. Astri, meteore, galassie, pianeti, tutto poggia sulle mie spalle.

Da uomo, da creatura vivente, sono diventato un pilastro del cielo. E per impedire che la tanto amata perfezione rovini, sono costretto a soffrire.

Ho tentato di fuggire. C’era un giovane possente, che portava con sé una pelle di leone. Ero riuscito a fargli prendere sulle spalle il mio fardello, ma il mio inganno è stato a sua volta sconfitto da un altro inganno. Lo straniero ottenne tutto, le mele d’oro e la la libertà, cui io tanto agognavo.

Lo so, so che arriverà un altro giovane, che porrà fine ai miei patimenti. Cesserò di essere una colonna vivente per diventare un semplice pilastro.

Si sta avvicinando, l’eroe assassino, lo vedo, con la mostruosa testa in mano. Mi accusa, mi vuole punire. Che faccia pure. Per me non è altro che una liberazione.

È ora che le mie carni, i miei muscoli e tendini trovino riposo.

Uno sguardo al cielo, un altro alla terra

Mi hanno sempre considerato strano, diverso. Eppure io sono nato così, non è stata una mia decisione.

Simbolo diabolico, piccolo mio, non ti porterà mai nulla di bene. Così dicono alcuni, indietreggiando e spuntando a terra,

È un segno dell’amore degli dei, sei destinato a grandi cose. Sento rieccheggiare ancor la voce di mia madre.

Ma a nessuno ho detto la verità.

Il mio occhio nocciola vede il mondo che mi circonda, gli alberi, le persone, i colori. Esattamente come tutti voi. Vedo l’uomo eccellente e l’essere infimo, vedo statue cui manca solo il calore per essere vive, e vedo il sangue che bagna la terra durante stupidi battibecchi. Vedo la morte e la vita, la luce e il buoi. L’orizzonte è il mio limite, il sole mi ferisce, lo sento piangere per il dolore.

E poi c’è l’altro occhio, azzurro come la volta celeste. Per molti è cieco, ma io so che punta in un’altra direzione. Non esiste orizzonte che lo trattenga, scavalca monti, oltrepassa mari, osa varcare confini che mai nessuno ha varcato. Scruta nel cuore della gente, ne individua dolori e debolezze. Vede loro, quelle creature eterne che fanno girare il mondo.

Un occhio mi rende un semplice uomo, l’altro un dio mortale. Da soli non farebbero granché.

Ma insieme, oh, insieme. Preparatevi, l’uomo che indovina i pensieri divini è destinato a far parlare di sé.