I Vecchi Compari – Pt. 8 L’imprevisto

Pietro non aveva alcuna ringhiera da preparare, si intende. Solo non voleva passare la sera con Antonio e con l’alcol: la birra fa parlare, e lui non voleva parlare, soprattutto della storia di sua moglie, che sembrava interessare tutti. Se avesse saputo questa tendenza a curiosare, probabilmente non si sarebbe unito alla squadra. Più che Vecchi Compari, gli sembrava di far parte dei Vecchi Mariti Scontenti e Curiosi. Solo Silvano sembrava aver trovato un passatempo che lo rendeva soddisfatto.

In realtà, le cose non stavano esattamente come pensava Pietro. Silvano si stava avvicinando al posto che Luigino occupava nel cuore di Anna, ma era anni luce lontano dal letto della stessa, a causa della presenza costante di Luca. Questo non sembrava aver intuito le intenzioni di Silvano, ma dalla storia di Luigino doveva aver imparato a non lasciare la moglie sola con un uomo. E con sei allenamenti alla settimana, era difficile trovare un momento di libertà. Per Luigino era stato più facile, visto che Luca non era ancora in pensione quando aveva cominciato la sua avventura.

Squillò il cellulare di Luca: la suoneria era un pigolio a quattro tempi, piuttosto brutta a sentirsi.

“Disastro. È la fine! Non lo avevo previsto, eppure è successo! Ma le probabilità non era alte, affatto”.

Ovviamente era Luca. Silvano si sentì mancare la terra da sotto i piedi: che il matematico avesse capito i piani nei confronti di Anna?

“Calmati, Luca. È successo qualcosa con Anna?” Si rese subito conto della sua stupidità. Perché chiedere di Anna?

“Anna? No, no, si sta riprendendo alla grande dalla piccola depressione che stava attraversando. No, è Antonio!”

Strano che l’imprevisto fosse Antonio: di solito era Antonio a essere flagellato da imprevisti e disgrazie. Silvano si ricordava ancora la delusione di Luigino per la chiusura di I giochi di Dioniso.

“Cosa ha combinato Antonio?”

“Si è slogato una caviglia mentre lavorava in archivio. Mi spieghi come può allenarsi con la caviglia slogata? E ho iscritto la squadra nelle competizioni a quattro. Saremo squalificati!” Seguirono fiumi di lacrime, intramezzati dalla lontana voce di Silvano che cercava di tranquillizzarlo.

“Luca, una caviglia slogata fa presto a guarire, e la gara è tra un mese”.

“Meno di un mese”.

“Tempo comunque sufficiente per una slogatura. Antonio è un professionista, si allenerà anche con la caviglia fasciata, basta che usi l’altra gamba”.

Di certo non ci voleva. Luca sarebbe stato ancora più ansioso, per cui Silvano avrebbe avuto meno tempo per escogitare il suo piani di conquista. E gli dispiaceva anche per Antonio: sembrava essere una calamita per i guai, e ultimamente era di umore ancora più tetro del solito. Almeno Pietro portava un po’ di allegria.

Ma Pietro non era in realtà allegro. Sapeva che, da immobilizzato, Antonio avrebbe dato sfogo alla sua curiosità, prodigandosi con nuove domande su Clara. Anche ora che era bruciata in inferno, quella fedifraga gli metteva i bastoni fra le ruote.

I Vecchi Compari – Pt. 7 Piani d’attacco

Il Gran Torneo di Bocce e Bocciatori era ormai alle porte. Ciò significava che era arrivato il momento di passare all’attacco. Questo famoso attacco prevedeva lo spionaggio degli avversari, in particolare di Vecchie Dentiere, Birilli Traballanti e Bocce del Conte, e alla realizzazione di nuovi schemi, sempre più aggressivi. A quest’ultima si stava dedicando Luca, allo spionaggio, invece, era dedito Silvano, che non era per nulla dispiaciuto del compito: a Silvano piaceva molto dover riferire le scoperte a Luca, recandosi personalmente nella dimora di quest’ultimo. Per farsi perdonare della sua costante presenza, non si dimenticava mai qualche pensiero per la padrona di casa. Per la verità, Anna non sembrava per nulla infastidita dalla presenza di Silvano, e soprattutto dalle sue attenzioni: il marito era completamente dedito all’imminente gara, e, in ogni caso, raramente le faceva dei regali, considerando il suo amore e il suo affetto più che sufficienti alle esigenze di Anna. Ma Anna era una donna romantica e Silvano si stava comportando come un emulo del compianto Luigino.

A quanto pareva, anche le squadre avversarie erano agguerrite: Pietro aveva alzato di peso e lanciato fuori dal bocciodromo tre spie provenienti da Bocce del Conte e due da Vecchie Dentiere, che avevano assoldato anche un nipote per poter osservare da vicino i nuovi sfidanti. Ma Pietro conosceva molto bene quel ragazzino: abitava vicino alla sua officina e spesso sua moglie aveva invitato la famiglia a pranzo. Anche il ragazzo fece un bel capitombolo fuori dalla porta, ma si alzò subito con uno scatto, fece una pernacchia a Pietro e urlò: “Io so, io so dove è andata Clara”. Poi scappò evitando agilmente la boccia di Pietro.

“Avresti potuto fargli male, Pierre” protestò Silvano.

“Pietro, mi chiamo Pietro. Odio il francese”.

“Va bene, va bene, calmati. A cosa faceva riferimento il moccioso? Lo sai che in una squadra non ci sono segreti”.

Pietro rise: “Non ne sono molto sicuro, che non abbiate segreti, vero Silvano? Come sta la moglie di Luca?”

Silvano rise e rientrò per cercare di calmare le grida sempre più isteriche di Luca, convinto che il nipote avversario gli avesse carpito la magnifica tecnica d’attacco del Faraone. Antonio dubitava molto che fosse un reale problema, perché quella tecnica era del tutto incomprensibile, come un geroglifico. Non espresse il suo pensiero, perché sarebbe stato irrispettoso nei confronti di Luca, e anche perché era compito di Silvano calmare il capo. Avrebbe approfittato di quella pausa per passare anche lui all’attacco, ma con Pietro.

“C-c-che c-c-cosa ha u-u-urlato quel b-b-bambino?” gli chiese curioso. In realtà aveva sentito tutto, nonostante gli ululati di Luca.

“Niente di che. Però è una buona idea mandare un giovane. Non possiamo convincere il figlio di Silvano a farci da spia?”

Antonio rise: “Ma P-P-Pietro, n-n-non lo s-s-sai? E-E-Enrico è d-don E-Enrico, un p-p-prete. C-con una m-m-mamma c-c-come q-q-quella, c-che a-altra c-c-carriera a-a-avrebbe p-p-potuto f-f-fare? E n-non hanno f-f-fatto a-a-altri f-f-figli. D-d-dubito c-che d-d-donna R-R-Rachele s-si s-sia p-più f-f-fatta t-t-toccare da S-S-Silvano: s-sai, s-s-sarebbe s-stato peccato mortale”. Peccato mortale gli uscì senza balbettio, come tutto ciò che era inerente alla sfera semantica della disperazione, della morte, della sfortuna.

“Hai pure ragione. E Luca? Ha figli?”

Altra risata: “N-no. P-p-penso c-che A-Anna ne v-volesse, m-ma n-non s-s-sono a-a-arrivati. Ho la s-s-sensazione c-che L-L-Luca n-non c-ci s-sappia m-m-molto f-f-fare, con la p-p-pratica: s-sai, è un m-m-matematico, uno di q-q-quelli t-t-teorici”.

Pietro guardò Antonio: certo, era il più sfortunato, era anche il più silenzioso, ma sembrava sapere tutto di tutti. Meglio stare in guardia, e non lasciarsi fuggire niente.

“D-d-d…d-d-dopo l’a-a-a-allenamento t-ti v-va u-u-una b-b-b…b-b-birra?” chiese Antonio, sferrando il suo attacco, anche se piuttosto debole e molto balbuziente.

“No, mi dispiace: devo finire una ringhiera. Puoi invitare Silvano”.

“M-m-macché” rispose deluso l’altro “L-l-lui v-va a c-cenare d-da L-L-Luca”.

I Vecchi Compari – Pt. 1 Pietro, l’artista

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Foto dal web

Si sa, lo sport è una nobile arte, che va praticata con passione e costanza. E questa storia prende proprio avvio con uno sport. Lo sport più affascinante, più coinvolgente che mente umana abbia mai inventato. I Vecchi Compari erano consapevoli dell’eccellenza di questa attività, tanto che in tutta la loro vita si erano impegnati ad allenarsi nella prode disciplina tre volte alla settimana, frequenza che era stata portata a cinque giorni da quando tutti i componenti della squadra avevano raggiunto l’età della pensione. In realtà non tutti erano riusciti a raggiungere questo traguardo, ma la vita può essere beffarda, e togliere la possibilità a taluni di vedere il proprio volto solcato da profondi canali. Luogo di ritrovo era, ovviamente, il bocciodromo. Esisteva, forse, qualche altra attività degna di essere praticata per così tanto tempo, con buona pace di moglie, prole, amanti e pure lavoro? La domanda è retorica, la risposta è una negazione.

L’ultimo ad aggiungersi all’allegra combriccola era stato Pietro, meglio conosciuto come l’Artista. L’A maiuscola è forse un’esagerazione, ma in un paese che contava diecimila anime, mucche e pecore comprese, realizzare oggetti di ogni tipo era considerato una particolarità degna di un artista. Pietro era stato di professione fabbro: quasi tutte le ringhiere del paese erano uscite dalla sua officina, e aveva avuto anche importanti commissioni dalla città. Oltre a lampadari, testate di letto, cancelli e cancelletti, si dilettava a realizzare soprammobili, statuine e statue giganti. A tal proposito vi invito a visitare il parco del paese: là potrete ammirare lo scheletro di una nave pirata in ferro e vetro, che adulti e bambini si divertivano a esplorare.

Pietro era stato assunto dai Vecchi Compari in occasione di un luttuoso evento: la morte del compianto Luigino. No, Luigino non è un soprannome: all’anagrafe era registrato proprio con questo diminutivo. E visto che l’ironia non vede l’ora di fare irruzione in ogni angolo, Luigino divenne prima un ragazzo alto e ben messo, e poi un uomo forzuto, con una pancia proporzionale alla sua altezza. Forse il suo amore per il cibo, combinato con la passione per le sigarette, rigorosamente senza filtro, e una certo vizio per le donne lo avevano condotto prematuramente nella fossa. Troppi piaceri possono essere mortali, come poteva testimoniare Anna, la moglie di Luca, che tenne per ultima tenne fra le braccia, e pure tra le gambe, il focoso Luigino. Forse si era confusa, poiché entrambi gli uomini portavano un nome che iniziava con la stessa sillaba. M questa è un’altra storia. Fatto sta che Luigino venne sepolto assieme alla sua boccia portafortuna, e Luca chiese proprio a Pietro di realizzarne un’altra per l’eventuale nuovo giocatore: era necessario, infatti ristabilire il numero perfetto di quattro, giacché Luca nutriva una certa antipatia per i numeri dispari, e una scaramantica paura per i numeri primi. Luca era un matematico, si capisce.

Pietro aveva realizzato la boccia, ergonomica e perfettamente levigata. E con una bella P disegnata con lo smalto.

“Nessuno di noi si chiama Paolo o Petronio o Poseidone” notò dubbioso Luca.

“Lo so. È P di Pietro. Avete trovato non solo una boccia ma anche un bocciatore” gongolò Pietro.

“Sai giocare?”

“No, ovvio, ma imparerò. Da quando mia moglie è scomparsa, mi annoio. Guarda, ho fatto di tutto: cavalli, altalene, riccioli, fiori, tori, figure umane, figure fantasiose, enormi sculture e sculture piccole come un dito. Ma non chiedermi dove siano quest’ultime, le ho perse da qualche parte. Prendere o lasciare. Cosa dici? Vuoi boccia e bocciatore o vuoi pagare il materiale e tornartene a mani vuote?”

Luca stava riflettendo: si diceva che la moglie di Pietro fosse scomparsa perché lui non era certo un drago. Non so se mi spiego. Quindi non avrebbe preso il posto di Luigino nell’alcova della sua propria moglie, Anna. Inoltre il fisico di Pietro prometteva bene.

“Affare fatto!”

E con una virile stretta di mano, Luca e Pietro divennero compagni di squadra.