Tesoro

Tutti hanno bisogno di un tesoro da custodire, da cercare, da desiderare e sognare. Tutti hanno un tesoro nascosto, alcuni lo proteggono, altri se lo lasciano rubare. I tesori costruisco sogni e sogni non sono altro che mirabilanti costruzioni aree di fumo e colore.

Il tesoro di Eirene era un uovo. Nessuno era a conoscenza della sua esistenza, nessuno pensava Eirene custodisse un tesoro. Ma la donna sapeva bene che, come i segreti, è meglio che i tesori rimangano nell’oscurità.

L’uovo di Eirene era d’oro, luciccante come il sole che si specchia su un lago di montagna, ed era pesante, come se contenesse del vile piombo. Al centro si intravvedeva una crepa irregolare, che attraversava tremolante la superficie dell’oggetto per tutta la sua larghezza, fino a rounirsi nel punto di partenza, dove la linea diventava serratura.

Eirene non aveva la chiave per aprire l’uovo, e neppure la cercava. C’erano storie che venivano tramandate nella sua famiglia. Mai nessuno avrebbe dovuto aprire l’uovo. L’oro può celare segreti scomodi, un aspetto luccicante può rivelarsi una mera facciata.

Un giorno l’uovo scomparve. Per chi era stato capace di intrufolarsi nei segreti più reconditi, non fu difficile trovare un modo per schiudere l’uovo. Il tesoro più grande di Polemia era all’interno di quel guscio. Il tesoro più grande di Eirene era mantenere il contenitore sigillato.

E il sogno di Polemia si sparse per il mondo, come una pesante coltre di fumo nero.

Alla ricerca del tesoro – Parte seconda e ultima (con grande sollievo di Louis)

L’inizio del viaggio si presenta come una passeggiata: Louis si limita a camminare, assecondando il terreno, attento a non mettere il piede in fallo. In realtà due o tre volte ruzzola poco elegantemente, ma questi piccoli incidenti possono essere considerati come un’accelerazione per il raggiungimento dell’agognata e temuta meta. Niente pirati: il mare è lontano

E niente briganti. La ricerca del tesoro procede senza che si palesino i nemici tipici dell’eroe. Louis non se ne lamenta. In realtà non si era neppure posto il problema di nemici: viaggia disarmato, perché quel monte è così scosceso da aver tenuto lontani malavitosi e bestie feroci.

Arriva al fiume da guadare: il saggio lo aveva descritto come un enorme serpente, con la forza di mille caproni, dalle acque gelide come l’inverno più rigido. Probabilmente aveva affrontato il viaggio in una stagione poco favorevole: Louis ha avuto l’accortezza, o la fortuna, di partire in estate, quando ormai il fiume e poco più di un rigagnolo. Lo oltrepassa e prosegue il suo cammino fino la molo e alla strada. Il molo si rivela essere una piattaforma di legno marcito sospeso nel letto secco del fiume La strada è invece poco più di un sentiero, che a volte dimentica la sua funzione e si confonde con il prato circostante. Da bravo ragazzo, Louis lo segue, sempre senza essere assalito da predoni o da ladri. Non incontra anima viva.

Dopo un altro giorno di viaggio, finalmente scorge le mura della città. Si nasconde in un boschetto e si cambia i vestiti logori. Non che si fossero consumati durante il viaggio: erano logori anche prima di partire. Indossa delle vesti nuove, che il saggio gli aveva assicurato essere all’ultimo grido in città. Come conoscesse la moda della città nonostante non si fosse mosso da anni dal villaggio, resta un mistero, ma di sicuro rientra fra le capacità che gli hanno fruttato il titolo di saggio.

Sorridente e ben vestito, Louis fa la sua entrata trionfante: ha raggiunto la X della sua mappa. Ora basta convincere una ragazza a seguirlo. Rimane però deluso: la città non è immensa come aveva descritto il saggio, ma era poco più vasta del villaggio stesso. Almeno su una cosa aveva ragione, però, la sua guida: c’erano molto più giovani, e, mirabile a vedersi, pure ragazzi e bambini. Vagando per le vie Louis pensa persino di scorgere un neonato in fasce. Ma non è venuto per visitare il mondo, è venuto a prendere moglie.

Entrato in un locale, scopre che effettivamente i suoi vestiti erano all’ultimo grido, nel senso che suscitano irrefrenabili e violenti scoppi di risate fra gli avventori della locanda. E non solo nella prima in cui ha messo piede, ma anche nella seconda, e nella terza, e pure nella decima, dove si ferma un po’ spaesato. Il povero Louis non si accorge che i giovanotti non portano un panciotto arancione su una camicia ricamata a fiori multicolori. Non nota che le giacche, in città, hanno colori scuri, al contrario della sua che sembra urlare il fatto di essere rossa come una fragola. E gli zoccoli in città non sono apprezzati, anche se intarsiati. Per fortuna si era dimenticato a casa il cappello, come gli farà notare il padre una volta tornato.

“Cosa vuoi giovanotto? Idromele? Vino? Birra?”

La locandiera non fa il caso suo: il saggio gli aveva suggerito di starsene lontano. Cosa strana, visto che se ne era sposato una.

“Latte di capra, grazie”

La locandiera ride con agli avventori dei tavoli vicini. Louis non capisce cosa ci sia di tanto comico nel latte di capra. È certo solo del proprio imbarazzo.

“Da dove vieni? Di certo sei uno straniero”.

A parlare è stata una voce dolce come il miele, che proviene da morbide labbra rosate, poggiate come farfalle su un candido viso. Louis si innamora a prima vista di quella ragazza. In realtà non era una bellezza, ma era la prima giovane che Louis avesse mai visto. Peccato per l’energumeno seduto accanto, il promesso sposo della fata.

“Da monte”.

Subito si intromette la locandiera: “Come sta Irma? È partito con quel tipo strano: d’altronde solo uno come lui poteva sposare Irma”.

Si dà il caso che Irma sia la madre di Louis, ma Louis non conosce il nome della madre: niente nel villaggio ha un nome, neppure il villaggio stesso. Tutti si riconoscono a seconda della funzione che hanno. Solo Louis manteneva il suo nome, poiché la sua funzione era ancora da scoprire.

“Non costà alcuna Irma da Lei favellata, madama, mi rincresce assai. Giunsi in codesto inclito borgo per conoscer madamigella da recare meco colà”

Non che Louis parlasse sempre in questa buffa maniera: rientrava nelle curiose lezioni di corteggiamento della locandiera sua conoscente.

“So io cosa stai cercando, giovanotto, una come Irma. Gasparre, porta questo capraio dalla figlia di Peter: si piaceranno”.

L’energumeno si alza, prende per una spalla il povero, atterrito Louis, e lo trascina per tutta la città, accompagnati da risate e urla di scherno. I vestiti erano proprio all’ultimo grido, pensa Louis. Viene poi gettato dentro a una casupola, dove riceve una poco galante e femminea pedata.

“Chi sei tu?”

Ora, la donna che si parava avanti non può certo competere con la ragazza della locanda, ma Louis non se ne lamenta: nessuna donna al villaggio è neppure lontanamente bella come il suo primo amore.

“Sono Louis, vengo costà a prendere moglie…”

“Padre, madre, accorrete. Sono sposata, qualcuno mi vuole in sposare!”

Non solo il padre e la madre, ma anche tutto il vicinato e gran parte della città accorrono agli schiamazzi della non più giovane e mai avvenente ragazza, la quale ha agguantato Louis stampandogli un bacio in volto. Louis non reagisce.

“Ecco il borsone”. È Peter in persona ad aver parlato. È evidente che non veda l’ora di allontanare l’ingombrante ragazza. Il padre della futura moglie squadra i multicolori abiti di Louis e borbotta: “Ottimo. Buon viaggio e auguri. Non invitateci alle nozze”.

Louis non uscirà mai più dal villaggio e sua moglie troverà impiego nella locanda “Da Irma”. Il tesoro gli darà tre figli, famosi non per la loro avvenenza, e tante chiacchere. Sarà conosciuto come il matto del villaggio.

Alla ricerca di un tesoro – Parte prima

Ogni storia di ricerca di un tesoro che si rispetti richiede la presenza di una mappa, più o meno chiara, che indichi dove il tesoro in questione sia ubicato, e magari, anche le modalità con cui riscattarlo. Prevede anche un personaggio, magari il protagonista, abbastanza intelligente o pazzo da riuscire a decifrare i suggerimenti di detta mappa, conquistando, in tal modo, una ricchezza inimmaginabile. Sono le regole basilari, conosciute anche da un bambino.

Purtroppo in questa storia non c’è una mappa, e neppure un personaggio scaltro. Il nostro Louis è un giovane uomo, piuttosto nella media: non eccelle per valore fisico o per tempra morale, non è un mostro, ma neppure un angelo. Di certo Louis non ha la minima intenzione di intraprendere un viaggio per conquistare una promessa fortuna. E allora perché mai si sta arrovellando il cervello nel preparare la sacca adatta a un viaggio di pochi giorni?

La risposta è abbastanza semplice: perché è stato costretto. La sua mappa sono le parole del saggio del villaggio, l’unico che fosse mai uscito dal villaggio. Vedete, la casa di Louis si trova inerpicata su un lato di un grande monte. A vederlo da lontano questo insieme di casupole ha tutto l’aspetto di un masso, e nessuno mai si sognerebbe di affrontare una salita così perigliosa per raggiungere dei semplici caprai. Così come nessun abitante sarebbe così stolto da intraprendere una discesa assassina per incontrare altri esseri viventi. Quel villaggio era pienamente autosufficiente: produceva il necessario per la sopravvivenza, vi erano fabbri e carpentieri, un contadino, un pastore, qualche tessitore. E poi sarti, un saltimbanco, un sorta di santone per l’anima, tre locande con tre locandiere per il corpo, un medico, che è sempre utile, cinque avvocati per litigi e baruffe, un becchino. Le poche decisioni che dovevano essere prese per far procedere il villaggio erano concordate dalla comunità intera. Democrazia diretta era la definizione data dal saggio.

Già. Allora perché Louis parte? Anche questo è evidente, basta guardare gli abitanti del villaggio. Sono tutti vecchi. Prendiamo uno dei due fabbri: ormai non ha più la forza di sollevare un martello. Senza parlare del secondo fabbro: il calore del fuoco sembra aver causato l’evaporazione dei suoi pensieri, tanto che talvolta dimentica di temprare una falce o si scorda la tecnica per costruire una ringhiera. D’altro canto al becchino servirà ben presto un aiutante, che seppellisca le sue povere membra. Il santone si aggira per le strade prospettando la loro estinzione: nei primi momenti tuonava, ma dopo anni di minacce la sua voce si è fatta un pigolio. Anche le locandiere hanno perso il loro bell’aspetto florido, e sono diventate delle vecchie megere.

Louis deve partire perché è il più giovane. Il tesoro che deve conquistare e riportare in patria è una bella ragazzotta in età da marito, pronta a offrire pargoli al villaggio anonimo. Così era stato fatto dal saggio del villaggio che, per inciso, oltre a essere la mappa vocale del recalcitrante avventuriero, ne è anche il padre.

La mappa tratteggiata dal saggio è piuttosto semplice: andare in discesa fino al fiume, evitando la mortale rottura dell’osso del collo, guadare il fiume, senza annegarci preferibilmente, seguirne il corso fino a un molo in abbandono, del tutto inutile, se non per il fatto che dal molo si dipana una strada. Arrivato a questo punto, Louis non deve far altro se non seguire la strada fino a trovare la prima città utile, la X della mappa del tesoro. Per sua fortuna non avrebbe dovuto scavare; per suo sfortuna, avrebbe dovuto conquistare il cuore di una donzella. Di donzelle Louis conosceva solo le locandiere: delle tre, una era sua madre, quindi è da escludere dal novero, delle altre due solo una aveva sui cinquant’anni, la terza navigava ormai sulle acque dell’ottantina. Era stata la più giovane a insegnare a Louis l’arte del corteggiamento, nella teoria e nella pratica. Louis tremava ancora per l’orrore, la locandiere tremava ancora dal ridere.

Comunque l’ora è arrivata. Louis deve partire.