Campi Elisi – Pt. 15

Eracle, l’eroe di altri tempi, troppo grande anche per dei poemi di guerra o di viaggio. Il suo coraggio ha sconfitto perfino l’invidia degli dei, ma non quella di un centauro e neppure la gelosia della moglie. I sentimenti sono la forza e la debolezza degli uomini.

“Sono sceso anzitempo in queste terre, ho sconfitto mostri, o viaggiato, ma non mi ricordo nemmeno il motivo. Forse una promessa, forse una gara o una lite. Quel che è certo, è che ho sofferto, ho rinunciato alla mia libertà, per fatiche che un dio mi ha imposto”.

“E sei diventato celebre. Le tue statue sorgono in ogni città”.

“Che ne puoi sapere tu di statue, poeta cieco? Che ne sai delle sofferenze e del dolore. Ho fatto una scelta una volta, ho imboccato la strada dell’eroe, e come Achille sono andato incontro alla mia rovina”.

“La rovina va incontro a tutti, celebri o ignoti. Tutti siamo risucchiati da un vortice di dolore, solo pochi riescono a emergere e spiccare il salto verso l’Olimpo. Dicono che tu ce l’abbia fatta, un semidio, l’eroe umano”.

“Tutto quello che mi ricordo è il bruciante istante in cui sono stato tradito. Deianira, una donna, mi ha ridotto in cenere. L’eroe di ogni tempo, ingannato da un morto”.

“Deianira non voleva ucciderti, voleva solo amarti”.

“A volte l’amore ferisce più di un leone, non può essere domato, e neppure eliminato. Come avrei potuto ucciderla?”

In questi campi il rammarico scorre come un fiume che sussurra le possibilità perdute, le vite non vissute e le pene che si sarebbero risparmiati. Ma dell’amore non c’è che una debole traccia, offuscata dalla miseria della vita.

Campi Elisi – Pt. 13

Pochi possono vantare di aver varcato le soglie dell’Oltretomba, poiché alle anime non è permesso tornare sui propri passi per rivedere i viventi. Tra quei pochi, una donna che ha desiderato morire e un eroe che è stato avvolto da un bruciante tradimento sono riusciti a risalire in superficie.

“Ma a che prezzo”.

“Alcesti, moglie e madre: sei stata pronta a sacrificarti per tuo marito, quando nessuno mai lo avrebbe fatto, e mi sono sdebitato della cortesia dimostratami dalla tua famiglia e ti ho strappata al tartaro”.

“Non è una fatica che ti sia stata richiesta, Eracle. La decisione era stata presa, il mio corpo giaceva freddo e senza vita, mentre l’anima vagava anzitempo in questi campi, sollevata dalle noie terrene, dalla voce petulante di un marito che questua anni di vita. Io ho voluto dare l’esempio, e non un uomo, un guerriero, io, la donna che dovrebbe rimanere a vegliare il focolare”.

“Se non fosse stato per un errore anche Euridice avrebbe condiviso il tuo fato. Perché ti lamenti?”

“Felice Euridice che è scomparsa alla soglia, prima che la sua anima pallida toccasse il sole. Gli occhi umani non possono tollerare di vedere in faccia Proserpina, la mente è in grado di sopravvivere a questo freddo. Io ero morta, e morta sono rimasta, un semplice simulacro affianco a un uomo che non chiedeva altro se non una statua muta e fredda”.

“Io sono sceso, salito, sono stato fatto dio, e non mi è sembrato così faticoso”.

“Eracle, la tua mente di semidio segue strade più semplici della mente di una mortale. Nelle tue vene scorre il sangue del padre degli dei. Per te la mortalità non è che un passaggio. Ma per noi la morte non è reversibile”.

“Il tempo qui non cambia mai, e neppure i tuoi discorsi, Alcesti. Hai abbracciato la morte per dimostrare quanto fosse patetico il tuo sposo, mi hai seguito con il capo chino, avvolta in una veste nera, e così ti ritrovo ancora una volta negli inferi, infelice di quello che ti ho offerto”.

“Mi hai offerto una parvenza di vita. Torna a giocare con la tua pelle di leone, Eracle, e io torno al mio rancore”.

Campi Elisi

Narrano di terre vaste e rigogliose, in cui crescono alberi di ogni tipo, sempre in fiore, sempre con i rami carichi di frutta, in qualsiasi mese dell’anno. In quel paese non esistono stagioni, al giorno non segue la notte, il tempo è cristalizzato.

Lì potrai trovare strani personaggi che riposano.

Un bel giovane stende le gambe mollemente mentre suona la cetra cantando leggende di altri tempi. Poco lontano un ragazzo lo ascolta, in silenzio, rapito, senza mai distogliere gli occhi. Il primo non può fare a meno di sorridere compiaciuto, mentre ricorda le gesta di eroi pronti a combattere in terre lontane solo per la gloria, per diventare a parole immortali. Al suo fianco, gettato a terra, uno scudo di metallo riflette la luce facendo invidia al sole stesso, mentre il giovinetto gioca ozioso con elmo.

Una donna possente li spia da lontano. Ha le braccia muscolose, lo sguardo limpido e duro. In seno porta ancora il rancore di una morte non voluta, di un oltraggio che non può essere vendicato.

Accanto al fiume limpido sospira un uomo dai capelli neri e ricci. È tranquillo, ma un velo di tristezza cala sugli occhi mentre rimira l’acqua. Gli mancano le onde, l’odore salmastro, il sale che tira la pelle, il suono dei flutti che si infrangono come sogni, che raccontano di gente sconosciuta, di terre lontane, di una casa che lo attende, di un’isola tanto amata quanto lontana.

Su una pietra sta seduta una donna velata, che culla un bimbo. Il destino, o un malvagio ordine, lo ha condannato a rimanere un infante per sempre. Nelle orecchie rieccheggia ancora il grido disperato della madre mentre lo allontanano a forza dal suo seno. Sulla sua pelle il sentore dell’aria che lo sferza, ma che non è capace di frenare la sua caduta. “Padre, dove sei?”.

Un poco in disparte il padre guarda la triste coppia, e in cuor suo si rammarica di non essere riuscito a dar loro un futuro. “Tu sei per me marito, padre e fratello”. Eppure si sentiva un semplice assassino incapace di difendere la sua famiglia, la sua città.

Un vecchio cerca di consolarlo, mentre gli cura le piaghe attorno alle caviglie e le ferite sulla schiena. Parla piano, mentre enumera il destino dei suoi numerosi figli.

Un energumeno muscoloso accarezza uno strano manto. Pensa ad un altro mantello, regalatogli dalla sua amata, ardente come la gelosia di lei, pensante come centinaia di fatiche, letale come un’idra che non può essere sconfitta.

Gli amati dagli dei, li chiamano. Uomini perduti, sofferenti, dal fato segnato. Amati dagli dei, dicono.