Campi Elisi – Pt. 13

Pochi possono vantare di aver varcato le soglie dell’Oltretomba, poiché alle anime non è permesso tornare sui propri passi per rivedere i viventi. Tra quei pochi, una donna che ha desiderato morire e un eroe che è stato avvolto da un bruciante tradimento sono riusciti a risalire in superficie.

“Ma a che prezzo”.

“Alcesti, moglie e madre: sei stata pronta a sacrificarti per tuo marito, quando nessuno mai lo avrebbe fatto, e mi sono sdebitato della cortesia dimostratami dalla tua famiglia e ti ho strappata al tartaro”.

“Non è una fatica che ti sia stata richiesta, Eracle. La decisione era stata presa, il mio corpo giaceva freddo e senza vita, mentre l’anima vagava anzitempo in questi campi, sollevata dalle noie terrene, dalla voce petulante di un marito che questua anni di vita. Io ho voluto dare l’esempio, e non un uomo, un guerriero, io, la donna che dovrebbe rimanere a vegliare il focolare”.

“Se non fosse stato per un errore anche Euridice avrebbe condiviso il tuo fato. Perché ti lamenti?”

“Felice Euridice che è scomparsa alla soglia, prima che la sua anima pallida toccasse il sole. Gli occhi umani non possono tollerare di vedere in faccia Proserpina, la mente è in grado di sopravvivere a questo freddo. Io ero morta, e morta sono rimasta, un semplice simulacro affianco a un uomo che non chiedeva altro se non una statua muta e fredda”.

“Io sono sceso, salito, sono stato fatto dio, e non mi è sembrato così faticoso”.

“Eracle, la tua mente di semidio segue strade più semplici della mente di una mortale. Nelle tue vene scorre il sangue del padre degli dei. Per te la mortalità non è che un passaggio. Ma per noi la morte non è reversibile”.

“Il tempo qui non cambia mai, e neppure i tuoi discorsi, Alcesti. Hai abbracciato la morte per dimostrare quanto fosse patetico il tuo sposo, mi hai seguito con il capo chino, avvolta in una veste nera, e così ti ritrovo ancora una volta negli inferi, infelice di quello che ti ho offerto”.

“Mi hai offerto una parvenza di vita. Torna a giocare con la tua pelle di leone, Eracle, e io torno al mio rancore”.

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Alcesti

La fama è una leonessa: stupenda, ma potenzialmente letale.

Per la fama ho affrontato la morte. Lo so, molti diranno che la mia scelta è stata dettata dall’amore per mio marito, ma si sbagliano. Guardatelo, quell’uomo potente e ammirato accetta di mandare me, una donna, a morire al suo posto. È avido di vita, e mi chiede di pagare il prezzo di un amore che non è mai esistito.

Mi mancheranno le risate dei piccoli.

Mi fa ridere quel nano. Neppure suo padre cederebbe un giorno sulla terra per salvarlo. Dicono entrambi che hanno di meglio da fare che visitare il Tartaro. Molti la pensano come loro. Anch’io, a pensarci bene.

E io? Io mi vendico. Di chi si ricorderanno, di Admeto forse? O di Alcesti? Io vi dimostro cosa sia il coraggio.

Mi mancheranno i raggi tiepidi del sole.

Ora tra le ombre sono ombra, e ombra sarò anche se questo viandante con la pelle da leone riuscirà nell’intento di calmare l’animo del vivo Admeto.